POLITICA & SOCIETÀ

Governo diviso sulle carceri e alla fine Maroni la spunta

SICUREZZA
RUSSO SPENA GIACOMO

Sono passati poco più di due anni dal varo dell'indulto e il sopraffollamento delle carceri ritorna al centro del dibattito politico. Con gli attuali 57 mila detenuti, a scapito dei 43 mila posti letto all'interno dei sistemi penitenziari, la situazione è nuovamente esplosiva. Si rischiano rivolte nelle celle. Sta ora al centrodestra risolvere la spinosa situazione senza venir meno ai principi di «tolleranza zero» e «certezza della pena». E il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, è per la soluzione già pronta. Il suo pacchetto, concordato al dettaglio con il nuovo capo del Dap Franco Ionta, prevede infatti misure già proposte dal governo Prodi: l'uso del braccialetto elettronico per i detenuti (quindi da detenzione penitenziaria a quella domiciliare), rimpatrio degli immigrati nei loro paesi d'origine, in entrambi i casi solo per chi deve scontare una pena non superiore ai due anni, e la costruzione di nuova edilizia carceraria. Eppure il Guardasigilli attacca il precedente governo: «L'indulto è stato uno sbaglio». Dimenticandosi di averlo votato insieme al suo partito (Forza Italia). Ma le proposte di Alfano hanno suscitato nei giorni scorsi dubbi all'interno della stessa maggioranza, con Lega e An che avevano mugugnato sull'efficacia del piano. E avevano fissato due paletti: dopo il rimpatrio ci deve esser la garanzia che una volta nel loro paese di origine non siano rimessi in libertà e che il braccialetto sia a «evasione zero». Punti accettati dal Guardasigilli tanto da far rientrare, almeno sembra, la frattura interna. «Io e Alfano siamo perfettamente d'accordo», rassicura in serata il ministro degli Interni Bobo Maroni. Per oggi è previsto un tavolo tecnico di esperti al Viminale per verificare l'efficienza delle tecnologie di utilizzo del braccialetto elettronico. Introdotto infatti in via sperimentale nel 2000 dall'allora ministro degli Interni Enzo Bianco, il braccialetto fu testato su 400 detenuti, all'epoca entusiasti dell'idea: meglio stare a casa che in cella, sostenevano. Ma sin dall'inzio del progetto furono segnalati problemi per gli alti costi e il mal funzionamento dell'oggetto: se entrava a contatto con l'acqua o nel caso di mura troppo spesse (in cantina, ad esempio) si perdeva il segnale. «Era come avere la catena degli schiavi ai piedi, con l'aggravante che suonava ogni 5 minuti anche quando ero in casa», ricorda il trentaquattrenne Mario Marino, ex detenuto che partecipò all'esperimento. Il braccialetto «suonava anche di notte mentre dormivo e non avevo più pace - continua Marino, che nel 2003 scontò una pena per rapina - Alla fine ho prima reciso il nastro e poi l'ho buttato nel cassonetto consapevole che sarei tornato in carcere: almeno lì stavo tranquillo e potevo dormire serenamente. Così è stato». Ora invece Alfano garantisce ai suoi alleati la massima affidabilità del braccialetto: «In questi ultimi tempi si sono sviluppati all'estero modelli che stanno ben funzionando». Dal canto suo l'avvocato, ed ex deputato del Prc, Giuliano Pisapia pronuncia un sì condizionato all'idea del Guardasigilli: «Sono favorevole al braccialetto solo nel caso in cui c'è il consenso dell'interessato e se vengono rispettate le dignità del detenuto». Poi c'è la questione immigrati che rappresentano a oggi il 30% della popolazione carceraria. Per loro, come scritto già nell'articolo 16 della Bossi-Fini, sarà previsto il rimpatrio. Cosa in realtà difficile perché da concordare con una seri di trattati bilaterali con i paesi interessati. Comunque i provvedimenti, se andranno in porto, porteranno alla scarcerazione di 7400 detenuti. Pochi rispetto all'emergenza sopraffollamento. E, visto l'aumento dei detenuti nel 2008, il numero potrebbe risalire in poco tempo a 53 mila. Con i nuovi sistemi penitenziari che non vedranno la luce prima di 10 anni. «Il governo è contradditorio - denunciano le associazioni che lavorano in carcere - Prima con il pacchetto sicurezza e altre leggi (Bossi-Fini. l'ex Cirielli sulla recidiva e la Fini-Giovanardi sulle droghe, ndr ) riempie le galere e poi tenta di risolvere la questione del sopraffollamento con palliativi inefficaci». Intanto il Pd, per bocca di Massimo D'Alema parla di esecutivo che «comincia a scricchiolare» e di piano ambiguo. Diagnosi condivisa anche dall'Udc, che invita «il governo a fare chiarezza al suo interno». Di Pietro invece, rivendicando il suo no all'indulto di due anni fa, va giù duro accusando l'esecutivo di «un'amnistia mascherata».

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