CULTURA & VISIONI

Montréal, tra berimbao griot e pinne da mare

FESTIVAL
CORZANI VALERIO,MONTREAL

Le impetuose correnti del fiume San Lorenzo non si placano neppure d'estate. Il paesaggio del Québec è segnato dal suo fiume più maestoso, una specie di mare bonsai visitato da balene e foche, attraversato da ponti e traghetti, cadenzato da maree ostinate e da acque sia dolci che salate. Abbiamo disceso il San Lorenzo per seguire una corrente anomala, tutta musicale. L'estate, da queste parti, è caratterizzata da un nugolo di festival open air, la brevità della stagione calda provoca una specie di frenesia che porta gli operatori a sovrapporre festival su festival. Nella capitale, la Ville de Québec, c'era un motivo in più quest'anno per celebrare l'estate: la ricorrenza del quattrocentenario dalla fondazione della città. Per l'occasione si è approntato un carnet di rassegne e eventi da guinness. Carnet che comprendeva anche il Festival d'Été, forse il più rutilante dei suoi cartelloni musicali.
Tralasciando i megaconcerti di Celine Dion e Paul McCartney la rassegna, concentrata nei parchi e nelle piazze del centro città, proponeva anche occasioni sonore più marginali e succulente. In Place D'Youville ad esempio, dove si dava appuntamento la folta rappresentanza di musiche del mondo e dove abbiamo intercettato la strabiliante esibizione del brasiliano Cyro Baptista e dei suoi sei complici, ovvero Beat The Donkey. Baptista è un animale musicale onnivoro che ha trasformato questo combo a prevalenza percussiva in una sorta di «Mother of Inventions» della poliritmia. Il leader l'ha pilotata con allegria e coraggio. Facendo risuonare qualsiasi cosa (dal theremin al berimbao, dai tubi idraulici alle pinne da mare) e suonando di tutto, compresa una versione mirabolante di Immigration Song dei Led Zeppelin (dedicata al Dipartimento immigrazione degli Stati Uniti...), una citazione della Carmen di Bizet, la musica hawaiana e il samba. Il percussionista ha diretto l'ensemble dando l'impressione di sorridere ai suoni e di avere intorno a sé un manipolo di fenomenali canaglie. A dire il vero, lo sberleffo impudente ce l'avevano anche i Balcan Beat Box, arrivati subito dopo. E il loro mix di balcani, elettronica, rap e medioriente, suonava meno eversivo, ma efficace ed effervescente. Il giorno successivo è toccato spostarsi nella grande Plaine d'Abraham per certificare il passaggio di una star del calibro di Wyclef Jean. L'ex Fugees, arrivava in Québec sull'onda di un successo planetario e di un album come Carnival vol.II - Memories of an Immigrant che ha attestato una carriera sempre in bilico tra patina e impegno, ossessioni musicali caraibiche e hip hop, ricerca e mainstream. Il concerto a Québec City ha avuto lo stesso imprinting e la cosa migliore è stata il torrenziale brano finale con il rapper Akon che è salito sul palco per dividere con Wyclef l'onere dei ripetuti stage diving, e le due crew che si sono unite per intavolare una sarabanda ispirata al carnevale caraibico.
Risalito poi il fiume San Lorenzo per raggiungere Montréal, è stata la volta del Festival International Nuits d'Afrique. Diamanka è una sorta di griot della slam poetry che si è esibito nel Club Balattou in Boulevard st. Laurent, il centro propulsivo della crew organizzativa della rassegna.
Many Things è invece il titolo del primo album di Seun Kuty e molte cose ci sarebbero da dire sul concerto del delfino di Fela Anikulapo Kuti, celebrato la sera prima al Métropolis di Montréal. Il suo è stato un set fenomenale, lubricato da un combo che includeva tra le fila una buona parte degli Egypt 80, musicisti esperti che avevano già supportato le gesta del padre. Afro-beat senza tentennamenti e senza soste. Un effluvio ritmico che coniugava le sezioni fiati, i ritmi di legnetti e chekeré, lo stantuffo del basso e le movenze epilettiche di Seun. Poca rivisitazione in chiave rielaborativa, eccezion fatta per qualche finale sbrindellato e per riff di fiati più contorti rispetto a quelli proposti da Fela. Ma il segreto dell'afro-beat è che suona ancora attuale e moderno. Seun si può permettere di suonarlo senza rivisitarlo. A patto di metterci dentro ogni volta lo stesso fuoco che ha incendiato il Métropolis.

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