PRIMA

Un'aggressione premeditata

COMMENTO
ACHCAR GILBERT,

Il micidiale assalto compiuto da Israele contro Gaza era talmente premeditato da esser stato annunciato in anticipo ieri mattina su diversi quotidiani arabi. L'informazione più precisa è stata fornita dal giornale nazionalista palestinese e arabo al-Quds al-Arabi (Gerusalemme araba), pubblicato a Londra. Scrivendo a partire da Ramallah, in Cisgiordania, Walid Awad, corrispondente del quotidiano a Ramallah, in Cisgiordania, riferiva di aver appreso «da un'attendibile fonte diplomatica araba che il generale Omar Suleiman, capo dei servizi segreti egiziani, ha informato certe capitali arabe che Israele avrebbe lanciato un'offensiva limitata contro la Striscia di Gaza».
Un'offensiva per far pressione sul movimento Hamas e obbligarlo a accettare una tregua senza condizioni. La fonte ha aggiunto che il generale Suleiman ha insistito presso la ministra israeliana degli affari esteri, Tzipi Livni, sulla necessità di non provocare vittime fra i civili durante l'operazione militare per evitare che foto di innocenti non vengano utilizzate per eccitare la piazza araba».
Questo scenario allestito in anticipo è stato messo in atto il giorno stesso della comparsa dell'articolo: accampando il solito pretesto - i lanci di razzi a partire da Gaza, che sono essi stessi tiri di rappresaglia, e così via - l'aviazione israeliana ha ferocemente attaccato Gaza, concentrando il fuoco sulle forze di sicurezza interne dirette dal governo di Hamas, conformemente alla domanda del capo dei servizi segreti egiziani, più desideroso di attenuare la reazione dell'opinione pubblica nel suo paese che di salvare vite umane palestinesi.
La collusione con Israele da parte degli «Arabi dell'America», come li chiama «la piazza araba», cioè le monarchie petrolifere del Golfo, la monarchia giordana e l'Egitto, è così venuta alla luce.
Il generale egiziano mette a punto insieme a Tzipi Livni lo scenario della carneficina offerto da Israele ai palestinesi in questo periodo di feste e di regali, mentre a Washington si fa il bilancio dei doni offerti dalle monarchie arabe al suo omologo americano, Condoleezza Rice: gioielli per diverse centinaia di milioni di dollari, fra cui una collana del costo stimato a 170.000 dollari, una parure di rubini e diamanti di 165.000 dollari da parte del re saudita Abdallah e una parure di smeraldi e diamanti del costo stimato a 147.000 dollari da parte del re giordano Abdallah II (Associated Press, 22 décembre). Dei regali tanto più stravaganti - scandalosi per le popolazioni dei paesi in questione - in quanto quei sovrani sapevano bene che Condoleezza Rice avrebbe potuto sfoggiarli solo durante il suo mandato di segretaria di Stato e che, conformemente alla legge americana, sono proprietà pubblica, e verranno riposti in un deposito del governo alla fine del mandato dell'amministrazione uscente.
Se gli «Arabi dell'America» si comportano in maniera così poco discreta nelle loro servili effusioni verso Washington mentre l'amministrazione Bush è la più odiata della storia dalla «piazza araba» - le popolazioni arabe non sognano altro che offrire un solo tipo di regalo a George Bush e ai membri della sua squadra aborrita: scarpe in faccia, seguendo l'esempio del giornalista iracheno Muntazar al-Zeidi diventato eroe nazionale di tutte le popolazioni arabe - si può immaginare in che modo si comporteranno dopo l'investitura di Barack Hussein Obama: senza ritegno alcuno, con molta probabilità.
Il cambiamento d'amministrazione a Washington, benché non faccia presagire un cambiamento sostanziale della politica statunitense in Medioriente, a giudicare dalla composizione della nuova squadra, porterà sicuramente una ripulitura di facciata: un passaggio dall'imperialismo dal volto orrendo e islamofobo all'imperialismo dal volto umano, nero e islamofilo. È il senso del gran discorso che Obama ha previsto di pronunciare, in direzione del mondo musulmano, dopo essere entrato in carica. L'America, i cui interessi in Medioriente sono stati messi in pericolo dalla goffaggine dell'amministrazione Bush, ha bisogno di ridorare il suo blasone presso i musulmani, per rafforzare il suo dominio militare attraverso una egemonia politica. È una delle ragioni principali per le quali il grande capitale americano ha sostenugo Obama, mentre gli elettori e le elettrici si mobilitavano per lui per tutt'altre ragioni.
Il timing dell'operazione israeliana è stato scelto tenendo conto di queste considerazioni: bisognava colpire duro Gaza prima dell'investitura di Obama, per non compromettere immediatamente la sua operazione di relazioni pubbliche. Il successo di questo attacco dovrebbe rendere più agevoli in futuro simili brutali aggressioni contro un nemico che sarà tanto più facile da demonizzare quanto il presidente americano sarà angelicato.
* Analista politico, autore di Scontro tra barbarie e La guerra dei 33 giorni (edizioni Alegre)

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