CULTURA & VISIONI

Anomalie italiane sui crimini di guerra

STORIA
COLLOTTI ENZO,

LIBRI: CRIMINALI DI GUERRA IN LIBERTÀ. UN ACCORDO SEGRETO TRA ITALIA E GERMANIA FEDERALE, 1949-55 DI FILIPPO FOCARDI, CAROCCI, PAGINE 170, EURO 18,20

Tra gli storici di una più giovane generazione dai quali ci attendiamo un rinnovamento della storiografia sull'Italia repubblicana, Filippo Focardi è lo studioso che ha indagato con maggiore profondità e perizia il tema della punizione dei crimini di guerra, sia per quanto riguarda quelli commessi dai tedeschi in Italia sia, soprattutto, per quanto concerne quelli commessi da italiani in territori d'occupazione durante il secondo conflitto mondiale e segnatamente nell'area balcanica. Non si tratta di un tema di interesse secondario: incrociando storia politica e storia giudiziaria in un intreccio complesso di storia interna e di contesto internazionale, essa finisce per porsi come un passaggio obbligato e un punto d'osservazione di ineludibile interesse a proposito degli sviluppi di realizzato o mancato processo al passato posti in essere nei due diversi contesti statuali all'atto della ripartenza dopo il fascismo e dopo il nazismo.
A prescindere dalla questione dell'impunità dei criminali italiani, in un importante e stringato volume, che esce con prefazione di Lutz Klinkhamer, Focardi illustra con meticolosa fedeltà alle fonti la vicenda dei Criminali di guerra in libertà. Un accordo segreto tra Italia e Germania federale, 1949-55. Come si vede un titolo forte, che non vuole calcare le tinte di una storia ad effetto ma che fotografa i risultati di un'attenta esplorazione dei documenti, prevalentemente ma non esclusivamente dell'archivio del ministro degli Esteri. Muovendo da un episodio relativamente minore, la condanna comminata dal tribunale militare di Roma nell'ottobre del 1948 a nove militari della Wehrmacht, compreso il generale Otto Wagener, per maltrattamenti inflitti a prigionieri e civili italiani dopo l'8 settembre del 1943 nell'isola di Rodi (di qui la designazione collettiva del cosiddetto «gruppo di Rodi»), la ricerca finisce per assumere - per l'impegno profuso, nella vicenda che condusse alla liberazione dei condannati, da tutti i protagonisti delle due parti - un carattere emblematico e la valenza di modalità di comportamento non limitate al singolo caso ma generalizzabili in assoluto.
Senza potere ripercorrere tutti i passaggi della vicenda così bene documentata da Focardi, mi pare opportuno che si tenga conto, per comprenderne il senso e valutarne l'interesse storico-politico, di almeno due aspetti che ne sottolineano la particolarità. Il primo, quello del contesto internazionale che fa da sfondo ai fatti, è un dato generale dell'epoca; il secondo, la cosiddetta anomalia italiana che è il vero filo conduttore del libro, è il nucleo fattuale e interpretativo nel quale si esprimono sinteticamente le caratteristiche del caso italiano. Partiamo da quest'ultimo. Il primo dato che sottolinea l'anomalia italiana nel quadro dell'esperienza europea è l'esiguità dei processi celebrati in Italia al confronto con il numero delle istruttorie avviate soprattutto in rapporto a quanto era avvenuto in altri paesi europei. A prescindere dalla Francia, che aveva usato un particolare rigore punitivo, Focardi ha buon gioco a ricordare che in Italia non furono processati più di 26 responsabili di crimini, a fronte dei 77 processi celebrati in Danimarca, dei 91 criminali di guerra processati in Belgio, dei 231 processati in Olanda. La prima causa dell'anomalia sottolineata va rinvenuta nella solo parziale abilitazione del governo italiano a giudicare i crimini tedeschi, che discendeva dalle condizioni stesse dell'armistizio che riservavano agli alleati anglo-americani buona parte delle competenze in materia. Si spiegano così i pochi grandi processi - contro von Mackensen, Kappler, Kesselring o Simon - celebrati dagli alleati prima della svolta della loro politica collocabile tra 1947-1948, senza che per altro il governo italiano traesse profitto dalla modifica della politica alleata. Ma le altre componenti dell'anomalia sono o tutte interne alla politica italiana o in stretto rapporto tra quest'ultima e l'incipiente sviluppo delle relazioni con la Germania federale nella fase del suo decollo.
Senza mezzi termini Focardi chiama in causa «la reticenza del governo italiano a scatenare un'ondata di processi contro i criminali tedeschi per non legittimare con ciò le richieste di criminali di guerra italiani mosse da paesi aggrediti dall'Italia fascista, in particolare dalla Jugoslavia». E su questa questione, che Focardi ha avuto il merito di chiarire in collaborazione con Klinkhammer fra l'altro in un saggio del luglio del 2001 nella rivista «Contemporanea», l'atteggiamento a dir poco reticente o ambiguo del governo italiano ricevette ulteriore incoraggiamento dalle pressioni per la liberazione dei criminali tedeschi attivate fin dai suoi esordi dal governo Adenauer. Il nucleo centrale del libro è costituito infatti dalla ricostruzione dei passi compiuti da emissari della neonata repubblica federale con il concorso di intermediari tanto informali quanto autorevoli (basti citare per tutti il chiacchieratissimo austriaco filonazista monsignor Hudal, ancora in autorevole posizione alla corte di Pio XII, che confermano le complicità di ambienti curiali e vaticani nel promuovere e fiancheggiare una politica assolutoria di crimini nazisti. Nel novembre del 1950 la missione a Roma del deputato della Cdu Heinrich Hofler, direttore della Caritas tedesca e confidente di Adenauer, sbloccò una situazione che stava particolarmente a cuore ad Adenauer interessato ad accrescere intorno a sé il consenso degli ex nazisti e deciso ad alzare il prezzo della collaborazione tedesco-occidentale alla politica antisovietica del blocco occidentale.
Abbiamo evocato in questo modo il contesto della situazione internazionale ormai nel pieno della guerra fredda che, preludendo fra l'altro al riarmo tedesco, presupponeva anche l'affievolimento di ogni ostacolo che potesse impedire una piena integrazione della repubblica federale nel sistema occidentale. Il sodalizio De Gasperi-Adenauer e l'alleanza tra i partiti democratico cristiani completano il quadro del contesto nel quale l'Italia aderì senza riserva alcuna alla richiesta di liberare i prigionieri tedeschi. L'Italia - nota Focardi - non chiese alcuna contropartita, per ragioni che rimangono tuttora senza risposta, poiché non ci pare sufficiente ricorrere a una sorta di vocazione alla subalternità del nostro paese. Lo spazio ci impedisce di soffermarci sulle modalità di segretezza con le quali le autorità italiane procedettero allora alla consegna dei condannati ai tedeschi. Un dettaglio che tuttavia, se attesta la consapevolezza che il governo italiano ebbe di non dovere sfidare un'opinione pubblica presumibilmente ostile, lascia aperto però il problema, se si pensa al clamore che suscitò nel 1977 la fuga di Kappler, come fu possibile che nulla trapelasse alla stampa antifascista allora ancora sensibile alle risonanze di crimini che risalivano a meno di dieci anni prima. Unica diga contro l'inesorabilità della «ragion di stato».

Supporta il manifesto e l'informazione indipendente

Il manifesto, nato come rivista nel 1969, è sinonimo di testata libera, indipendente e tagliente.
Logo archivio storico del manifesto
L'archivio storico del manifesto è un progetto del manifesto pubblicato gratis su Internet e aperto a tutti.
Vai al manifesto.it