POLITICA & SOCIETÀ

Giuseppe Casu: morto dopo sette giorni di contenzione

IL CASO
GIANNICHEDDA MARIA GRAZIA,CAGLIARI

Il 15 giugno 2006 era scoppiato l'ennesimo litigio tra Giuseppe Casu, 61 anni, ambulante di Quartu, nell'hinterland di Cagliari, e i vigili urbani, che lo inseguivano con multe che lui riteneva ingiuste. I vigili avevano chiamato il 118 e Casu era arrivato così, protestando le sue ragioni legato a una lettiga, nel Spdc del SS. Trinità, dove i medici, registrando il suo «stato di agitazione psicomotoria» e il rifiuto dei farmaci, avevano confermato il Tso, legandolo al letto e sedandolo. Sette giorni dopo, Casu era morto di tromboembolia all'arteria polmonare. Gli ispettori chiamati dalla Asl accerteranno che la contenzione era stata effettuata «per un periodo eccezionalmente lungo, ossia dalla data del ricovero a quella del decesso, senza soluzione di continuità», ovvero che Casu non era stato slegato neppure per i bisogni corporali. Segue un' inchiesta della magistratura sull'eventuale nesso causale tra il decesso di Casu e la contenzione protratta. La commissione incaricata delle verifiche anatomo-patologiche realizza però che i reperti anatomici ricevuti non sono quelli di Casu ma di un'altra persona, morta di tromboembolia dell'arteria polmonare ma a causa di un tumore. Gli inquirenti scoprono così che le parti del corpo di Casu sono scomparse dall'Istituto di Anatomia Patologica del SS. Trinità e aprono una seconda inchiesta che ipotizza, a carico di ignoti, il reato di frode processuale. A marzo di quest'anno la prima inchiesta si conclude con il rinvio a giudizio per omicidio colposo di Gianpaolo Turri, direttore del Spdc del SS. Trinità, e della psichiatra Maria Cantone. Cantone aveva lasciato il servizio, mentre Turri era rimasto al suo posto. All'atto del rinvio a giudizio, il direttore della Asl 8, Gino Gumirato, lo sospende dall'incarico. Immediatamente, le organizzazioni dei medici che nei mesi precedenti non erano intervenute nel dibattito che si era aperto, a partire dalla morte di Casu, sull'uso della contenzione e sui servizi di salute mentale, escono pubblicamente in modo durissimo. L'ordine dei medici di Cagliari e di Oristano, la sezione sarda della società italiana di psichiatria e alcune sigle sindacali, pubblicano a pagamento sul quotidiano regionale Unione Sarda una pagina a fondo nero contro la sospensione dello psichiatra «reo», si legge nel testo, «di essere non allineato con gli amministratori aziendali e regionali della sanità». Incredibilmente, non fanno parola del rinvio a giudizio né dei fatti che lo hanno preceduto. Il dibattito è tesissimo. Raimondo Ibba, presidente dell'ordine dei medici di Cagliari, si dichiara sconcertato dalla decisione di Gumirato poiché «solitamente le Asl si muovono solo per corruzione o truffa», e non ( purtroppo ) per le cattive pratiche a danno dei cittadini. Anche gli ordini dei medici di Sassari e Nuoro protestano, con un argomento paradossale: la Asl doveva intervenire prima del rinvio a giudizio in quanto la prassi di sospendere gli operatori imputati potrebbe bloccare i servizi sanitari, dove dunque le denuncie fioccano, senza che questo ponga domande agli ordini professionali. A fine maggio però tutti ammutoliscono di fronte al fatto che il primario dell'istituto di anatomia patologica, Antonio Maccioni, viene messo agli arresti domiciliari con accuse gravissime (concorso in distruzione di parti di cadavere, favoreggiamento personale, frode processuale e falso in atti pubblici ) nel corso dell'inchiesta sulla scomparsa dei reperti anatomici di Casu. Gli arresti sono stati revocati ma l'inchiesta è tutt'ora aperta. Il processo che vede imputato Turri, dopo una prima udienza, è stato rinviato a novembre.

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