TERRITORI

Il complesso DELLA MEMORIA

A SENIGALLIA UN ALTRO MODO DI PORTARE TURISTI SUI LAGER
TORBIDONI GIULIA,SENIGALLIA

Sulla spiaggia i gestori dei bagni inalberano gli ombrelloni. Stanno lavorando già da qualche settimana a ripulire la sabbia dai residui delle mareggiate invernali o dalle conchiglie di troppo per renderla, anche quest'anno, soffice come un velluto per i piedi dei turisti alle porte. Il tempo dei preparativi sta scadendo, mancano pochi giorni all'inizio dei primi appuntamenti che inaugurano l'estate di Senigallia. La bella stagione risveglia la città marchigiana, oltre 40 mila abitanti, dalla sonnolenza invernale. Tutto si muove attorno al turismo, soprattutto l'economia cittadina e all'edilizia. Ecco perché l'amministrazione comunale, di centro-sinistra, ha dato il via libera alla demolizione di un campo di concentramento provinciale per fare costruire un polo turistico-residenziale.

LungoMare - LungoHotel
Il lungomare corre per circa 15 chilometri ed è spezzato, verso la metà, dal porto. Alberghi, hotel e ristoranti sorvegliano il mare e nascondono alla visuale le «dolci colline» (come il fotografo senigalliese Mario Giacomelli definì le alture marchigiane) che si potrebbero ammirare dalla battigia. Circa 3 chilometri a sud del porto, hotel, bar e ristoranti si rarefanno e al lato opposto del mare compaiono vecchie strutture lasciate andare negli anni: le tre ex colonie marittime Enel, Gil e Miliani. Sono costruzioni del Ventennio, ma secondo la Soprintendenza non hanno lo stesso valore. Nel 2004, infatti, la Sovrintendenza pose un vincolo di tutela architettonica alla colonia Marina di Savoia-Gil perchè esempio dell'architettura razionalista degli anni '30. Alle colonie Miliani fu posto un vincolo di tutela indiretta per cui potranno essere abbattute e ricostruite rispettando le volumetrie e i materiali d'origine. Le ex colonie Enel, invece, non furono prese in considerazione né valutate.

