IL MANIFESTO INTERNAZIONALE

I confini DELLA GUERRA

TRA SLOVENIA E CROAZIA UNA FRONTIERA IMPOSSIBILE
SCOTTI GIACOMO,RIJEKA (FIUME)

I ministri degli esteri di Croazia e Slovenia, Goran Jandrokovic e Samule Zbogar si sono incontrari ieri a Bruxelles con il commissario all'ampliamento dell'Unione europea Olli Rehn. È il primo di una lunga serie di colloqui che dovrebbero portare alla soluzione del nodo dei confini fra i due paesi ex jugoslavi. Nulla di fatto, dall'incontro. È stato solo deciso di continuare a incontrarsi. La Slovenia vuole per sé l'intero golfo di Salvore-Pirano, quattro piccoli villaggi in Istria e alcune correzioni a suo favore lungo la linea confinaria all'interno, dall'Istria alla Slavonia. La Croazia non è disposta a cedere nulla in fatto di territori, al di fuori di quanto rientra nel diritto internazionale. Offre però alla Slovenia il libero e indisturbato movimento delle navi per accedere alle acque internazionali.
Trieste-Lubiana-Zagabria
Questo conflitto viene davvero da lontano. Trieste-Lubiana-Zagabria. E' una storia lunga quella del dissidio sloveno-croato sui confini. Cominciò tra il 16 e 26 settembre 1943 quando gli esponenti delle forze partigiane slovene e croate operanti su quello che fino al 6 aprile 1942 era stato il confine orientale d'Italia, si incontrarono a Pisino, cuore dell'Istria, proclamando la fine della sovranità italiana sui territori annessi della «Provincia di Lubiana» e Dalmazia, ma anche l'annessione alla «nuova Jugoslavia popolare» dei territori dell'Istria e del «Litorale sloveno». Nell'occasione i rispettivi movimenti di liberazione si spartirono le responsabilità dell'ulteriore conduzione della lotta armata per cacciare i tedeschi e i fascisti italiani. Gli sloveni chiesero di più: che fossero tracciati sulla carta i confini futuri tra le future repubbliche federate della Slovenia e Croazia. I croati risposero: se ne parlerà a guerra finita.
Finita la guerra, i confini amministrativi furono tracciati, e sono quelli odierni, ma il governo di Lubiana li contesta in due-tre punti per pochi chilometri quadrati sulla terraferma, chiedendo per sé l'intero Golfo di Salvore-Pirano. In quest'ultimo caso, gli istriani della sponda croata, dal faro di Salvore fino alla foce del fiume Dragogna, allungando la mano dalla spiaggia per toccare il mare, si troverebbero in territorio sloveno! Un assurdo. La questione della sovranità marittima in quel punto è complicata dal fatto che, all'epoca della Jugoslavia federativa, il mare territoriale era sotto la diretta amministrazione del governo di Belgrado e, quindi, non conosceva «confini» repubblicani. Di qui oggi frequenti «sconfinamenti» di motopescherecci e navi, e frequenti baruffe fra Lubiana e Zagabria.
Questa singolare guerra fredda ha un inizio relativamente recente, coincide con la scissione armata dalla Federazione jugoslava delle due repubbliche nel 1991, unita peraltro da lunghi secoli di comune appartenenza all'impero asburgico e alla comune fede cattolica delle popolazioni. Sloveni e Croati hanno in comune pure il Movimento di risorgimento culturale e politico iniziato verso la metà dell'Ottocento. Ambedue le nazioni, inoltre, sono accomunate da una lunga tradizione di opposizione all'irredentismo italiano, che ha poi nutrito il loro nazionalismo. Un nazionalismo che, dopo averle compattate in passato per resistere alla pressione dei mondi germanico e latino ed agli appetiti di espansione territoriale italiana in Dalmazia ed Istria, Venezia Giulia e Friuli, viene oggi usato dai governi di Lubiana e Zagabria per aizzare l'opinione pubblica e incitare i due popoli a tirarsi i capelli e graffiarsi la faccia. Diciamolo subito: ci sono riusciti in minima parte.
Il governo di Lubiana, per esempio, ha messo fine al «treno dell'amicizia» che una volta all'anno, partendo da Lubiana, arrivava a Rijeka-Fiume al mattino, per rifare il medesimo percorso dodici mesi dopo partendo da Fiume.
Il treno dell'amicizia
Trasportava centinaia di operatori economici, culturali, giornalisti, i rispettivi sindaci; alle stazioni intermedie di sosta c'erano segni di benvenuto, esibizioni di gruppi folkloristici al suono di fisarmoniche, le folle applaudivano. Erano i tempi - direbbe il caporedattore della rivista Panorama, quindicinale italiano di Fiume Mario Simonovich, - in cui la Slovenia non rivendicava per sé la collina di Sveta Gera o la cima montana di Trdinov Vrh, nessuno si chiedeva se erano più probanti per il confine sul Golfo di Salvore-Pirano le mappe catastali del Regno d'Italia o il Canale di Sant'Odorico (fiume Dragogna), o se le acque dell'Adriatico erano croate o slovene. Erano jugoslave e basta. Mario Simonovich parla, a proposito di quanto avviene oggi, di «poema eroicomico» purtroppo ancora lontano dall'epilogo. Erano i tempi in cui i lavoratori del Comune di Buie (Croazia) sovvenzionavano la costruzione dell'Ospedale della vicinissima Isola (Slovenia) dal quale ora vengono respinti ammalati e feriti del Buiese che devono raggiungere Pola distante una cinquantina di chilometri e, qualche volta, ci arrivano cadaveri.
