Leggendo La gabbia delle scimmie, noir di Victor Gischler (accasato come James Lee Burke in Louisiana) recentemente pubblicato da Meridiano Zero, il pensiero corre ad un piccolo gioiello del cinema americano: Chi ucciderà Charley Varrick? diretto da Don Siegel e uscito sugli schermi nel 1973. Non per particolari similitudini della storia ma per il ribaltamento del finale che scardina il meccanismo altrimenti consueto del genere.
Nel film di Siegel un rapinatore qualunque svaligia una banca di provincia solo per scoprire che si tratta di una delle basi di riciclaggio del denaro della mafia ritrovandosi in questo modo alle calcagna tanto i poliziotti quanto killer prezzolati. È noto il fatto che di un noir non si deve mai svelare il finale, ma nel caso de La gabbia delle scimmie il finale opera un vero e proprio tradimento del meccanismo narrativo che preside il noir.
Nel romanzo di Gischler un placido (se così può essere definito un killer) caposquadra dei tirapiedi di Stan, boss della mala di Orlando, Florida, preferisce stare nel bar che fa da sede alla squadra giocando a Monopoli piuttosto che andare ad eseguire i lavori commissionatigli, per quanto metta in essi tutto il proprio impegno ed una bravura certo non trascurabile. Il problema è che i boss di Miami vogliono scippare al boss di Orlando il suo giro d'affari ed organizzano un bel cambio della guardia eliminando tutte le sue forze in campo. Unico baluardo contro di loro si erge Charlie Swift, questo il nome del killer protagonista del romanzo. Non solo perché, abbastanza casualmente, si ritrova tra le mani una valigia con i documenti contabili del boss di Miami, assai appetiti sia da questo che dalle forze dell'Fbi, ma soprattutto per un inedito senso di lealtà che gli impedisce di abbandonare il vecchio capo anche quando capisce che egli non è più in grado di reggere il gioco. Proprio come il Charley Varrick interpretato da un superbo Walter Matthau, Charlie Swift non perde la testa ed organizza in maniera geniale non solo la vendetta contro chi ha tradito la «famiglia», ma anche una magistrale uscita di scena che gli permetta non solo di levarsi dai guai, ma di guadagnarci pure.
In questo modo, sia per il romanzo di Gischler, sia per il film di Siegel è mantenuto il mood del noir assieme al lieto fine. E questo accade grazie alla proposizione di un protagonista «cattivo» ma «simpatico», abile ed a suo modo sostenitore di principi che non appartengono agli altri malviventi ma neppure alle forze dell'ordine che pure dovrebbero rappresentarli. Grazie alla sotterranea (ma non troppo) vena d'humour con cui l'autore ed il regista riescono a stemperare anche i momenti più drammatici. Che, per altro, non mancano nel romanzo, ed anzi riesce quasi incredibile che La gabbia delle scimmie sia «solo» il romanzo d'esordio di Victor Gischler visto come l'oliatissima narrazione viaggia sicura ed avvincente sempre con l'occhio ai meccanismi hollywoodiani.
È dunque da vedersi in maniera estremamente positiva il fatto che una casa editrice come Meridiano Zero, attenta alle novità del panorama noir e dintorni, abbia deciso di acquisire i diritti di traduzione per questo autore, che potremo anche incontrare a dicembre durante la prossima edizione del Courmayeur Noir Infestival.
LA GABBIA DELLE SCIMMIE DI VICTOR GISCHLER, MERIDIANO ZERO, PP. 255, EURO 15