Il governo si appresta ad abbassare le saracinesche delle «parafarmacie»: i punti vendita dei medicinali «da banco», per i quali non è necessaria la ricetta, erano stati introdotti dalle liberalizzazioni di Pierluigi Bersani nel 2007. Ora un emendamento alla legge sui lavori usuranti, presentato da Filippo Saltamartini (An), ferma l'apertura di nuove «parafarmacie» e prevede, da qui a 10 anni, la chiusura dei negozi attuali. E non finisce qui. Un emendamento di Gasparri intende bloccare l'assunzione di nuovi farmacisti e ridurre il numero di farmaci vendibili, abbassando così la possibilità di sconto.
In questi anni la legge Bersani ha portato all'apertura di circa 2.600 punti vendita, di cui 250 nella grande distribuzione organizzata (Coop, Conad, Auchan, Carrefour), ha dato lavoro a 5.500 farmacisti assunti nelle «parafarmacie», di cui 750 nella Gdo e ha fatto registrare un calo del prezzo delle medicine tra il 10% e il 40%.
I Presidenti di Confcommercio (Carlo Sangalli), di Conad (Camillo De Bernardinis), di Coop (Aldo Soldi) e di Federdistribuzione (Paolo Barberini) hanno indirizzato una lettera al ministro del Welfare Sacconi, dello sviluppo economico Scajola e al viceministro al Welfare Fazio «nell'auspicio che nuovi interventi normativi non inficino i risultati raggiunti fino a oggi». I rappresentanti della grande distribuzione organizzata non solo pensano che gli effetti della legge Bersani siano «alquanto positivi», ma addirittura propongono che le «parafarmacie» vendano «anche i medicinali di fascia C, cioè distribuibili con ricetta medica e non mutuabili».
Insomma, le liberalizzazioni andrebbero sviluppate «per estendere la concorrenza, il servizio e la convenienza di prezzo». Resta da vedere cosa farà questo governo che si dice liberale, ma con un occhio di riguardo all'industria farmaceutica.