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La mafia nei gol dello Zenit

RUSSIA · Un'inchiesta del giudice spagnolo Garzón svela i legami tra la malavita e il potente club di San Pietroburgo
PIERANNI SIMONE

La mafia russa avrebbe comprato niente meno che il Bayern Monaco, per agevolare la vittoria della Coppa Uefa 2008 da parte dello Zenit San Pietroburgo. I ragazzi terribili di Advocaat avrebbero schiantato 4-0 i campioni tedeschi in semifinale e spianato la strada alla vittoria continentale grazie ai connazionali malavitosi, proprio mentre l'Uefa apre l'inchiesta su 26 partite dello scorso torneo. La vicenda è racchiusa all'interno dell' Operacion Troika , portata avanti dai magistrati spagnoli, grazie ad intercettazioni telefoniche di boss russi. Non sembrano parole al vento, perché i personaggi in questione paiono usciti dal classico vicolo buio mentre rimettono il ferro appeno usato al suo posto, piuttosto che da un libro o un film.
E non sembrano tipi da boutade o affarucci millantati: nel giro sono considerati gente spietata. Sono i membri più influenti della Tambovskaya, una delle quattro associazioni mafiose più temute e importanti al mondo. Gente che se la vede con triadi e altre mafie asiatiche, multinazionali del riciclo di denaro, di giri del mondo di armi, droga e qualsiasi cosa possa dare vita a profitti vertiginosi, di omicidi per affari e di attracchi ai vertici del potere politico, non solo russo. Operano anche in Spagna, Germania, Portogallo, Canada e di recente sembrano avere aperto contatti fruttuosi con i narcotrafficanti messicani. Arrivano da San Pietroburgo, hanno le mani in pasta in mezzo mondo, conti cifrati in vari paradisi fiscali e si occupano anche di calcio. A modo loro. I protagonisti della faccenda sono già tutti in carcere, arrestati a maggio dalla polizia spagnola. Il problema è che molti dei loro nemici, invece, sono morti. Uno si chiamava Alexander Litvinienko, l'ex 007 ucciso col polonio a Londra: si dice che avesse denunciato i collegamenti tra Tambovskaya, politica e servizi segreti russi. Poi ci sono anche i vivi, che sembrano lì solo per aiutare ancora i trafficoni: negli affari, a cancellare le tracce, a spargere notizie infondate, smentire collegamenti. Perché questi hanno contatti belli in alto, al di là di facili connessioni e di supposte denunce di 007 misteriosi: lo Zenit è la squadra di San Pietroburgo, comprata nel 2005 dal colosso Gazprom. Da lì una volata di successi. I loro primi tifosi sono il presidente russo, il pietroburghese Medvedev e niente meno che Vladimir Putin. Proprio quest'ultimo qualche sera fa ha invitato il mister dello Zenit a cena e gli ha detto: «non penserai mica di andartene?». Uno meno interessato alla formazione, ma al quale non piacciono i dettagli sfuggenti. E i nomi che ricorrono in questa storia consentono svolazzi anche alla fantasia più quieta. Come ad esempio quello di Mikhayl Monastirsky, ex deputato russo: aveva confessato di essersi comprato il seggio, di essere della Tambovskaya, di avere affari importanti in Spagna e infine di collaborare con la magistratura spagnola. Morto, misteriosamente. A Garzón, giudice noto per i procedimenti contro Berlusconi, Pinochet e il pugno duro contro i baschi, non è parso vero di trovarsi tra le mani questa gente. Con il tempo i giudici spagnoli hanno frugato nei brogliacci e si sono trovati conversazioni il cui punto focale si stringeva sempre di più, come se i boss ci girassero intorno. Prima o poi a qualcuno sarebbe scappata la frase chiara. L'auge calcistica pedatoria raggiunta negli ultimi anni dallo Zenit è stata rapida (campionato, Coppa Uefa, Supercoppa europea), non priva di talenti e di tanta, troppa per alcuni, corsa e foga. E infine sono arrivate le parole dei mafiosi russi. Agli ascoltatori è bastato fare arrivare i nastri al momento giusto. E così da allusioni, anche su scambi di giocatori, si è arrivati al clou.
Uno dei boss della Tambovskaya parla con un picciotto russo ed è perentorio: «Zenit Bayern finisce 4-0. Abbiamo dato 50 milioni ai tedeschi». Non si sa se dollari, rubli o euro. Quel che importa è che qualche giorno dopo, al quarto minuto del primo tempo lo Zenit era già in vantaggio, portando a termine l'esatto punteggio dopo aver preso a pallonate gli irriconoscibili tedeschi. Questi ultimi hanno detto di non saperne niente e a Garzòn non interessa: ha passato tutto alla magistratura tedesca e saranno affari loro. Nel frattempo il legame tra calcio e mafia, non solo russa, ritorna in mente come una vecchia canzone. Un binomio che pare avere raggiunto il suo apice proprio lo scorso anno, con la vittoria dello Zenit nella Uefa e la finale di Champions League giocata a Mosca. Un anno mirabile che parte da lontano: da Abramovich quando comprò il Chelsea nel 2003. Poi toccò a Vladimir Romanov prendersi una squadra scozzese, Alexandre Gaydamak il Portsmouth ancora in Inghilterra, Arcadi Gaydamak che è presidente dell'israeliana Beytar, fino al re dei metalli Alisher Usmanovic giunto a prendersi una quota dell'Arsenal. Estero, ma anche successi russi in Europa: nel 2003 la Sibneft (poi rivenduta a Gazprom) compra il CSKA Mosca. Nel 2005 i moscoviti vincono la coppa Uefa, contro lo Sporting Lisbona. Tra tanti successi a Mosca nasce anche il ministero dello Sport e lo gestisce Vitali Mytko, ex presidente dello Zenit, guarda un po'.
Nelle intercettazioni telefoniche si parla anche di calciatori argentini e proprio sullo strambo asse si è giocato un connubio tra calcio e oligarchi russi. Media Sport Investments è una finanziaria particolare: chiacchierata, figlia di altre aziende che vanno a seppellire soldi nei paradisi fiscali. La MSI è giunta agli onori delle cronache quando comprò e parcheggiò al West Ham gli argentini Tevez e Mascherano. L'agente degli argentini, Kia Joorabchian, un anglo iraniano venne arrestato in Brasile. Sullo sfondo un altro miliardario russo chiacchierato: Boris Berezoskji, a sancire un ennesimo legame oscuro tra soldi, affari loschi e calcio.

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