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Lucchetti a internet, la Cina vuole così

OLIMPIADI 2008 Polemiche sulla censura totale ai siti «proibiti» dal governo
PIERANNI SIMONEPECHINO

Promesse e scoperte: la Cina corre verso le Olimpiadi tra problemi climatici e polemiche legate a diritti umani e libertà di navigazione su internet. Alcuni giornalisti giunti a Pechino, dopo essersi lamentati del caldo, poi dell'inquinamento, sono infine passati ad indagare altre elementi di novità pechinesi: hanno così scoperto che nel Main Press Center la connessione a internet (a pagamento come ad Atene) sarebbe eccessivamente lenta e alcuni siti sarebbero censurati. Il governo cinese ha risposto immediatamente: «La nostra promessa era di permettere ai giornalisti di usare internet per il loro lavoro durante le olimpiadi - ha detto Sun Weide, il portavoce del Comitato organizzatore dei Giochi di Pechino - e noi abbiamo assicurato questa possibilità a sufficienza». Del resto mesi fa la Cina aveva confermato questa posizione. Agli organizzatori di Beijing 2008 era stato chiesto esplicitamente se durante i Giochi ci sarebbe stata completa libertà nella navigazione su internet e la risposta era stata fin troppo chiara: no.
Patetica la lacrima espressa ieri dal Comitato Olimpico, che ha promesso indagini sulle denunce dei giornalisti e si è dichiarato abbacchiato da questa presa di posizione dei governanti della Terra di Mezzo: un alto funzionario si è scusato con la stampa internazionale per aver erroneamente affermato che in occasione dei Giochi Olimpici la Cina avrebbe garantito libero accesso ad internet. In un'intervista al quotidiano di Hong Kong, South China Morning Post, il responsabile per la stampa del Comitato olimpico Kevan Gosper ha affermato di essere «deluso» per il fatto che Pechino ha ammesso che i siti che fanno capo alla setta religiosa del Falun Gong (organizzazione religiosa proibita in Cina) saranno censurati, come tutto ciò che in giro per il web mina la sicurezza e l'unità nazionale cinese. Presa di posizione tardiva: tanto ormai ci siamo quasi, una settimana e si parlerà di record, primati, medaglie e tutti saranno a correre dietro i campioni d'oro di giornata, senza perdere troppo tempo on line.
Quello che è certo è che la censura del web cinese operata in totale su alcuni siti (Amnesty ad esempio) o parziale per altri (Bbc, ma anche Wikipedia, Youtube e molte piattaforme di blog come Splinder o Wordpress) oltre ad essere aberrante come ogni limitazione della libertà, è una storia lunga, controversa: tutto fuorché una novità. Il Grande Firewall cinese, come viene chiamato l'occhio onnipresente dei censori cinesi, ha una database di parole sensibili, accettato anche da alcuni colossi come Google e Yahoo, che rende talvolta difficoltosa la ricerca di informazioni on line, specie sulla Cina. Il controllo è ampio e con la scusa dell'unità nazionale e della corruzione spirituale dei giovani cinesi, la censura va dal Tibet, ad associazioni non governative, fino ai siti pornografici.
La soluzione però di ogni problema è dietro l'angolo ed è fornita, ovviamente, dai cinesi stessi: basta arrangiarsi, informarsi e trovare le contromisure. Per evitare i gangli censori del Grande Firewall cinese, basta utilizzare alcuni indirizzi che molte comunità di smanettoni cinesi mettono a disposizione di chi voglia navigare liberamente. Ogni tanto qualche sito viene rasato come si dice in gergo, ovvero abbattuto e chiuso con una scusa qualunque. Il web cinese però - che ha da poco strappato a quello statunitense il primato per il numero di internauti - ha in serbo ancora parecchie soluzioni. Basta cercarle.

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