PECHINO 2008

Tatanka, argento amaro e una dedica sull'attenti

BOXE Il pugile di Marcianise sbaglia l'incontro. Stase
PIERANNI SIMONE,PECHINO

Ci sono dei match brutti, di cui ci si ricorda solo se si perde. Ieri sera Clemente Russo, Tatanka, ha perso la finale per l'oro olimpico dei pesi massimi, al termine di un incontro anomalo, noioso e pieno di rimpianti. Dopo aver combattuto e pianto sul podio durante l'amara presentazione però, ha risposto presente all'appello del partito politico di cui ha confessato la propria vicinanza, Alleanza Nazionale. Perché lui è un personaggio e così - in un giorno in cui sembra avere deciso, o accettato di non boxare da par suo - rilascia dediche per il suo argento. E dopo se stesso e tutti i bambini d'Italia («perché la malavita non esiste solo a Marcianise e nel casertano»), la dedica per il secondo posto olimpico è per «per i diritti umani, per tutti i cinesi che soffrono, e ce ne sono tanti. Si era detto di dire qualcosa, anche alla fine, e io lo dico. Anche se penso che queste Olimpiadi possano migliorare le cose». Poi aggiunge i suoi guantoni alla personale collezione di oggetti sportivi donati da atleti italiani al Dalai Lama (anche la Granbassi, Idem e Rossi si sono espressi al riguardo). Tatanka risponde dunque all'appello di Ignazio La Russa, che aveva chiesto agli atleti delle forze dell'ordine di prendere una posizione dopo le dichiarazione del Dalai Lama, poi smentite, a Le Monde. Clemente Russo è un poliziotto, del Gruppo Sportivo Fiamme Oro e ha ricevuto ieri sera la telefonata anche del capo della polizia Antonio Manganelli, gli elogi di Bassolino e la notizia che sarà lui il portabandiera nazionale nella cerimonia di chiusura delle Olimpiadi. Nuovo simbolo italiano deciso in corsa e prima della fine dei Giochi: chissà cosa ne pensa l'altro pugile in finale stasera, Roberto Cammarelle.
La dedica di Russo costituisce un corollario curioso e politico di un incontro deludente, nato storto, non previsto. Perché questi pugili sono grossi, hanno la potenza esplosiva nelle mani e nelle braccia, sono agili e coraggiosi, salgono sul ring che sembrano incazzati perfino coi volontari olimpici. Ma poi, alla fine, decide tutto la testa. E Tatanka è uno che ha sempre sottolineato, quando ha potuto, questo aspetto: non conta la forza, conta la testa. E la testa dovrebbe invitare a evitare di finire in una specie di rissa scomposta da scoppiati da bar, specie in una finale olimpica, come invece è andata ieri sera con il russo Rakhim Chakhkeiv. Uno che si è preso la rivincita, perché nella finale mondiale del 2007 a Chicago, sul 6-3 in suo favore, in un minuto e qualcosa aveva visto Russo rimontare e vincere 7-6. Altre sconfitte che non si dimenticano.
Forse in memoria di tale precedente Chakhkiev ieri si è tenuto sulle sue, tentando di arginare la visione di insieme di Russo. E quando sembrava che il russo fosse cotto e non ne avesse più, con Damiani all'angolo a urlarlo a tutto il palazzetto, «non ne ha più, dai Clemente, non ne ha più», un paio di assegnazioni dei giudici un po' così hanno portato in Russia l'oro olimpico dei pesi massimi: 4-2, con i guantoni di Russo che finiscono sulla testa di un solerte volontario cinese. Per il resto dell'incontro tanti abbracci, colpetti, scorrettezze: un match inguardabile, che Russo non è riuscito a cambiare, ancora prima di vincere.
Per l'Italia rimane il rimpianto di non aver bissato l'oro di Parisi a Seul nel 1988, per Tatanka un bel po' di rabbia. «Sono incazzato, non esiste, il terzo punto che gli hanno dato proprio non esiste, mi ha preso la spalla. Peccato, anche perché forse ora dovrò cambiare i miei programmi». E qui si ritorna alla boxe, dopo giorni di attenzione, storie e chi già lo definisce il nuovo Montano. Perché né puoi fare a pugni tutta la vita, né il fatto di averne date (126 incontri vinti, 2 pareggiati e 32 persi per Russo) garantisce una vita agiata o senza preoccupazioni: con il primo titolo europeo juniores vinto, Russo si era comprato un motorino. Si era parlato anche di professionismo, con gli americani in attesa di decisioni da Marcianise. Invece rimane un argento, che segna comunque un passaggio importante: «non posso dire di essere infelice, perché sportivamente sarebbe una bestemmia: ho pur sempre vinto un argento alle Olimpiadi». Nonostante cerchi di apparire tranquillo, è bello nervoso Tatanka, dallo sguardo e il volto ancora tirato e contratto. Probabile salga la pressione quando capirà, o rivedrà, il match. Per ora rimangono le sensazioni di un momento su un incontro per certi versi incomprensibile: «è stato un match teso, non si può dire sia andato in questo modo per colpa mia o dell'altro. È una finale olimpica, un match strano».
Il ct Francesco Damiani, agitato al solito durante tutto il match e impegnato a strigliare a ogni break il proprio pugile, legge l'incontro nello stesso modo: «è stato un match tirato, sul 2-2 era chiaro che chi dava il primo colpo avrebbe vinto. È toccato al russo, anche se un colpo di Clemente a mio avviso non è stato segnalato dai giudici».
Il pensiero finale è per il futuro, anche perché la comitiva pugilistica italiana può dirsi a ora soddisfatta (tre semifinalisti su sei pugili presenti in Cina). E dopo un bronzo e un argento manca solo l'oro. Stasera tocca a Roberto Cammarelle vedersela con il cinese: quella della Palestra dei Lavoratori, sarà l'ultima medaglia in palio nelle olimpiadi di Pechino 2008. E il fatto di vedersela proprio con un pugile cinese, non sembra impensierire troppo il clan azzurro. Per Damiani non ci sono dubbi: «Roberto è pronto».

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