LETTERE E COMMENTI

Saltare un giro, penitenza utile

CACCIARI PAOLO,

Vi ricordate il gioco delle penitenze che si faceva da piccoli? Chi perdeva doveva scegliere tra: «dire, fare, baciare, lettera e testamento». Posso proporlo ai compagni con cui abbiamo animato Rifondazione e che nel tempo abbiamo rotto/ridotto in cinque o sei più o meno piccole formazioni politiche diverse?
Dire. Dirsi. Proclamarsi «comunisti e anticapitalisti».
E' la penitenza più facile, ma non priva di insidie. Quanti comunismi c'erano prima di Marx e ci sono ancora? La disputa tra chi è il più autentico, scientifico, incisivo, utile... non finirà mai. Quanti anticapitalismi, altermondialisti, movimenti antisistema... ci sono anche fuori di noi? Li abbiamo incontrati a Belem, ma anche ai cancelli delle fabbriche e ai presidi di casa nostra. Fondare un partito sulla convinzione della propria singolarità è del tutto legittimo, peccato che nel contesto democratico-borghese-fascistoide attuale e futuro (se non sbaglio è ancora in piedi un referendum che taglierà il proporzionale) la partecipazione alle elezioni serve forse a contare i propri adepti ma non a salire sul teatrino delle istituzioni rappresentative (ridotto a simulacro della democrazia). E' per questo che i comunisti - che non sono stupidi nemmeno quando vanno a votare - pensano in una buona metà al «voto utile».
Fare. La via dell'essere è il saper fare, diceva qualcuno. La più faticosa.
L'«identità» di una forza politica comunista e anticapitalista non è il manifesto elettorale, viene prima: è la condivisione piena, fino ai suoi ultimi esiti, dei conflitti che i soggetti sociali devono ingaggiare per affermare la propria dignità e libertà.
Baciare. Solo i ragazzini più audaci sceglievano questa penitenza! Significava rendere pubblici i propri sentimenti. I compagni di gioco potevano essere comprensivi e avresti dato un bacino sulla guancia alla amica/o del cuore, oppure si sarebbero presi gioco di te proponendoti la più bisbetica della compagnia (per le ragazze, il più bullo). Fuor da metafora, una politica di ricerca delle alleanze è necessaria (non solo per le elezioni), ma comporta dei rischi e richiede la disponibilità a un confronto leale, paritario, reciproco, aperto... con forze politiche che vanno accettate per la loro effettiva diversità. Altrimenti si confonde una campagna elettorale con una campagna di proselitismo e tesseramento.
Lettera. Scrivere parole vere e giuste è importante. I programmi a breve, a medio e a lungo termine sono discrimini. Altrimenti tutto è tattica, convenienza, presa in giro. La disfatta elettorale è stata prima di tutto figlia di una crisi culturale della sinistra. Riprendere i fili della analisi delle trasformazioni sociali avvenute e in corso è condizione di base per qualsiasi «rifondazione» dell'idea comunista come della sinistra nel suo insieme. Chi la scrive questa «lettera» del socialismo per il XXI secolo? Come la si scrive? Partendo da un'inchiesta sociale larga o negli uffici stampa-e-propaganda del/i partito/i?
Testamento. E' la penitenza più dolorosa e difficile. Elaborare le ragioni del proprio fallimento. Abbandonare ogni autoconsolazione. Fino a che non prenderemo atto che il collasso elettorale è la misura esatta di ciò che abbiamo seminato, non ci sarà avvenire. Abbiamo finito di consumare il lascito del Pci, serve urgentemente altro. La rinuncia a presentarsi alle elezioni con i propri vessilli (come propongono Marcon e Pianta) per consentirci un'immersione totale nel mare delle energie comuniste, antagoniste, antisistema, autonome, indipendenti... che animano la società è il solo percorso che potrebbe permetterci di riaprire il processo di ricomposizione di una sinistra politica.

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