Pochi giorni fa, al colmo della guerra fredda, le donne slovene, croate e italiane dell'Istria si sono incontrate al valico di Castelvenere, sul confine conteso, per scambiarsi mazzi di mimose, abbracci e parole di pace. Quel confine segnato dal fiume Dragogna la gente lo attraversa ma «non lo vede»; anche i ragazzini dei villaggi della zona varcano facilmente quei valichi e vi si ritrovano per giocare a pallone senza chiedersi se sono croati, italiani o sloveni. L'unica differenza per la gente è che la Slovenia fa parte dell'Unione Europea (e vi è entrata pur avendo lasciato al loro posto le «spine di confine» mentre la Croazia è stata bloccata da Lubiana mentre era a un passo dal varcare la soglia della casa comune.
Una spina per la Ue e per la Nato
Nel suo ruolo di oppositore la Slovenia è rimasta isolata fra i Ventisette dell'Ue, è vero, ma neppure la Croazia ha mostrato morbidità e volontà di accomodamento. Almeno finora. Ha dovuto intervenire l'Unione europea, offrendo la propria mediazione per cercare un accordo di compromesso grazie alla missione del Premio Nobel per la pace, il finlandese Martti Ahtisaari - quello dello scempio dell'indipendenza unilaterale del Kosovo. Ci riuscirà? Il termine è il 27 maggio, ma potrebbe esserci una proroga. Il rappresentante della Commissione europea Henrik Bendixen ha dichiarato a Bruxelles che la Croazia nel 2010 entrerà sicuramente nell'Unione e che la fase finale dei negoziati, nonostante l'opposizione (solitaria) della Slovenia, dovrebbe concludersi entro la fine di quest'anno. Perché «le questioni confinarie croato-slovene non rientrano nei negoziati di adesione, ma vanno risolte a livello bilaterale o con l'arbitrato». Ma si possono avere nell'Ue due paesi in lite costante fra di loro?
L'arbitrato, al quale Zagabria finora si opponeva, chiedendo invece che la questione fosse portata di fronte al Tribunale internazionale, è stato accolto lunedì, dopo una riunione dei presidenti di governo, repubblica, parlamento e di tutti i partiti presenti in parlamento. In realtà la Croazia non ha fatto passi indietro. Dal comunicato ufficiale dei presidenti si apprende infatti che - pur accettando la mediazione Ue tramite Ahtisaari, essa pone una precisa condizione: che il gruppo di mediazione si limiti ad aiutare i due Stati «a mettere a punto una proposta di accordo» ... Sul confine? Niente affatto, ma per «affidare la soluzione della loro contesa confinaria alla Corte di giustizia dell'Aja»! Contemporaneamente i mediatori dovrebbero «aiutare i due governi a formulare una proposta di accordo per la soluzione delle altre questioni aperte» fra Lubiana e Zagabria senza il ricorso all'Aja. Queste «altre questioni» sono il regime di navigazione e di pesca nel Golfo di Salvore-Pirano. La Croazia, infine, chiede l'immediato sblocco della trattativa di adesione all'Ue che sono state bloccate, appunto, su richiesta della Slovenia.
Ora il buio sovrasta il panorama. Finora tutte le trattative bilaterali, con o senza gli interventi internazionali, sono sempre fallite. Lo scetticismo non manca, la speranza - Ahtisaari? - è d'obbligo. Anche se dall'una e dall'altra parte si fanno più alte le grida patriottiche. Il presidente croato Mesic ha detto: «Non daremo neppure un palmo del nostro territorio nazionale». Gli uni e gli altri vogliono la botte piena e la moglie ubriaca. In conclusione: la Croazia abbina la mediazione di Bruxelles a una sentenza dell'Aja; la Slovenia vede nel Tribunale dell'Aja il satana da esorcizzare, e questo perché non riconosce come definitivi i confini tra le ex repubbliche jugoslave e invoca «confini più giusti». Visto che non può modificare quelli dell'ex Jugoslavia con l'Austria e l'Italia, spera di cambiare a proprio favore almeno i confini con la Croazia, ricorrendo anche al ricatto ed ai veti se necessario. Le decisioni dell'Ue, secondo Lubiana, si possono pur sempre rigettare con un referendum e bloccare la strada della Croazia verso l'Europa. La Croazia lo sa bene e invoca perciò la decisione del Tribunale. Tutta la nebbia sul futuro viene da queste posizioni inconciliabili.

Supporta il manifesto e l'informazione indipendente

Il manifesto, nato come rivista nel 1969, è sinonimo di testata libera, indipendente e tagliente.
Logo archivio storico del manifesto
L'archivio storico del manifesto è un progetto del manifesto pubblicato gratis su Internet e aperto a tutti.
Vai al manifesto.it