Nella disillusione seguita al crollo del socialismo reale nelle sue varie versioni, l'epopea vietnamita è rimasta salda, nella sua versione «mitica» che vede un piccolo popolo in lotta contro il gigante imperialista americano. Ma a scuotere queste ultime certezze viene ora il nuovo romanzo di Duong Thu Huong, scrittrice pluripremiata ed esule dal 2006 in Francia, tradotta in Italia da Garzanti. Appena uscito per le edizioni Sabine Wespieser, Au Zénith presenta un gruppo dirigente comunista che fa prigioniero il suo stesso leader, «padre della patria», e - una volta preso il potere nel Nord Vietnam - si trasforma in un regime autoritario e corrotto, che si nutre della guerra come ragione della sua sopravvivenza.
L'autrice dichiara nella prefazione che tutto ciò che scrive si fonda su storie vere, ma al tempo stesso mette in guardia ricordando che si tratta di un romanzo, non di un'autobiografia, né di un assemblaggio di varie biografie. C'è però un personaggio di cui indica nome e cognome, alla cui storia si è ispirata, ed è l'ex direttore del museo Ho Chi Minh, Vu Ki, esemplare per dirittura morale; è il modello per l'amico fedele del Presidente, che cerca di proteggerlo nella tragedia personale.
Nel romanzo c'è un Comitato centrale che, chiamato a votare sulla possibilità del Presidente di sposare la sua giovane compagna, gliela nega quasi all'unanimità (anche Giap non può sottrarsi e solo un membro si astiene), e una polizia segreta che poi uccide la donna, mentre i figli del Presidente vengono affidati a famiglie amiche per essere allevati nell'anonimato: sposo della patria, il Presidente deve mantenere la sua immagine ascetica per galvanizzare il paese. E c'è un Presidente tenuto in custodia sulle montagne, mentre ferve la guerra contro gli americani, che osserva la vita del villaggio più prossimo e della sua gente minuta e si intrattiene con le guardie del corpo e le monache del vicino tempio buddista. Il suo grande vicino del Nord, il presidente Mao, lo visita in sogno o nel dormiveglia, irridendolo e rimproverandogli di non riuscire ad essere un imperatore spietato come lui, e di non avere saputo eliminare gli avversari, che ora lo tengono in pugno. Sensibile e gentile, il Presidente ricorda i suoi anni di formazione in Francia e le peregrinazioni nel mondo inquadrato nell'Internazionale comunista, fino all'epopea eroica della guerra antifrancese dei Vietminh, in cui i combattenti erano ancora uniti dalle medesime speranze di riscatto. È la vittoria a Dien Bienphu a vanificare paradossalmente il sogno di liberazione, instaurando un regime burocratico-militare corrotto che diviene una pedina nello scacchiere delle grandi potenze e nello scontro tra i blocchi.
Il romanzo fiume - quasi ottocento pagine - si articola in quattro parti, alternando alle vicende del Presidente esule in patria quelle del suo amico più devoto, che ne ha adottato uno dei figli e resta nella cerchia del potere osservandola criticamente, quelle del villaggio di montagna vicino alla prigione del Presidente, e quelle del fratello della giovane promessa sposa assassinata, che sogna di vendicarsi. Nella narrazione si avvicendano così l'eroe sconfitto, l'intellettuale critico, l'oppositore in cerca di giustizia e il popolo minuto, in un affresco della storia del paese che comprende lunghe descrizioni di paesaggi e di atmosfere e assume talvolta i toni del feuilleton, sconfinando nel grottesco dei dialoghi immaginari con Mao.
Quanto c'è di verosimile? Duong Thu Huong sembra sapere di cosa parla. Nata nel '47 nel Vietnam del Nord, la scrittrice ha avuto esperienza diretta della guerra di resistenza antiamericana come membro di una troupe che si esibiva al fronte per i soldati. Al termine del conflitto e dopo la riunificazione del paese, Duong Thu Huong si è iscritta al Partito comunista e ha cominciato a scrivere, ma per le sue dure prese di posizione nei confronti del governo, nel 1989 è stata espulsa dal partito e le è stato negato il diritto di recarsi all'estero. E nonostante il suo primo romanzo (Storia d'amore raccontata prima dell'alba) l'avesse già fatta conoscere in patria e all'estero, nel '91 ha passato otto mesi in carcere e le è stato ritirato il passaporto. Da allora la scrittrice non ha più potuto pubblicare in Vietnam, ma i suoi manoscritti, editi all'estero, sono tornati a circolare clandestinamente anche all'interno del paese. In Italia, dove nel 2005 ha ricevuto il premio Grinzane, sono stati tradotti per Garzanti Oltre ogni illusione, Dalla terra di nessuno e La valle dei sette innocenti.
Dal 2006 Duong Thu Huong vive a Parigi, dove a gennaio è stato pubblicato questo nuovo romanzo, che ha l'ambizione di offrire un affresco della storia contemporanea del Vietnam articolato su una pluralità di punti di vista. E sebbene Au Zénith non abbia certo le qualità di altri affreschi letterari che mettono in scena protagonisti storici e personaggi di fantasia (non ci si aspetti, insomma, un Vita e destino vietnamita) né la forza documentaria di una ricostruzione d'epoca, il romanzo ha il pregio di sollevare alcuni interrogativi sulle vicende di un paese che emerge ora all'attenzione degli osservatori occidentali per la sua «modernizzazione» soft.