TERRITORI

Palermo CON TRAFFICO

altra italia
BIANCO VITO,PALERMO

Antonio Arcidiacono è un settantenne energico con lo sguardo penetrante sempre pronto a valutare il tuo grado di intelligenza o, per lo meno, di attenzione. È seduto alla scrivania della sua vasta casa di via Liguria e mentre lo guardo penso che somiglia a Faussone, il protagonista della Chiave a stella di Primo Levi; se si fossero incontrati sarebbero diventati amici.
È preciso, deduttivo; il suo discorso segue il filo logico di un'argomentazione che ha alle spalle riflessione e competenza, poi d'improvviso si concede parentesi ironiche sull'insipienza o la furbizia interessata degli interlocutori istituzionali, che sapendolo tanto attrezzato fanno orecchie da mercante ed evitano i confronti, nei quali senza dubbio il battagliero Antonio avrebbe la meglio con poca fatica, dimostrando facilmente perché il "Piano integrato per il trasporto pubblico" di Diego Cammarata, ufficializzato nel dicembre del 2005, è un disastro che, lontano dal risolvere i problemi della viabilità palermitana, non farà che peggiorare la situazione intasando ulteriormente le vie principali della città.
Insomma, un incubo per i cittadini e un motivo di sarcasmo per i turisti che non riescono a spiegarsi come sia possibile che una delle più belle e città della penisola sia amministrata così male, a cominciare per l'appunto dai trasporti pubblici, carenti, lenti, e inquinanti, tutt'altro che un'alternativa all'uso del mezzo privato e quindi già falliti nello scopo sociale primario. Una città in cui è impossibile chiudere al traffico una via del centro storico perché la maggioranza dei negozianti non vuole e dunque costringe il sindaco a scegliere tra la salute degli abitanti e i presunti interessi di alcuni privati; il sindaco, il serenissimo Cammarata, naturalmente ha scelto i negozianti, ovvero i loro voti.
Arcidiacono è ingegnere, specializzato in elettrotecnica; è stato assistente incaricato di elettronica all'università di Palermo e ha lavorato per trentacinque anni all'Eni, l'ente creato da Enrico Mattei per cercare di arginare il predominio commerciale delle cosiddette "sette sorelle" del petrolio. Dall'88 al '93 ne è stato anche responsabile per la Sicilia, direttore dello stabilimento di Gela: «Avevo più di quattromila uomini alle mie dipendenze, che con l'indotto arrivavano a ottomila», mi racconta riandando con la memoria a quegli anni, quando di certo non immaginava che il tema del traffico sarebbe diventato una passione travolgente.
«Lione, che è grande pressappoco quanto Palermo, è servita da cinque linee di metropolitana. Lione dovrebbe essere il nostro modello, invece si inseguono progetti costosi quanto inutili. Si sono ostinati con faccenda del tram, mi viene il sospetto che ci sia sotto un accordo bipartisan, che convenga a tutti» spiega mentre apre sul tavolo la mappa del percorso delle tre linee di tram previste dal Piano Cammarata.
«I tram, nei due sensi di marcia, occupano circa otto metri della larghezza della strade e hanno diritto di precedenza ai semafori. Sarà il caos, come può facilmente immaginare; ci vorrebbero strade larghe quaranta metri, che la città non ha: è impossibile riuscire a conciliare i tram e lo scorrimento delle auto, i numerosi semafori finiranno con l'impedirlo a causa della precedenza di cui parlavo».
Fa una smorfia amara Antonio, scuote la testa. Per quanti sforzi faccia, non riesce a capire la logica di un progetto che sembra fatto apposta per aumentare il disordine e le polvere sottili, che a Palermo sono molto spesso a livelli da record europeo. Ma forse l'uomo abituato alla razionalità scientifica che in macchina mi spiegherà che le automobili alimentate dall'idrogeno sono illusione o, nella migliore delle ipotesi, una prospettiva a scarso tasso di realismo («l'idrogeno non esiste libero in natura, ha bisogno di altre energie per essere prodotto, e produrlo costa moltissimo») cerca la logica laddove c'è solo bassa politica, interesse elettorale e soldi a mucchi in pernicioso abbinamento con la demagogia, la quale puntualmente nasconde un male che in Sicilia pare incurabile: un totale disinteresse per la vita della comunità.
L'ingegnere, per studi e forma mentale, è abituato all'analisi sistematica dei problemi, e quindi non si limita alla critica, per quanto approfondita, ma ha studiato una controproposta che tiene conto delle caratteristiche della città, che è stretta e concentrata, con strade poco larghe e un porto vicino che, con le grandi navi all'ancora, contribuisce per la sua parte all'aumento delle emissioni inquinanti. «Una nave da crociera ferma al porto sembra che se ne stia tranquilla ma in realtà non smette mai di emettere gas, che dal porto risalgono rapidamente fino a piazza Politeama».
La proposta di Arcidiacono è improntata alla più limpida razionalità e si basa su un rigoroso rapporto tra costi e benefici, interventi necessari e percentuale di diminuzione delle automobili, numero degli utenti interessati dal servizio e rapidità degli spostamenti.
«La metropolitana leggera su gomma - spiega - è l'intervento prioritario, la spina dorsale di un piano per la mobilità degno di questo nome. Alla metropolitana vanno poi affiancati bus a metano di piccoli dimensioni. Senza questi interventi parlare di chiusura del centro storico è irrealistico. Se chiudi via Maqueda devi deviare il traffico su via Roma, non ci sono arterie alternative, la città è disegnata così, non c'è niente da fare. Le macchine le devi lasciare fuori dal perimetro storico, nei posteggi. E da lì ti sposti con la metropolitana: perché è rapida e ti conviene: entrare in centro in auto dovrebbe costare caro, come succede in altre città».
Anche se la battaglia è persa lui non si perde d'animo e approfitta di ogni occasione per dire ai palermitani quel che si sta tramando alle loro spalle e denunciare lo spreco di denaro pubblico per un progetto che manca clamorosamente gli obbiettivi che si era dato. «Voglio che la gente sappia che la città diventerà un inferno, più di quanto già non sia. Il mio, e quello del collega Ganci, che insieme a me ha messo a punto la proposta alternativa che gli amministratori non hanno voluto neppure prendere in considerazione, è un impegno svolto a titolo privato, per dovere civico, potrei dire». Alla fine della chiacchierata, che per me è stata molto istruttiva, mi stringe la mano e dice: «Se ha bisogno di chiarimenti sono a sua disposizione». E io penso ancora a Faussone, che forse da lassù ci guarda e sorride.

Supporta il manifesto e l'informazione indipendente

Il manifesto, nato come rivista nel 1969, è sinonimo di testata libera, indipendente e tagliente.
Logo archivio storico del manifesto
L'archivio storico del manifesto è un progetto del manifesto pubblicato gratis su Internet e aperto a tutti.
Vai al manifesto.it