LETTERE E COMMENTI

QUELLO CHE I COMUNISTI DEVONO FARE

OPINIONE
GIANNINI FOSCO,

Siamo di fronte ad un regime reazionario in costruzione e non tutti ne hanno percezione. Vi è il tentativo di portare la spallata finale: ulteriori colpi alla Costituzione, dentro il progetto più ampio di provocare una crisi istituzionale volta alla fuoriuscita dagli assetti nati dalla Resistenza; attacco violento al contratto nazionale di lavoro; chiusura di fatto del Parlamento, ridotto ad uno spazio «sordo» volto alla decretazione d'urgenza e alla dittatura della maggioranza; leggi razziali.
Di fronte a tutto ciò qual è la natura e la forza dell'opposizione? Il Pd, ormai collocato nell'area liberista, ha problemi seri a schierarsi anche con la Cgil; Sinistra Democratica e i vendoliani usciti si illudono ancora di giungere a redistribuzioni del reddito da conquistare senza conflitto sociale e con un compromesso buono coi padroni; la Cgil non sembra in grado di garantire quel ciclo di lotte necessario al cambiamento dei rapporti di forza sociali.
Siamo di fronte ad una titanica macchina da guerra padronale. Contro questa chi si batte? Prc e Pdci, le cui «basi» rappresentano, insieme, il nocciolo più duro e avanzato della resistenza sociale, contano su circa centomila iscritti e dunque su circa 10-15mila militanti, che dovrebbero sostenere la lotta in campo nazionale. Oltre ciò, spezzoni: sindacalismo di base, associazioni, gruppi, movimenti, altre piccole formazioni anticapitaliste che, insieme, non raggiungono ancora quella massa critica sufficiente a organizzare una resistenza al potere del capitale.
Rispetto a tutto ciò vi è chi, contro il progetto dell'unità delle forze comuniste e anticapitaliste, pone questioni di tipo ideologico, filosofico e politico; questioni in sé giuste, nel senso che rimandano ai problemi del processo unitario. Ma il punto è che di fronte al pericolo che viviamo, questi ci ricordano i teologici di Bisanzio che nei giorni dell'assedio discettavano sul sesso degli angeli. L'obiettivo invece è: dare speranza e organizzare il popolo comunista e anticapitalista disperso nella diaspora, quelle centinaia di migliaia di delusi usciti dai due partiti comunisti maggiori e ricostruire un intento unitario, una nuova passione che possa riaggregarli e conquistare le giovani generazioni.
Va salutata positivamente quindi la scelta del Prc di una lista unitaria («comunista e anticapitalista») per le elezioni europee. Una lista che nasca non come l'Arcobaleno, un laboratorio politicista, ma nel conflitto sociale condiviso dalle forze comuniste e anticapitaliste che la compongono e attraverso una grande passione popolare che tutti siamo chiamati a costruire.
Per costruire l'unità occorre che nessun soggetto, neanche il Prc, si ponga in modo «padronale». Ciò vale sia per la lista che per il simbolo. E vanno apprezzate due parole-chiave che segnano il documento della direzione del Prc: si dice infatti che Rc promuove la lista unitaria (non che la costruisce da sé) e che il simbolo (che dovrà essere quello della falce e il martello) sarà determinato a partire da quello del Prc; ovvero un simbolo diverso da quello del Prc potrà rappresentare tutti i soggetti della lista unitaria.
Sappiamo che tale unità non si costruisce in un passaggio elettorale, ma nel conflitto sociale condiviso e nella ricerca politica e teorica aperta, che parta da un'autocritica profonda di Prc e Pdci e punti a ricostruire un partito comunista all'altezza delle contraddizioni capitalistiche. Una lista unitaria, che unisca comuniste/i già ora nel conflitto sociale, nella campagna elettorale e in un progetto anti Maastricht può avviare un percorso unitario dal carattere strategico.
* Direttore de L'Ernesto

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