POLITICA & SOCIETÀ

La Regione Marche toglie i finanziamenti a chi delocalizza

LEGGE ANTICRISI
TORBIFONI GIULIA,

Se scappi, ridai indietro i soldi. Le aziende marchigiane che decidono di alzare i tacchi e portare la produzione altrove dovranno restituire, con tanto di interessi, i finanziamenti ricevuti dalla Regione.
La nuova legge, approvata il 30 giugno, è la prima a livello nazionale e riguarda non solo le aziende che delocalizzano la produzione (tutta o anche solo una parte), ma pure quelle che non rispettano le «norme vigenti in materia di sicurezza sul lavoro» e quelle che, beneficiando dei finanziamenti, non mantengono «le unità produttive per almeno cinque anni dall'erogazione del contributo». Inoltre, la Regione potrà «in qualsiasi momento» controllare che la legge sia rispettata e la Giunta presenterà una relazione annuale «sullo stato di attuazione» della norma.
La proposta di legge è stata avanzata da alcuni consiglieri di Rifondazione comunista, Giuliano Brandoni, Michele Altomeni, Marco Amagliani e dei Comunisti italiani, Cesare Procaccini, per introdurre un meccanismo di controllo dei trasferimenti della Regione alle imprese e tentare di «vincolare le aziende al territorio». E i casi, nelle Marche, non sono pochi. Secondo la Fiom di Ancona, i processi di delocalizzazione sono iniziati già 25 anni fa. Soprattutto per quanto riguarda il comparto degli elettrodomestici che ha avuto un sempre maggiore spostamento verso i paesi dell'est, seguendo la frontiera dei Bric, ovvero le economie emergenti di Brasile, Russia, India e Cina. Da tre anni, per esempio, i dipendenti di Indesit Company sono circa 17 mila: 12 mila all'estero, i restanti 5.100 sono in Italia.
La maggior parte delle aziende marchigiane è, però, di piccole dimensioni, senza pretesa di delocalizzare, con uno sviluppo locale, spesso a gestione familiare, in alcuni casi sono terzisti che lavorano per i grandi marchi. La legge, quindi, è un segnale per i grandi imprenditori e un tentativo di porre un argine a quella beffa che si aggiunge al danno, per i cittadini di restare senza lavoro. Infatti, quella somma che l'azienda dovrà restituire, potrà essere messa a disposizione di altre opere.
Anche altre regioni, però, come Veneto e Piemonte si stanno muovendo in una direzione simile.
In Piemonte, per esempio, alcuni consiglieri di Rifondazione, tra cui Juri Bossuto, hanno proposto, circa due anni fa, una legge che impone alle aziende che delocalizzano la produzione dopo avere beneficiato di incentivi da parte della Regione, di restituire «le somme erogate, con gli interessi legali». Inoltre, secondo quella proposta, il denaro riavuto potrebbe andare a sostegno dell'auto-imprenditorialità. Cioè, se le imprese decidono di chiudere, pur avendo le commesse, si potrebbero creare «nuove società miste pubblico-privato con la partecipazione diretta dei lavoratori», garantendo, così, la continuità produttiva degli stabilimenti.
Il Piemonte, intanto, ha attivato i Contratti di insediamento: uno strumento, gestito da CeiPiemonte (centro estero per l'internazionalizzazione), per attrarre imprese, sia straniere che italiane, nel territorio. A queste aziende, la proposta di legge dei consiglieri chiede di rispettare dei requisiti precisi per avere i fondi, come il mantenimento delle unità produttive per almeno 25 anni e la stabilizzazione dei lavoratori entro 3 mesi dall'avvio dell'attività. La legge non è ancora stata votata e, per ora, rimane una proposta.
Si tratta, però, di 3 regioni su 20 ad avere trattato la questione e il sistema dei finanziamenti alle imprese resta ancora la strada maestra: intanto le aziende prendono contributi dalla collettività e troppo spesso vanno a produrre dove costa meno.

Supporta il manifesto e l'informazione indipendente

Il manifesto, nato come rivista nel 1969, è sinonimo di testata libera, indipendente e tagliente.
Logo archivio storico del manifesto
L'archivio storico del manifesto è un progetto del manifesto pubblicato gratis su Internet e aperto a tutti.
Vai al manifesto.it