POLITICA & SOCIETÀ

La 'ndrangheta viaggia in Tav

GRANDI OPERE Inchiesta della Dda di Milano: un «sistema». Sequestrato anche un lanciarazzi Nato
MILOSA DAVIDE,MILANO

«Ma tu come sei messo nei lavori della Tav?» «Il compare Pasquale Barbaro sull'Alta velocità ha chiamato prima me». La risposta di Romulado Paparo, originario di Isola Capo Rizzuto, esponente delle cosche Arena e Nicoscia, arriva dopo due anni di intercettazioni. Chi ascolta in cuffia, però, sottolinea in rosso, perché quelle parole sono la prova dell'impianto accusatorio sostenuto dalla Direzione investigativa antimafia di Milano. Ovvero: «I lavori per le Grandi Opere sono oggi controllati dalla 'ndrangehta». In questo caso la sorpresa è ancora più devastante perché nelle indagini, che ieri hanno portato all'emissione di 31 ordinanze di custodia cautelare, c'è l'Alta Velocità ferroviaria che da Milano si allunga fino a Venezia.
Il monopolio stava nelle mani della potentissima cosca Barbaro di Platì che fino al dicembre 2007 aveva in Pasquale Barbaro il suo referente per il nord Italia. Era lui, secondo il pm Mario Venditti, a distribuire gli appalti pubblici agli affiliati. Un vero e proprio «sistema 'ndrangheta» scrive il gip dove «i lavori sono assegnati per mezzo di una sorta di "chiamata diretta", nel più rigoroso rispetto delle logiche di potere della 'ndrangheta».
La Lombardia e Milano oggi sono il vero centro direzionale delle cosche. Qui la mafia può farsi impresa senza destare il minimo sospetto e senza il bisogno di infilitrare le amministrazioni pubbliche. Ai boss basta avere un imprenditore apparentemente pulito dietro al quale agire. In questo caso, poi, è venuta alla luce una vera holding del crimine. Perché se al vertice della Spa mafiosa c'era Pasquale Barbaro appena sotto operavano uomini delle cosche Arena e Nicoscia.
Torniamo, dunque, a quella prima decisiva intercettazione. Chi risponde è Romualdo Paparo, il cui fratello Marcello, classe '64, pure lui di Isola Capo Rizzuto, ma residente a Cologno Monzese, è ritenuto il vero capo dell'organizzazione, che «si occupava direttamente di falsificare i documenti per il movimento terra per conto della ditta appaltatrice dei lavori della Tav». La sua P&P otteneva il lavoro dalla Locatelli Spa che a sua volta aveva preso il subappalto dalla Delieto, appaltatrice in nome e per conto di Italferr. Si diceva prima: imprese pulite. E' proprio il caso della Locatelli che, va detto, oggi in Lombardia ha aperto ben 160 cantieri e il cui valore della produzione nel 2007 superava i sei milioni di euro. La Locatelli sulla Tav lavora in subappalto dalla Delieto e dunque, secondo la legge antimafia, non potrebbe fare un subappalto e invece lo fa perché, scrive il gip, «i lavori di sbancamento sono stati eseguiti dalla P&P». Il cantiere incriminato è quello di Melzo. Lo stesso che viene visitato dagli ispettori del lavoro. Da qui la necessità sia della Locatelli sia degli uomini della 'ndrangheta di «salvaguardare la legittimità formale» dei contratti.
«Ecco - dice Emanuela, impiegata della Locatelli a Marcello Paparo - se voi potete dite che lavorate per noi ma non solo nel cantiere di Melzo». Va detto che la legge antimafia considera subappalto ogni lavoro che supera del 2% l'importo delle opere affidate. Paparo spalmando le fatture sui vari cantieri starebbe sotto quella soglia. Ma c'è di più. Il boss viene contattato direttamente dal geometra della Locatelli. Un dialogo disarmante. Dice il geometra Nicola Scipione: «Adesso tutte le bolle le hai ancora o le hai fatte sparire?». Risponde Romulado Paparo: «No, le ha il ragioniere». Suggerisce Scipione: «Sentirò anche l'avvocato, ma direi che tute quelle bolle le facciamo sparire e lasciamo 35 mila euro» Giusto la cifra per restare sotto la soglia del 2%. Scipione fa di più. Scrive il gip: «Il geometra della Locatelli afferma che non potendo stipulare con la ditta P&P un contratto di subappalto, farà figurare un semplice contratto di nolo a caldo, che sarà retrodatato». E quando poi anche le alchimie contabili non servono ecco cosa si fa: «Sui camion della P&P - dice Scipione - sai che fai schiaffaci due targhette Locatelli». E il gioco è fatto. Il sistema funziona. Vale per la Tav, ma anche per i lavori di raddopio dell'Autostrada A4, dove «si ripropone lo stesso sistema di accaparramento e spartizione». Smascherato ora, il rischio è che si ripresenti rinnovato per le opere di Expo 2015.
Eppure, nonostante una parvenza di rispettabilità, la 'ndrangheta resta sempre una mafia armata, potente e spietata. Capita così che le riunioni si tengano in zone controllate militarmente. Il 14 giugno 2005 in un capannone di Mezzago si incontrano i due fratelli Paparo, un certo Gennaro Giordano e Michele Grillo, uomo di fiducia di Pasquale Barbaro. L'obiettivo del summit? «La suddivisione dei lavori negli appalti dell'Alta velocità». Durante le indagini, partite nel 2004, i carabinieri hanno sequestrato diverse armi, tra queste anche un lanciarazzi in dotazione alle forze armate della Nato.
Se da un lato Marcello Paparo, per conto delle cosche Arena e Nicoscia, fa affari con gente "pulita" come la Locatelli spa, dall'altro non esita a utilizzare metodi violenti per liberarsi di un sindacalista di una sua cooperativa, la Coop. Service Time di Brugherio. «Uno che è il diavolo con tutte le corna». Si tratta di Nicola Padulano che lavora al supermercato Sma di Segrate. Il pestaggio avviene il 15 giugno 2006. Il sindacalista se la cava, diciamo così, con una frattura cranica e fratture multiple al volto. Prima del fatto Marcello Paparo aveva ricevuto una telefonata da un dirigente della Sma, tale Lamberti. Sue le parole intercettate: «Mi deve risolvere il problema di Padulano, perché pare che qui ci sta creando dei grossi problemi sta movimentando altra gente». Le cooperative di facchinaggio sono un altro campo gettonato dai boss. Sempre Marcello Paparo nel 2006 con la sua Ytaca srl tenta senza riuscirci di ottenere un appalto per l'Esselunga. Si tratta dei lavori di scarico e carico nel nuovo centro di Biandrate in provincia di Novara. Un affare da milioni di euro. L'operazione non va in porto ma lascia sulla strada due gambizzati: Onorio Longo, presidente del consorzio di cooperativa Safra e Roberto Rigola, semplice impiegato di banca, scambiato dai killer per Giovanni Apollonio titolare della cooperativa Red che alla fine si aggiudica l'appalto con l'Esselunga. Due episodi che all'epoca furono letti come scollegati ma che oggi i pm milanesi hanno riunito sotto questa nerissima trama di mafia al nord.

Supporta il manifesto e l'informazione indipendente

Il manifesto, nato come rivista nel 1969, è sinonimo di testata libera, indipendente e tagliente.
Logo archivio storico del manifesto
L'archivio storico del manifesto è un progetto del manifesto pubblicato gratis su Internet e aperto a tutti.
Vai al manifesto.it