CONTROPIANO

SCUDO FISCALE, UN TRADIMENTO ANNUNCIATO

SBILANCIAMOCI . info
SANTORO ALESSANDRO,

La terza riedizione dello scudo fiscale ha sollevato una serie di obiezioni, molte delle quali del tutto fondate, di carattere etico, politico ed economico. Si tratta del premio rituale per i soliti (ig)noti che hanno esportato capitali all'estero mentre la stragrande maggioranza dei cittadini ha pagato tutte le sue tasse, facendo dell'Italia il paese Ocse con la più alta pressione fiscale effettiva (valutata al netto del Pil sommerso). È un provvedimento tipicamente di corto respiro, destinato a generare (forse) gettito nel breve periodo, ma anche a ridurre la credibilità di qualsiasi minaccia di «caccia agli evasori» proveniente da questo governo che propone il terzo scudo fiscale in 8 anni. È, infine, il tradimento delle ripetute declaratorie secondo cui in questa legislatura non vi sarebbero stati condoni, probabilmente destinato ad aprire la strada a un condono tutto nazionale, che verrà definito preventivo di massa e godrà, magari, di un consenso bipartisan (si veda la Relazione finale della Commissione Parlamentare sull'Anagrafe Tributaria, su cui il Pd si è astenuto).
Eppure, la questione va presumibilmente analizzata in una prospettiva diversa: quella della contraddizione, ormai insanabile, tra libertà di movimento dei capitali e assenza di armonizzazione fiscale tra i Paesi europei. Da quando, ormai 50 anni fa, fu istituita la Comunità Economica Europea e furono sanciti i principi di libertà di movimento dei capitali e di circolazione delle persone, il loro grado di attuazione è stato affatto diverso: gli ostacoli ai capitali sono stati progressivamente rimossi, in Europa e fuori da essa, mentre la libertà di circolazione delle persone è rimasta spesso sulla carta. I problemi posti dalla libera circolazione dei capitali, che è il vero tratto distintivo della globalizzazione, possono essere riassunti con una versione adattata del trilemma di Dani Rodrik, ovvero l'inconciliabilità di I) libertà degli stati nazionali; II) salvaguardia degli aspetti fondamentali della democrazia; e, appunto, III) libertà di movimento di capitali. La piena libertà di movimento dei capitali implica la limitazione della libertà degli stati nazionali, che, costretti a competere sui mercati finanziari, devono adottare politiche monetarie e fiscali restrittive. Poiché queste politiche comportano un aumento della disoccupazione o della sottoccupazione, la riduzione del welfare state e l'incremento della povertà, non è possibile attuarle senza una limitazione di alcuni aspetti fondamentali della democrazia. Lo scudo fiscale, con il suo carico di iniquità «inevitabile», è un altro esempio di tradimento dei principi democratici e, nel caso italiano, costituzionali, di equità nella distribuzione del carico fiscale. (...)
È necessario che si ponga, una volta per tutte, l'esigenza di imporre dal basso il principio di maggioranza sulle questioni fiscali a livello europeo, e che questo principio sia utilizzato per adottare alcune semplici regole comuni, relative sia agli standard di informazione, sia ai livelli minimi di tassazione del risparmio sia, infine, allo scambio di informazioni automatico tra i Paesi Ue. Il «potere di ricatto» degli stati di piccola dimensione o di recente adesione è ai suoi minimi storici, stante la debolezza congiunturale di questi stati, che tanto avevano puntato sull'industria finanziaria. È quindi questo il momento di porre al primo posto in agenda la questione dell'armonizzazione fiscale nella tassazione del capitale finanziario. (...)
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