MEDIA&SPORT

Cina, questa sconosciuta

PECHINO
PIERANNI SIMONE,PECHINO

Poiché le partite d'agosto lasciano spesso il tempo che trovano, per la versione cinese della Supercoppa italiana del 2009, aloni di mistero che non siano relativi al risultato ondeggiano attorno al match. C'è chi è curioso di sapere quale sarà la prima parola in cinese imparata da Lotito, se Morganti e Mourinho litigheranno (data la loro propensione a guadagnarsi il premio di chi sia più vanesio), chi sarebbe interessato a capire quanti soldi girano, alla fine, intorno a questo trofeo italiano in terra cinese. Che nessuno l'ha mica detto. Il lato tecnico lascia il tempo che trova: esigenze di marketing impongono una finale l'8 di agosto, con italiani al mare o a millantare la partecipazione alla chiusura di accordi turchi-russi sul gas e gambe di cemento armato. Passo stanco, acido lattico, abbronzatura ancora fresca. Il tutto condito da un clima umido, caldo, risucchiato dalla cappa di smog della capitale cinese. Il panorama generale è quello di un calcio viziato a due velocità: l'Inter dei campioni rigorosi, del pago e pretendo, delle paranoie; la più casereccia Lazio, umana e tranquilla. Entrambe comunque distanti, troppo, dal mondo reale. Per uno sport popolare come il calcio, un segno inequivocabilmente negativo, perfino in Cina.
Il Nido D'Uccello pare abbia un manto erboso ridotto decisamente male. Già Mourinho in conferenza stampa ha messo mani e piedi avanti, sottolineando la cattiva salute dell'impianto. Pare che ieri, alla vigilia, siano state scovate tre grosse buche. Molti i cinesi impiegati a cucire zolle e aiutare l'erba a nascondere le chiazze di terra battuta. E dire che l'Inter un mese e mezzo fa aveva spedito a Pechino un agronomo, affinché niente fosse lasciato al caso. Ieri, poco prima dell'allenamento della Lazio, un responsabile cinese del terreno avrebbe chiesto l'aiuto di un interprete italiano per rivelare un retroscena scabroso, sotto forma di domanda: «per favore, chiedete ai tecnici di fare un allenamento leggero per non rovinare il campo». Una supplica.
Joseph Needham era uno scienziato che, innamoratosi della Cina ha prodotto una sorta di enciclopedia sulla storia della scienza in Cina. Un lavoro impressionante, che fa di Needham uno dei più grandi sinologi su scala mondiale. Di lui si narra che la prima parola imparata in cinese sia stata sigaretta. Del super-presidente Lotito la curiosità era capire quale parola in cinese avrebbe fatto sua, ma pare non sia pervenuta. In compenso ha sfoggiato orgoglio in Ambasciata e in Piazza Italia, ha gigioneggiato tra i suoi calciatori, si è infuriato sulla questione del calciatore svedese che ha firmato per la Lazio e per l'Herta Berlino e ha impartito a tutti lezioni di scopa nella sala dell'albergo Westin, sede del ritiro biancoazzurro. Forse perché circondato da bodyguard e atleti cinesi negli impianti sportivi, grossi, muscolosi e alti, ha notato un cambiamento genetico nella popolazione cinese. Lui era stato in Cina dieci anni fa. «Sono cresciuti in altezza», pare abbia concluso.
Il mister per eccellenza, già all'arrivo all'aeroporto di Pechino aveva fatto sorgere inquietanti interrogativi: come mai Mourinho ha sempre cinque o sei borse tra le mani, quando i suoi giocatori e tecnici sono armati solo di ipod? E' una domanda che toglie il sonno agli interisti. Un Mourinho tutto sommato in tono minore nella Cina trepidante per il suo arrivo. Paranoico e burbero, ha richiesto la copertura delle finestre degli spogliatoi laziali con delle lenzuola per impedire a Ballardini - che avrebbe allenato i suoi dopo di lui - di scorgere i suoi segreti tattici. Ieri sera, quando i laziali sono scesi in campo, si stavano allenando gli arbitri. Pare che un rappresentante della classe arbitrale sia andato personalmente da Ballardini a chiedere di attendere prima di entrare sul terreno di gioco. «Non vorremmo che ci copiaste gli schemi», hanno ironizzato. Anche gli arbitri fanno satira.
Pare inoltre che Mourinho sia a conoscenza di un centro commerciale sconosciuto perfino agli autisti cinesi. Scazzato avrebbe mollato il minivan davanti all'albergo per tornarsene in camera. Roba da prostituzione intellettuale con caratteristiche cinesi.
5 milioni ballerebbero in questa supercoppa. Uno sponsor gigante, UVS, e tre milioni divisi in due nelle casse della società. Il resto alla Lega, presumibilmente, con la company cinese a recuperare il maltolto tra sponsor e diritti televisivi. I protagonisti, i calciatori, hanno vissuto Pechino tra allenamenti e mille impegni di rappresentanza, cercando di capire quanto meno dove fossero stati catapultati. Qualcuno ha chiesto se Mao fosse un imperatore, qualcun altro ha tentato acquisti improbabili, sostenendo di pagare in yen (la moneta giapponese, ndr), altri dopo una settimana avrebbero esclamato, sorpresi: «cazzo, siamo in Cina, non in Giappone».
I cinesi amano il calcio italiano, ma hanno un modo tutto loro di attingere alle informazioni. Molti fans hanno cantato Pazza Inter alle sedute dei supercampioni, altri hanno presenziato all'allenamento della Lazio. Alcuni, forse tratti in inganno dal fatto che la Lazio proviene da Roma, pensando di trovarsi i giallorossi, hanno perfino urlato «Totti, Totti». Alla faccia del Colosseo e del «Roma vi aspetta» scritto in caratteri cinesi sulle divise laziali preparate ad hoc per la finale di Supercoppa. I posti al Nido d'Uccello in compenso, sono esauriti, ma nessun quotidiano cinese sembra occuparsene più di tanto. Più interessanti i movimenti di mercato del Real Madrid o della Premier League. Il dottor Ma, che in cinese significa letteralmente cavallo, è un medico che mette insieme a furia di massaggi e agopuntura, molti cinesi e italiani residenti da queste parti. Interessato al calcio italiano, conosce tutto, da calciopoli a Bearzot, da Lippi alla recente cessione di Ibra. Ma con sommo stupore ha scoperto che nella sua città, Pechino, oggi giocano Inter e Lazio. Chissà quando saprà il risultato.

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