LETTERE E COMMENTI

EUROPEE, I 500.000 BABBIONI E COFFERATI

OPINIONE
GRAMAGLIA MARIELLA,

Ho seguito con affettuosa sollecitudine i primi passi di Franceschini segretario del Pd. Non ho particolari passioni distruttive, cerco di tenere a bada le ire sdegnose e le furie moleste, non ho mai mancato in tutta la mia vita l'appuntamento con il voto. In più, benché le persone che mi sono più care si affannino a dare un po' di ossigeno al mondo di Vendola e dintorni, il sommarsi stanco di tante sigle antiche mi sembra rendere scipita la sfida.
Ma un demonio mi soffiava nelle orecchie: «Attenzione, bisogna aspettare la composizione delle liste. Lì si capirà se c'è autonomia, visione del futuro, tempra - osiamo dir così - del segretario». Ieri è stato il giorno del demonio. E la prima indiscrezione è come un crampo allo stomaco. Sergio Cofferati sarà - pare - candidato alle europee. Avevo capito che Sergio Cofferati rinunciasse a battersi per diventare per la seconda volta sindaco di Bologna perché desiderava prendersi cura di un figlio piccolo e amatissimo avuto in età matura. Non sono io ad aver messo il naso in sentimenti e relazioni altrui, cosa che amo fare solo se autorizzata e partecipe. L'ho appreso in ogni dettaglio e per ogni dove: dai quotidiani, alla tv, ai rotocalchi, cui, come si sa, almeno dal parrucchiere non si resiste. Con me, inevitabilmente, l'ha appreso anche il suo figlio maggiore che avrà dovuto fare i suoi conti con le intermittenze del cuore.
Intendiamoci, abbiamo tutti degli amici astuti che ti spiegano «la politica»: «Bada, anima candida, usare il figlio era l'unico modo per non ammettere che i bolognesi non lo avrebbero mai rieletto e per restare comunque in pista». Non li ho creduti: più per stanchezza che per ingenuità.
Perché si da Genova si può andare a Bruxelles e non a Bologna? Forse perché si conferma la regola che l'attività di parlamentare europeo è di poco momento e di molto emolumento, un ottimo congedo di paternità per vip? Mi era parso che il Pd volesse, questa volta, prendere sul serio l'istituzione e mettere al lavoro giovani intelligenze a prova di assenteismo. O no? E poi perché non c'è un po' di rispetto per le donne? Alzi la mano chi non conosce almeno una donna che, a una brillante carriera, ha scelto di rinunciare davvero per amore dei suoi figli. Non meriterebbe almeno di non essere presa in giro, come persona e come elettrice? Viviamo in un tale disordine di simboli e di valori che ciò che per un genere è un dramma di vita, per l'altro può diventare un simpatico espediente mediatico? Ma quel che più ferisce è che queste cose Franceschini le sa benissimo e le avrebbe attentamente soppesate. Infatti avrebbe dichiarato: «Cofferati è ancora molto popolare e la vicenda di suo figlio la sanno solo 500.000 persone». Devono avergli preparato un sondaggio. Sostitutivo di ogni principio di responsabilità. Scriveva Vittorio Foa nel suo ultimo lavoro: «Una caratteristica dell'irrilevanza dei discorsi di oggi è che l'interlocutore non ha più importanza. La parola è un impegno verso qualcuno, verso qualcosa: quando l'interlocutore non è considerato o non c'è, la parola è nel vento». Già, siamo solo 500.000 ad esserci informati, ad aver preso alla lettera relazioni umane e conflitti, a considerarci degni di un'interlocuzione che avesse un nocciolo di verità: 500.000 babbioni riflessivi. E gli altri? Forse erano troppo occupati con l'Isola dei famosi e collocheranno la storia del sindaco di Bologna in un altro reality. Ma è davvero così l'Italia? Un luogo dove - come ci ha insegnato Berlusconi - tutto può esser detto e smentito, affermato e negato, perché tutto è uguale e irrilevante?
Io spero ancora di no. Spero in una smentita sdegnata di Franceschini. Lo spero per il Pd e anche, sia detto senza ironia, per Cofferati.

Supporta il manifesto e l'informazione indipendente

Il manifesto, nato come rivista nel 1969, è sinonimo di testata libera, indipendente e tagliente.
Logo archivio storico del manifesto
L'archivio storico del manifesto è un progetto del manifesto pubblicato gratis su Internet e aperto a tutti.
Vai al manifesto.it