Sembrava un pesce d'aprile e invece era il contratto integrativo. Firmato con Fincantieri da Fim e Uilm, ma non dalla Fiom, l'1 aprile scorso. Ecco perché gli operai dell'azienda navale si raccolgono oggi a Trieste per uno sciopero di otto ore. Quello che i lavoratori vogliono ottenere è la riapertura del tavolo delle trattative o un referendum di consultazione di tutti i dipendenti.
L'accordo separato non aveva trovato l'appoggio della Fiom per varie ragioni. Innanzitutto prevede un aumento della produttività del 20% in cambio di un incremento salariale di 1.500 euro all'anno. «Un aumento iniquo» sostiene Giorgio Cremaschi, segretario nazionale della Fiom Cgil. Inoltre il contratto non affronta il discorso degli appalti di cui l'azienda, secondo la Fiom, fa un largo uso. Questi, invece, dovrebbero essere regolamentati perché tendono a sfuggire alla pianificazione generale del lavoro, ostacolano il controllo della qualità e, terza mancanza rispetto al contratto, della sicurezza.
Firmato da tutte le parti tranne che dalla Fiom, l'accordo non ha riscosso successo tra gli stessi lavoratori: le Rsu lo hanno respinto e hanno chiesto, 65 su 124, la riapertura della trattativa; i dipendenti hanno espresso in varie occasioni, con assemblee e manifestazioni, la loro contrarietà al patto. In seguito è stata negata anche la consultazione referendaria che la Fiom aveva richiesto per avere il parere di tutti i lavoratori. Dunque, «è un accordo privo di legittimità democratica» sostiene Cremaschi.
E non basta, perché i lavoratori della Fincantieri hanno anche un altro motivo per manifestare oggi nel capoluogo friulano: il comportamento anti-sindacale dell'azienda. Ieri il giudice del lavoro del tribunale di Ancona ha infatti accolto il ricorso presentato dalla Fiom e ha dichiarato «anti-sindacale» il comportamento della Fincantieri in base all'articolo 28 dello Statuto dei lavoratori.
Tra il 16 e il 19 gennaio, quasi tutti gli operai anconetani avevano indetto uno sciopero a singhiozzo: un'ora lavoravano e mezz'ora si astenevano. Una contestazione seguita da altre manifestazioni e alla quale l'azienda rispose mettendo in libertà i lavoratori dicendo che non potevano garantire il ciclo di produttività degli impianti. A fine mese, poi, tolse dalle buste paga due giornate. Il ricorso Fiom, come detto, si basa dunque sull'articolo 28 dello Statuto, che garantisce la libertà di sciopero. Ora l'azienda dovrà pagare ai lavoratori le due giornate detratte, ma fa anche sapere che presenterà ricorso perché ritiene «anomale le modalità con cui si sono svolte queste agitazioni». Rimane il fatto che la sentenza di Ancona non è l'unica: a Venezia la Fincantieri è stata condannata perché non ha retribuito un'assemblea indetta dalla maggioranza delle Rsu.
«La sentenza di Ancona - dice la Fiom - è una notizia di straordinaria importanza. Dà torto alla Fincantieri e smonta la sua campagna anti-scioperi». Cremaschi, intanto, fa sapere che «la mobilitazione non finisce». Il 29 maggio, data fissata per la consegna della nave Costa Pacifica a Genova, è vicino. E in molti si chiedono se i contrasti tra azienda e lavoratori faranno annullare la festa come è stato per la Costa Luminosa a Marghera.