CULTURA & VISIONI

Da Anne Tyler eroi in tono minore

NARRATIVA Per Guanda «La bussola di Noé»
ALBERTAZZI SILVIA,

LIBRI: ANNE TYLER, LA BUSSOLA DI NOÉ, TRAD. L. PIGNATTI PARMA, GUANDA, PP. 253

A chi segue e apprezza da lungo tempo Anne Tyler, una delle scrittrici più amate d'America, fa un certo effetto vedere il suo ultimo romanzo sugli scaffali delle librerie con la fascetta: «La mia scrittrice preferita» firmata da Nick Hornby. Un po' per ragioni anagrafiche - Tyler è nata nel 1941, Hornby nel 1957 -, molto più per statura letteraria e longevità di carriera, l'affermazione avrebbe più senso capovolta: se, cioè, l'autrice più anziana e accreditata sponsorizzasse il romanziere più giovane. Ma tant'è: da noi i toni minimalisti e ironici della quotidianità, lo sguardo umano e partecipe posato sulle vite più nascoste e il gusto a volte beffardo per le esistenze un po' strane hanno raggiunto i lettori attraverso i perdenti londinesi di Hornby e non i baltimoresi per caso di Anne Tyler. Ben venga, dunque, questa fascetta, se può rendere popolare anche in Italia una delle più grandi narratrici americane, la cui grandezza risiede - e non è merito da poco - nella capacità di rendere ogni vita, anche la più defilata, degna di essere raccontata: dalla lettura di Tyler si esce sempre con la piacevole sensazione di poter essere noi stessi personaggi di romanzo, al centro di una storia, con le nostre piccole vite quotidiane. Così accade anche per quest'ultimo lavoro, La bussola di Noé, il cui protagonista è un uomo «in tono minore», che nella vita non è riuscito a costruire nulla - vedovo e divorziato, padre di tre figlie che quasi non conosce, pensionato suo malgrado dopo una carriera nell'insegnamento che si è sviluppata a ritroso, dalla docenza universitaria alla scuola elementare: un uomo che sintetizza la propria intera esistenza nella frase: «Non sono particolarmente infelice, ma non vedo un motivo particolare per continuare a vivere».
Simile al protagonista del romanzo più famoso di Tyler, Il turista involontario, per carattere, mancanza di ambizioni e rifiuto di coinvolgimento nel reale, anche Liam Pennywell, come quel personaggio divenuto popolare grazie all'interpretazione che ne dette William Hurt nel film di Lawrence Kasdan Turista per caso, si riapre alla vita e ai sentimenti grazie all'incontro con una donna buffa che esercita una professione incongrua: la ricordatrice. Se anche per lui, come spesso accade ai personaggi di Tyler, un evento inatteso - l'aggressione subita nottetempo nell'appartamento periferico in cui si è appena trasferito - è il pretesto per tentare un cambiamento di vita, la giovane donna di cui si innamora, pur se goffa e risibile, gli offre la chiave per riaprire la propria esistenza agli altri, soprattutto per (ri)conoscere i membri della sua misconosciuta - ma iperattiva - famiglia.
Sarebbe facile affermare, di conseguenza, che qui Anne Tyler riscrive se stessa, riportando sulla scena i suoi personaggi preferiti - i perdenti piccolo-borghesi di Baltimora, gli uomini senza qualità, le donne incongrue della provincia americana, tutti quasi dickensiani nel loro modo grottesco di affrontare il mondo - e rimestando nei suoi temi favoriti - le difficoltà della vita familiare, i piccoli incidenti del quotidiano, il gioco inatteso del caso, il rapporto tra uomini e donne e tra le generazioni.
Eppure, ciò che più affascina in Tyler è il suo essere sempre uguale eppure sempre diversissima: una garanzia per il lettore che sa che cosa può aspettarsi da un suo libro e al tempo stesso è sempre sorpreso dal modo in cui l'autrice reinventa le proprie tematiche. Nel caso de La bussola di Noé, quella che potrebbe sembrare una delicata - e molto ironica - storia d'amore adulto e inaspettato prende sul finale una piega imprevista, assegnando alla vicenda di Liam un epilogo originale, che nulla ha più a che vedere con i casi del Turista involontario o dei vari uomini che si comportano «come se non fossero mai stati presenti nella propria vita» di Quasi un santo o Le storie degli altri. È un finale che, ovviamente, non va svelato: però, a lettura ultimata, non si può fare a meno di tornare a quella fascetta per chiosarla, sostituendo il nome Nick Hornby con il proprio sotto la dicitura «la mia scrittrice preferita».

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