CONTROPIANO

Pechino, l'ossessione sicurezza è garantita

CONTROLLI
PIERANNI SIMONE,PECHINO

Da Kashgar, luogo dell'attentato che ha provocato 16 vittime tra le forze di polizia cinesi, a Pechino, la risposta è unanime: «La sicurezza delle Olimpiadi è garantita». Nella giornata di ieri si è diffusa la voce di 18 arresti nello Xinjiang: secondo indiscrezioni si tratterebbe di terroristi stranieri, fermati nell'arco di un anno dalla polizia, ma i dettagli al solito non sono la peculiarità dell'informazione cinese. Sun Weide, portavoce del Bocog, il comitato organizzatore pechinese, ha rassicurato tutti: «è già stato dispiegato un imponente sistema di sicurezza e siamo pronti a far fronte a qualsiasi genere di minaccia». Gli atleti stiano tranquilli, niente panico, anche se dalla regione a prevalenza musulmana nel nord ovest cinese, arriva anche la notizia dell'incidente diplomatico: due reporter giapponesi, considerati dei ficcanaso dalla polizia - poiché si aggiravano in luoghi proibiti vicino alla caserma dell'attentato - sono stati menati. Immediate scuse e grugniti di disappunto da Tokyo.
Segni di difficoltà del Dragone, proprio quando il traguardo dell'inizio delle Olimpiadi sembra così vicino: due lune ormai. Tensione e adrenalina anche visiva: ogni giorno in meno alle Olimpiadi, significa qualche poliziotto in più sulle strade pechinesi. Posti di blocco, soldati, militari. L'attentato di lunedì a Kashgar e le avvisaglie che arrivano dallo Xinjiang di una «guerra santa» sul suolo cinese hanno intensificato la paranoia olimpica. Nella notte le luci non sono più quelle dei locali, che devono chiudere entro le due, ma quelle delle numerose postazioni mobili della polizia. Si è detto di Olimpiadi verdi, armoniose, cyber, tristi. Sicuramente saranno i giochi olimpici più controllati della storia, nel nome della prevenzione. A Pechino sono state piazzate - specie tra i primi anelli della megalopoli - centinaia di migliaia di persone, tra soldati, poliziotti, volontari, pensionati del Partito, 300 mila telecamere, centinaia di cani. E ancora mezzi blindati, caccia dell'aviazione, navi della marina, missili installati davanti allo stadio olimpico, reparti speciali antiterrorismo con in dotazione un equipaggiamento del valore di oltre 30 mila euro. Tutti i cinesi sono stati allertati: chiunque noti anomalie deve chiamare immediatamente la polizia. Una presenza via via più invasiva, anche per una superficie così vasta come è la capitale cinese, e visibile a ogni angolo di strada, in ogni piazza, nei pressi dei luoghi di ritrovo.
La Cina ha pensato a tutto e non poteva che affidarsi alle moderne tecnologie dei colossi mondiali. Il business, 2,4 miliardi di dollari, come al solito è da capogiro. Le moderne tecnologie di controllo sono targate Ibm, il data center (centinaia di metri quadrati, 400 persone al lavoro tra 10 mila computer, 5 mila terminali, 4 mila stampanti e mille server) è della cinese Lenovo, la sicurezza è affidata a Atos Origin che dal 2003 a oggi ha condotto 200 mila ore di test. Ci saranno anche i biglietti con il chip di riconoscimento: tutti i dati anagrafici degli spettatori saranno registrati. Alla faccia della privacy e della sicurezza personale, l'Olimpiade e il rischio attentati permette di superare qualsiasi scrupolo. Il supporto anti terroristico, attraverso sensori ultra tecnologici per scovare bombe e materiale esplosivo, è fornito dalla statunitense ICx Technologies, che si è accaparrata un budget di 2,5 milioni di dollari. In più circuiti chiusi, immagini della televisione collegate con database, immediati riconoscimenti di persone sospette e differita di alcuni secondi della diretta in Cina, per tagliare eventuali magagne che potrebbero succedere durante e dopo le gare. Il Washington Post ha definito le accortezze cinesi come l'esempio supremo dello stato di polizia del XXI secolo, il riassunto perfetto delle moderne tecniche di controllo adattate a una pervasività tipica della cultura cinese. Ognuno è un agente della sicurezza: è quello che viene definito controllo sociale distribuito.
Nelle metropolitane tra gli spot e i corsi per imparare le regole degli sport olimpici, sugli onnipresenti schermi, un uomo, il cui volto è oscurato, mostra i risultati ottenuti con le sue sofisticate telecamere nascoste: non si tratta de Le Iene cinesi, bensì di un agente in borghese che studia i potenziali terroristi e curiosa tra borse e zaini sospetti nei vagoni sotterranei. Al vertice della gigantesca macchina securitaria olimpica è posto uno dei tanti tecnocrati a capo della classe politica cinese. Come il presidente Hu Jintao e il premier Wen Jiabao, Zhou Yongkang è un ingegnere. 66 anni, già a capo del Ministero di Pubblica Sicurezza, Zhou si è guadagnato gli oneri e gli onori per la sua attività di modernizzazione delle forze dell'ordine, puntando tutto sulla lotta all'alcolismo e la preparazione fisica e dimostrando il pugno duro contro le dissidenze pro Tibet durante la sua carica di segretario di partito nel Sichuan. Già impegnato nei ministeri relativi alle risorse petrolifere, nell'ultimo congresso del partito comunista si è guadagnato la nomina nel Comitato permanente del Politburo. Oggi Zhou è uno dei nove uomini politici più potenti del Dragone.
E Pechino e i pechinesi appaiono già stanchi e contrariati dalla rivoluzione quotidiana portata dalle Olimpiadi, tra buone maniere, le nostre, e imposizioni. Tra il tentativo di fare finta di niente e la straniante decurtazione di attività di svago, baracchini succulenti per strada con ogni genere di cibo, partite di carte e scacchi ai bordi delle vie. I controlli sono in ogni parte della città e diventano stringenti nelle zone più vicine all'area olimpica: metal detector, computer e cellulare da accendere, acqua e bevande da assaggiare per dimostrare l'inesistenza di materiale pericoloso. A ogni controllo si contano i minuti. E questa volta sono quelli che separano dalla fine dei giochi.

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