CONTROPIANO

Gli ambientalisti contro Confindustria: accordo da ratificare

ITALIA
SETTE GIACOMO,ROMA

Da una parte il veto della Confindustria, dall'altra gli ambientalisti che chiedono di ratificare l'accordo e «interventi certi per uno sviluppo futuro, efficace e sostenibile». Con il governo che, ovviamente, non ha dubbi nello schierarsi con gli industriali. Alla vigilia della discussione europea sul pacchetto clima-energia, si rifà vivo il comitato della «Marcia per il clima». Quello che lo scorso 7 giugno ha portato a Milano migliaia di persone a manifestare per un'alternativa energetica. Questa volta il cartello, composto da 55 associazioni (dagli ambientalisti agli agricoltori, passando per sindacati, consumatori, cooperative di pescatori e sportivi), presenta una Carta d'impegni. Nata dal basso, dicono. E indirizzata a governo, Parlamento ed enti locali. Lo slogan è «Fermiamo la febbre del pianeta». A Bruxelles l'11 dicembre è un'occasione da non perdere. «L'Europa ha dato un segnale forte in questi anni, dichiarando di volersi impegnare in un accordo globale a ridurre del 30% le emissioni», dice Vittorio Cogliati Dezza, presidente di Legambiente, invitando il governo a non isolarsi nel momento della ratifica, stabilita dal protocollo di Kyoto, del 20-20-20 (riduzione del 20% di CO2, incremento del 20% di fonti rinnovabili e di efficienza energetica). «Vogliamo sottolineare l'utilità degli obiettivi della Ue - conclude Cogliati Dezza - e la necessità per l'Italia di cogliere, in fase di recessione, l'occasione di investire in innovazione, nel settore energetico così come nei trasporti». Parole che non vengono però ascoltate. Se infatti Bruxelles ha mandato ieri un altro segnale, trovando un accordo sui limiti di emissione di anidride carbonica per le auto (il nuovo regolamento limita a 130 g/km la media delle emissioni di CO2 delle nuove autovetture vendute in Ue e fissa un'ulteriore riduzione delle emissioni a 95 g/km, da conseguire entro il 2020), il governo va tra le braccia della Confindustria. «Il testo sul clima è estremamente penalizzante e costerebbe 18 miliardi di euro e milioni di posti di lavoro colpendo particolarmente il settore manifatturiero», afferma in mattinata Emma Marcegaglia chiedendo al premier di «mantenere una posizione di veto». Dal canto suo l'esecutivo, per bocca della ministra all'Ambiente Stefania Prestigiacomo, dopo qualche ora dà la sua massima disponibilità: «Lavoreremo per riuscire ad apportare quelle modifiche necessarie al pacchetto - spiega - Siamo un po' stanchi di un'Europa che non tiene conto delle ragioni dei singoli paesi».
Senza considerare che, in base al protocollo di Kyoto, i paesi che non ratificheranno l'accordo sul 20-20-20 dal 2013 verranno sanzionati economicamente. A pagare le multe saranno, quindi, i contribuenti. Intanto l'esecutivo continua la sua crociata contro le fonti alternative eliminando, nel decreto anticrisi, con valore retroattivo la detrazione fino al 55% per gli interventi di risparmio energetico nell'edilizia. Col Movimento difesa del cittadino che promette azioni giuridiche se non verrà ripristinata. «Il governo dimostra di essere nemico dell'ambiente» attacca Ciro Pesacane del Forum ambientalista, ricordando come l'esecutivo si sia rifiutato finora di incontrare gli ecologisti: «Berlusconi è succube della Confindustria». Se la prende invece con Prestigiacomo, Antonio Granata della Cgil: «Il suo ministero è una dependance di Tremonti, nulla più». Nel comitato sono presenti anche esponenti di Cisl e Uil perché «ambiente, lavoro e sviluppo devono andare insieme». Cosa non tanto recepita da questo governo che punta diritto verso un'ennesima scelta sbagliata: il nucleare.

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