CULTURA & VISIONI

Storie di odio razziale nell'America profonda

ROMANZI - Per Guanda «Bianco» di Marco Missiroli
TONELLO FABRIZIO,

LIBRI: MARCO MISSIROLI, BIANCO, GUANDA, PP. 228, EURO 14,50

Il 9 novembre 2008, pochi giorni dopo l'elezione di Barack Obama, il leader di un gruppo del Ku Klux Klan che si faceva chiamare Sons of Dixie uccise una donna che tentava di lasciare il gruppo. A Bogalusa, in Louisiana, gli incappucciati che terrorizzano negri, ebrei e stranieri esistono ancora, malgrado siano passati quasi centocinquanta anni dalla guerra di Secessione e quarantacinque dall'approvazione del Civil Rights Act. La donna uccisa era bianca e, colmo dei paradossi, si chiamava Lynch, come il colonnello della Virginia che diede il nome alla pratica del linciaggio. Era venuta in autobus dall'Oklahoma per aderire all'organizzazione, conosciuta attraverso Facebook, e fu uccisa quando chiese di tornare a casa. Secondo la moglie del presunto assassino, Chuck Foster, questi aveva obbligato i tre figli a entrare nel Klan e minacciava di morte tutti i membri che esitavano ad agire come gli incappucciati dei tempi d'oro del KKK, negli anni '20, quando le impiccagioni di giovani neri erano una pratica quotidiana e, spesso, una festa popolare. Chi ha stomaco solido può trovare centinaia di foto dell'epoca digitando «Lynching» su Google Image.
Capita quindi a proposito il romanzo di Marco Missiroli, un riminese neppure trentenne che nei giorni scorsi ha presentato al festival di Gavoi la sua ultima fatica, Bianco. Missiroli racconta infatti la storia di Moses, l'ormai anziano figlio di un leader del Klan, costretto in gioventù a seguire il padre nelle sue scorrerie notturne: «Afferrò il negro per un braccio, lo trascinò per la casa, diceva, come ai bei tempi, come ai bei tempi ho sentito le vostre ossa scricchiolare. La scia porpora usciva dal cranio sfondato, l'odore dolciastro saliva misto a quello acre. "Si è pisciato addosso" disse prima di portarlo fuori».
Ambientato in una cittadina senza nome, in un'epoca che non viene precisata, Bianco ricrea l'atmosfera dell'America rurale, anche oggi lontana anni luce dalle grandi città, da Washington, dal paese postrazziale che ha eletto Obama. In Alabama, in Georgia, in Mississippi, in Lousiana, la segregazione e la minaccia della violenza si respirano ancora oggi nell'aria: a Bogalusa, «i neri residenti dicono di vivere delle vite ancora oggi separate e ineguali, più di quarant'anni dopo il movimento per i diritti civili» dice Mark Potok, il direttore di Intelligence Report, una pubblicazione del Southern Poverty Law Center.
Scrive Missiroli: «In quel momento il negro si alzò. Era scheletrico, i vestiti mostravano la pelle di carta. Venne avanti, le mani giunte e lo sguardo basso. Si calò un cappello di paglia sulla testa ossuta, sfilò accanto a loro e solo allora si mise a fischiettare. Un motivetto leggero che lo accompagnò dino al cancello. "Come osa", disse il becchino». Poche pagine più avanti, il nero che aveva osato fischiettare in cimitero verrà massacrato. Lo stesso avvenne, nella realtà, a Emmett Till, un ragazzino di quattordici anni di Chicago sceso nel Mississippi a visitare dei parenti. Ignaro dei costumi locali, Emmett accettò la sfida dei cuginetti ed entrò in un negozio dove c'era una commessa bianca. Dopo averle parlato, uscì fischiettando Bye bye baby. Era mercoledì, il 24 agosto 1955. La domenica successiva Emmett era morto. Il corpo fu trovato nel fiume Tallahatchie tre giorni più tardi. Non c'erano dubbi su chi fossero gli assassini: Roy Bryant, il marito della donna a cui Emmett aveva «mancato di rispetto» e il suo fratellastro J. W. Milam, avevano prelevato il ragazzino dalla casa degli zii alle due del mattino, minacciando i parenti con una pistola. Arrestati, furono rinviati a giudizio, contrariamente a quanto avveniva di regola in casi del genere, e in settembre furono processati. Alla giuria di dodici uomini bianchi bastò un'ora per decidere che Bryant e Milam erano innocenti.
Le statistiche raccolte dalla National Association for the Advancement of Colored People parlano di cica cinquemila linciaggi tra la fine della guerra di Secessione e oggi ma questa cifra è molto al di sotto della realtà. Se la pratica di catturare un afroamericano, torturarlo e poi impiccarlo o bruciarlo vivo è praticamente scomparsa dopo il 1968, le aggressioni, gli «incidenti», gli omicidi insoluti o non classificati come crimini a sfondo razziale sono certamente molti. Anche se oggi le autorità sono assai più attente ed efficaci nella repressione di quanto fossero negli anni '60, esistono vaste zone rurali del Sud e dell'Ovest dove la polizia è complice delle violenze, o addirittura ne è protagonista. Il caso di Rodney King a Los Angeles, nel 1991, è troppo celebre per essere nuovamente raccontato.
Nell'euforia della vittoria dei democratici nel novembre scorso si dimentica spesso che l'America è grande e che i redneck, i bianchi poveri che si aggrappano alle loro armi da fuoco e alla loro religione, sono parecchie decine di milioni. In Oklahoma, Barack Obama, ha ricevuto meno voti di quanti ne avesse ottenuti John Kerry nel 2004, malgrado l'enorme afflusso alle urne del 2008. Le azioni della Smith & Wesson, il celebre produttore di armi, valevano 2,47 dollari all'indomani delle elezioni presidenziali, nel maggio di quest'anno hanno toccato quota 7,27: quasi triplicate prima di scendere attorno ai 5,5 dollari nelle ultime settimane. L'odio di cui è oggetto Obama nei blog e nei siti conservatori è difficilmente descrivibile, tanto più dopo il discorso del Cairo, dove ha rivendicato l'eredità del proprio secondo nome Hussein e riconosciuto i meriti della civiltà islamica.
Barack Obama è il rappresentante dell'America «postrazziale» e così sono Gladys e Nimrod Nolan, la coppia del Nord (nero lui, bianca lei) che nel romanzo va ad abitare accanto a Moses con il figlio Martin, sei anni. Ma per il becchino, il bottegaio, i giovani sbandati della cittadina senza nome descritta con sottigliezza da Missiroli le vecchie divisioni sono sempre valide. I neri devono «stare al loro posto» e non invadere i quartieri dei bianchi: «Gli occhi scintillavano dentro i fori del cappuccio. Lee bisbigliò alle orecchie dei due fratelli, il ragazzo minuto si alzò e disse: "Il negro del Nord deve pagare". E Moses li guardò, perdonami Judith, si tolse il sudore dalla fronte. "Condanniamolo, condanniamolo, condanniamolo". "Il negro del Nord deve pagare". Paul levò alto il braccio. "Prendiamolo!" urlavano». Alla fine, Moses troverà la forza di opporsi, di respingere il passato, di rinnegare tutto ciò in cui aveva creduto durante una lunga vita di conformismo e di violenza. In nome dell'amore, recita scioccamente il risvolto di copertina Guanda. In nome di una ritrovata dignità, fa capire il romanzo di Missiroli, che palesemente capisce gli Stati Uniti più di molti commentatori nostrani.

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