CAPITALE & LAVORO

L'allarme dei vescovi Ma secondo il governo la povertà diminuisce

POVERA ITALIA
TORBIDONI GIULIA,

Nell'Italia di Renato Brunetta «la povertà è diminuita». Secondo il ministro della pubblica amministrazione, intervenuto ieri alla Giornata nazionale dell'Innovazione promossa da Confindustria, «la crisi ha creato tra i 300 e i 400 mila disoccupati e cassintegrati che, comunque, hanno integrazioni al reddito perché i cassintegrati hanno l'assegno e i disoccupati un'integrazione all'80%. È un dato preoccupante, ma non gravissimo».
Pochi giorni fa, invece, il governatore della Banca d'Italia Draghi aveva descritto un paese diverso, dichiarando che «il nostro tasso di povertà relativa è molto superiore alla media di Eurolandia. Il nostro sistema di protezione sociale rimane frammentato. Si stima che 1,6 milioni di lavoratori dipendenti e parasubordinati non abbiano diritto ad alcun sostegno in caso di licenziamento. La cassa integrazione ordinaria è stata diffusamente usata e la sua copertura è limitata: interessa un terzo dell'occupazione dipendente privata». Appunto, un paese diverso da quello del ministro Brunetta secondo cui ci sono «15 milioni di lavoratori dipendenti per i quali le dinamiche salariali progrediscono del 3-4% l'anno e per i quali il potere di acquisto è aumentato». E, come se non bastasse, a quei 15 milioni si aggiungono «16-17 milioni di pensionati con dinamiche simili. Quindi ci sono 30 milioni di redditi da lavoro dipendente o pensionati che in questi 12 mesi hanno mantenuto o incrementato il potere d'acquisto». Insomma, «in Italia non c'è una crisi sociale».
Una lettura diversa della crisi e dei suoi effetti nel nostro paese viene anche dalla Cei (Conferenza episcopale italiana). Nel comunicato finale della 59esima Assemblea dei vescovi si descrive «un tessuto sociale che va sfilacciandosi, a motivo delle diseguaglianze che aumentano invece di diminuire». Un'affermazione che riprende la preoccupazione, già manifestata nell'apertura dell'assemblea, del cardinale Angelo Bagnasco a «non sottovalutare la crisi» e a non trattare i disoccupati come se fossero «futile zavorra». La Cei prende atto della dimensione internazionale della crisi «di cui non si riesce a cogliere ancora esattamente la portata», ma ricorda anche che «resta evidente che i costi del difficile momento presente ricadono in misura prevalente sulle fasce più deboli della popolazione».
Alle voci della Banca d'Italia e della Cei si aggiunge anche quella del sindacato. «Come si fa a sostenere che la povertà diminuisce? Di che paese parla?» si chiede Fulvio Fammoni, segretario confederale della Cgil. «Il ministro nasconde la gravità della crisi e sostiene che il governo ha fatto tutto il possibile, quando non è così. Per arginare la crisi si deve fare di più. Per esempio raddoppiare le 52 ore di cassa integrazione settimanali; adeguare i tetti per i lunghi periodi di cassa integrazione; stanziare un'indennità di disoccupazione e soprattutto agire sul fisco per tutelare le persone e rilanciare i consumi». Il governo sembra però più attento a sminuire la crisi e a costruire una realtà pubblicitaria «per creare consenso e per fare sembrare adeguati i suoi sforzi che sono in realtà deboli», conclude Fammoni.
E intanto la Cei ha stanziato un Fondo di garanzia per le famiglie in difficoltà e sono state «molteplici le iniziative promosse nei mesi passati in tutta Italia dalle diocesi per fronteggiare le difficoltà del mondo del lavoro».
A mettere un po' di ordine usciranno, la prossima settimana, i dati dell'Istat relativi all'occupazione nei primi quattro mesi del 2009.

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