CULTURA & VISIONI

Le pentole? Raccontano il mondo globalizzato

arte in India INTERVISTA
DI GENOVA ARIANNA,

Le sue opere sono riconoscibili anche da lontano. Enormi sculture scintillanti costruite con pentole incastrate una nell'altra con cura maniacale. E proprio un suo cranio gigantesco ha ammonito tutti i visitatori della Biennale di Venezia lo scorso anno, accogliendoli sconcertati all'entrata di Palazzo Grassi. Lui, Subodh Gupta, è stato definito dal Guardian il «Damien Hirst di Dehli». I suoi ready-made, fra l'ironico e il rituale, sono una sorta di oggetti-manifesto della globalizzazione che «invade» silenziosamente anche il suo paese, pachidermico continente pronto alla rivoluzione del capitalismo affrettato. Gupta sceglie di rappresentare la corsa alla modernità attraverso mestoli, padelle e mega utensili da cucina.
La galleria Continua di san Gimignano (fino al 30 agosto) presenta una serie di nuovi lavori dell'artista, natali nel Bihar, una delle regioni più povere dell'India, radici oggi a New Delhi. Cascate di pentole, giare in equilibrio precario che rimandano ad antiche leggende, vecchie cineprese in disuso che qui ridiventano «personaggi», ombre di guerrieri e di eroi di un tempo. I suoi monumenti in acciaio inox gettano un ponte fra le tradizioni del passato e il futuro prossimo di una generazioni di intellettuali cosmopoliti. L'assemblaggio ossessivo che domina le sue installazioni non è altro che la fotografia di un mondo che sta abbandonando le abitudini arcaiche e rurali per volgersi verso il luccichìo delle metropoli.
Come mai privilegia come materiale pentole e padelle? Rappresentano una metafora del problema del cibo e della distribuzione dei beni che attanaglia la nostra epoca?
No, non è questo il motivo. Quegli utensili di acciaio inossidabile vengono utilizzati dalla maggior parte degli indiani. Fanno parte della loro vita quotidiana. Classi medie e classi alto-borghesi le usano per preparare il loro cibo. È un materiale che mi piace perché risplende ed è legato alla cultura popolare. Lo trovo denso di significati, ci lavoro da nove anni ormai.
Io sono nato in una famiglia indiana. La cucina è sempre un luogo molto importante della casa, come una stanza sacra con un'idea di purezza profondamente associata a quel posto. Si può iniziare la propria giornata mangiando in quei piatti in acciaio, entrando così anche in una dimensione rituale. Il cibo è essenziale per ogni essere umano; senza, ci si sente affamati e si può morire. In questo senso, potrei dire che i miei oggetti si riferiscono non soltanto a un'idea astratta, ma piuttosto a una esperienza vera, sono qualcosa che riguarda anche la mia storia passata.
A Venezia, lei espose un cranio enorme, come fosse «un memento mori». Lo considerava una specie di atto di consapevolezza collettiva?
L'arte ha una sua ragione di essere in se stessa. Quando le persone vengono colpite da una scultura monumentale, se l'opera ha un suo appeal, l'evento è sempre positivo. I visitatori possono non esprimere le loro emozioni né spiegare in che modo quell'opera d'arte abbia interagito con i loro sentimenti, ma hanno comunque avuto una reazione. È per questo che le mie sculture hanno una forza d'impatto. Ci tengo molto a questa prima impressione perché poi il pubblico va via portandosi dietro le sue reazioni, i pensieri.
L'India ha da poco celebrato i suoi sessant'anni dalla Liberazione. Immagina oggi un futuro interessante per il suo paese asiatico?
Le persone possono essere più o meno consapevoli degli obiettivi che si sta ponendo una realtà geopolitica come l'India. Ma tutti sono coscienti della sua crescita economica insieme agli altri paesi asiatici. Naturalmente, dietro l'impennata, si nascondono molti rischi. Diversi paesi a noi vicini sono in subbuglio da diversi anni ormai; sono stati con i quali l'India condivide i confini, o altri, come il medioriente. E quegli esiti non vanno ignorati.
Cosa pensa invece dell'arte contemporanea indiana? Sta vivendo una stagione d'oro, calamitando gli interessi di molte gallerie occidentali...
La storia dell'arte contemporanea indiana è molto recente; quindi, è inevitabile che diversi artisti asiatici guardino ai maestri europei e all'arte occidentale. Ciononostante, oggi, ognuno può imparare più velocemente. Quindi, l'arte indiana ha ancora molta strada da percorrere, ma i suoi autori hanno lavorato molto duramente e questo spiega come mai producano una gran quantità di opere interessanti e non siano rimasti troppo indietro.

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