Le colonie Unes - Enel
Questo edificio, costruito nel 1928 e inaugurato nel 1935, era destinato alle colonie Unes (unione esercizi elettrici) e ospitava nei mesi estivi i figli dei dipendenti per le cure elioterapiche. Nel 1943 la situazione cambia. A Senigallia non sono ancora arrivate le truppe alleate e il territorio è sotto il controllo della Repubblica sociale italiana. Tra il 14 e il 16 novembre viene redatto il Manifesto programmatico della Rsi, noto come Carta di Verona, che al punto 7 stabilisce che le persone «appartenenti alla razza ebrea sono straneri. Durante questa guerra appartengono a nazionalità nemica». Il 30 novembre il ministro degli interni Guido Buffarini Guidi dispone l'ordine di polizia n°5, per cui gli ebrei dovranno essere mandati nei campi di concentramento e i loro beni confiscati. Nascono per questo motivo circa 33 campi di concentramento provinciali dove gli ebrei venivano riuniti in attesa di essere portati nei campi speciali attrezzati. In molti casi, questi campi provinciali non furono costruiti ex novo, ma si utilizzarono strutture preesistenti come le caserme in disuso. Nella provincia di Ancona si decise di confiscare le colonie Unes di Senigallia e adibirle a «campo di concentramento provinciale» in cui radunare ebrei e oppositori del regime prima di trasferirli nel campo di concentramento di Fossoli, in provincia di Modena.
Liliana Picciotto, la più importante storica del Cdec (Centro documentazione ebraica contemporanea) di Milano, nel suo «Il libro della memoria» parla dei campi provinciali e cita anche quello delle colonie Unes di Senigallia. Un'altra fonte è il testo «Dall'internamento alla deportazione. I campi di concentramento in Abruzzo» di Costantino de Sante. Professore e responsabile del progetto «Documentare il '900» promosso dall'assessorato alla pubblica istruzione della provincia di Ascoli Piceno in collaborazione con le scuole e gli istituti storici del Movimento di Liberazione, de Sante fa una panoramica dei campi provinciali tra cui rientra anche quello di Senigallia. Un testimonianza diretta ce la offre il mensile di Forlì «Una città»: sul sito www.unacitta.it si può infatti trovare il diario di un detenuto. Si tratta di Attilio Morpurgo, a quel tempo responsabile della comunità ebraica di Gorizia, che, trasferitosi nelle Marche, fu internato con la moglie e la governante a Senigallia. Appena un mese prima, il figlio Gaddo era stato trasferito da quello stesso campo a Forlì, dove poi venne fucilato.
Secondo Liliana Picciotto, a Senigallia furono internate circa 30 persone, tutte trasferite a Fossoli a maggio del '44. Ci sarebbero però altre 11 persone, membri delle famiglie Foà, Morpurgo e 4 slavi, che sarebbero state trasferite non nel campo di Fossoli, ma in quello di Osimo. È quindi probabile che gli internati siano stati più di 30.
Dopo l'agosto del '44, quando a Senigallia arrivarono le truppe anglo-americane, la struttura venne adibita a ospedale alleato e poco tempo dopo accolse i profughi giuliano-dalmati con la Iro (organizzazione internazionale dei rifugiati). Quando l'Unes confluì nell'Enel ('62), il nome delle colonie cambiò e la struttura riprese a ospitare i figli dei dipendenti. Nel corso dei decenni le colonie Unes ospitarono, poi,gli sfollati del Polesine e del terremoto del '72. Nel 1992 l'Enel divenne una SpA e, in seguito alla privatizzazione, le colonie di Senigallia passarono alla Dalmazia Spa, un'impresa addetta alla dismissione di vecchie strutture. Da questa, l'edificio fu venduto nel 2003: l'acquirente era la Its (Iniziative turistiche senigalliesi) che lo comprava per 2,8 milioni di euro. Alcuni mesi dopo il Comune rese l'area edificabile ad uso turistico, ma nel frattempo la costruzione era stata occupata diventando sede del Centro sociale autogestito Mezza Canaja.
Il polo turistico-residenziale
Le colonie si trovano quindi sul lungomare. Dietro la struttura, che un tempo aveva accesso diretto alla spiaggia, c'è un ampio cortile delimitato dalla ferrovia. Aldilà dei binari passa la strada statale.
Il Piano d'intervento d'area, approvato dall'amministrazione comunale con i soli voti contrari di Roberto Mancini di Rifondazione e Andrea Bacchiocchi del Gruppo Misto, dà il via alla costruzione di un polo turistico-residenziale composto di un albergo, un residence e un condominio di mini appartamenti. Il segmento di lungomare davanti le colonie verrà soppresso e spostato a ridosso della ferrovia: al suo posto arriveranno piste ciclabili e pedonali, bar e ristoranti. In questo modo tra le strutture del polo e la spiaggia non ci sarà una strada da attraversare e l'accesso al mare sarà diretto. Il tratto di spiaggia liberato dal traffico del lungomare sarà rinaturalizzato «per il recupero delle dune marine e della relativa vegetazione che sopravvivono in poche aree del Mediterraneo a causa dell'eccessiva antropizzazione dei litorali», come dice il progetto.

