CONTROPIANO

Tutti insieme al cinema

FESTIVAL
CASTELLINA LUCIANA,SARAJEVO

Sui cartelli stradali, appena si entra in Bosnia da sud ovest, le scritte in cirillico sono cancellate da rabbiose pennellate nere: i bosniaci-musulmani dicono che è colpa dei bosniaci-croati e forse è così giacché più in là, oltre l'enclave abitata dalla minoranza croata, tornano - sebbene non sempre - le indicazioni bilingue con i caratteri serbi non offuscati. A Mostar, il ponte è stato ricostruito, ma a transitare sono soprattutto i turisti: le due comunità preferiscono restare ciascuna sul proprio lato del fiume e da due anni non si riesce a eleggere un sindaco. Toccherebbe ai bosniaci-musulmani, cui spetta di succedere all'ex primo cittadino bosniaco-croato, ma la sua minoranza rifiuta con ostinazione la prevista alternanza.
Tanto più straordinaria appare in questo perdurante contesto il Festival del cinema di Sarajevo che si tiene a cavallo di ferragosto: presidente della giuria è un'attrice serba, Marjana Karanovic; in competizione e nelle ricche e numerose sezioni speciali, film di tutte le repubbliche della ex Jugoslavia (e degli altri paesi balcanici, inclusi nella regione di cui il festival si vuole punto di riferimento). Vincitore del festival Ordinary people del regista serbo Vladimir Perisic. Mischiate sono le centinaia di ragazzi che affollano le proiezioni e quelli che partecipano al talent campus. Costruito sul modello di quello della Berlinale (cui è associato) si propone di formare i cineasti della nuova generazione post-jugoslava.
Al CineLink si moltiplicano gli incontri per avviare coproduzioni fra le nuove repubbliche della ex patria, già parecchie, del resto, realizzate.
«Parliamo la stessa lingua, anche se la scriviamo diversamente - dice alla tavola rotonda dedicata all'argomento Miroljub Vuckovic, direttore del centro cinematografico serbo - e questo rende potenzialmente forte il nostro mercato cinematografico». Molti propongono una presenza comune ai grandi festival internazionali.
Sullo schermo del teatro della gioventù dove si proiettano i documentari in competizione molte le pellicole di autodenuncia, che mostrano i guasti del nazionalismo nel proprio paese. Particolarmente forte il documentario serbo sulle squadracce, in preoccupante aumento, di giovani fascisti che invocano la Grande Serbia: Heated blod di Mamuzic. C'è anche - fuori concorso ma acclamatissima - una coproduzione italo-slovena, su Mostar, Mostar United, regista una modenese, Claudia Tosi.

Focus di un'Europa ignorata
Miracolo del cinema, questa isola di straordinaria tolleranza e voglia di ritrovarsi? Sì, anche. Ma soprattutto miracolo di Mirsad Purivatra, che questo festival l'ha fatto nascere nel pieno della guerra con qualche cassetta passata lungo il tunnel che univa Sarajevo assediata al resto del mondo; poi, dal 1995, l'ha reso vero festival, già subito aperto ai cineasti della ex patria, i film proiettati a cielo aperto fra le macerie. Oggi il Sarajevo film festival è cresciuto (ma la stampa estera è praticamente assente) diventando uno straordinario focus di questo pezzo d'Europa ignorata se non per l'incursione ad ovest di qualche rara pellicola, la partecipazione giovanile straordinaria a testimoniare la sua vitalità e popolarità.
E la sua apertura: è qui che è stata ospitata la prima retrospettiva completa del grande Jia Zhang Ke, un tributo a questo esponente della cosiddetta sesta generazione di cineasti cinesi, lui stesso presente sempre e a disposizione dei giovani del talent campus.
Alla fine naturalmente è più facile il rapporto con i serbi di Belgrado che con quelli della Bosnia. I giovani delle diverse etnie infatti vanno a fare l'università non a Sarajevo ma ognuno nelle proprie capitali di riferimento, Zagabria, Banja Luka, non a Sarajevo.

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