Le proteste
La prima protesta nacque proprio contro le deviazioni al lungomare. A novembre un gruppo di dieci persone firmò la richiesta di indire un referendum consultivo e il Consiglio comunale nominò, così come vuole lo Statuto, il Comitato dei Garanti. Presieduto da un difensore civico e composto da due tecnici, il Comitato avrebbe dovuto pronunciarsi entro gennaio sull'ammissibilità del quesito referendario. Se fosse stato giudicato accettabile, gli organizzatori del referendum avrebbero dovuto raccogliere 2.500 firme entro aprile e la consultazione si sarebbe tenuta ad ottobre 2009. Il 2 febbraio però il Comitato dei Garanti ha bocciato la richiesta del referendum. Secondo l'articolo 65 dello Statuto Comunale, infatti, non si possono svolgere referendum cittadini su temi di pianificazione urbanistica e piano regolatore. Gli organizzatori hanno così iniziato una raccolta di firme, che si chiuderà il 18 ottobre, per raccogliere il parere dei cittadini.
La protesta ha iniziato anche a muoversi sul piano storico-culturale perché la struttura delle ex-colonie Enel costituisce un esempio di architettura degli anni Venti-Trenta come altri edifici della città, ad esempio la Rotonda a mare o il Politeama Rossini, sui quali si è già intervenuti con opere di ristrutturazione. Il 3 dicembre Ettore Coen, un ottico di Senigallia membro della comunità ebraica, con un articolo ha riportato alla memoria collettiva la vicenda del campo di concentramento provinciale nelle ex colonie Unes. Dopo di lui altre persone della città hanno fatto delle ricerche e riscoperto le testimonianze su quel luogo di detenzione.
E si arriva ad Aprile. I due consiglieri che avevano votato contro l'approvazione del Piano d'area, presentano un ordine del giorno, poi bocciato, con cui si chiede di fare intervenire la Sovrintendenza affinché valuti la struttura e ponga un vincolo di tutela. Di fronte alla bocciatura, i due consiglieri si rivolgono direttamente alla Sovrintendenza che, intervenendo, blocca momentaneamente i lavori di demolizione. A metà maggio, dopo alcuni sopralluoghi, arriva il responso che non solo dà il via libera all'abbattimento dell'edificio in quanto «non riveste un interesse culturale sufficiente per la sottoposizione dello stesso a formale tutela», ma valuta «positivamente il previsto ripristino del rapporto diretto delle predette aree con la battigia, mediante lo spostamento della strada a ridosso della linea ferroviaria lungo il tratto interessato dal Piano Urbanistico». I lavori e la lottizzazione dell'area possono perciò iniziare.
La Its è una società a responsabilità limitata composta da più imprenditori e ditte di costruzione. Tra i proprietari ci sono anche le famiglie dell'ingegnere Riccardo Morpurgo e del cugino Remo Morpurgo, membri della Comunità ebraica di Ancona, alla quale fa riferimento quella di Senigallia. Riccardo è Presidente della Its srl, mentre Remo è vice presidente della Comunità ebraica di Ancona. Forse è per questo conflitto di interessi che nella vicenda i vertici della Comunità sono rimasti a lungo in silenzio e quando, dopo ripetuti appelli a entrare nella questione, il presidente Claudio Calderoni è intervenuto, ha lasciato i suoi stessi membri perplessi. «In realtà - ha ammesso - non siamo a conoscenza di documentazione e fonti storiche sul funzionamento del campo di concentramento di Senigallia, né tale presenza ha avuto rilievo nei ricordi degli iscritti che hanno vissuto il tragico periodo delle persecuzioni antiebraiche. Questa Comunità conferma la disponibilità a esaminare documenti storici che siano inviati sulle ex colonie Enel e che le consentanto di esprimere una valutazione». La memoria di questo luogo, infatti, era rimasta principalmente tra i dipendenti dell'Unes, che ricordavano che l'edificio venne requisito dai repubblichini, e tra qualche cittadino, non certo tra gli ebrei senigalliesi che tra il '43 e il '44 erano sfollati, nel migliore dei casi o, nel peggiore, si trovavano già in qualche campo di concentramento europeo. Ecco perché dalle dichiarazioni del presidente Calderoni hanno preso le distanze tutti gli iscritti della Comunità che si dicono contrari all'abbattimento delle ex Colonie e chiedono le dimissioni dei vertici.
«Prima di demolirlo - dice Ettore Coen - bisogna sedersi attorno a un tavolo e decidere cosa fare. Mattone dopo mattone arriveremo a distruggere ciò che è stato». Roberto Mancini ricorda che «il sistema dei campi di concentramento si basava sulla fitta rete di strutture radicate sul territorio, tra cui c'era anche quello di Senigallia. Non poteva esistere Auschwitz senza la presenza dei campi di internamento nelle nostre realtà locali».
Sulla questione, intanto, non hanno espresso il loro pensiero né la presidente della Provincia di Ancona Patrizia Casagrande (Pd), né il presidente della Regione Marche Gian Mario Spacca (Pd). Gli oppositori al progetto, però, dicono che andranno avanti e cercheranno di contattare altre comunità ebraiche e altri uomini e donne di politica e cultura. Tutto perché, secondo loro, la storia e il «non dimenticare» passano anche dalle città di provincia. E dovrebbero essere patrimonio protetto dalla collettività e non un ricordo delegato a una possibile targa alla memoria.

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