POLITICA & SOCIETÀ

Dal campo alle case Ora Alemanno li vuole sgomberare

LA STORIA
RUSSO SPENA GIACOMOROMA

Ha gli occhioni verdi. Espressivi. Emmanuel, sette anni tra poco, è nato in una baracca ma da 4 anni vive in una casa. Lì ha la sua dimensione. «Non voglio ritornare a vivere nelle roulotte», dice, ascoltando il suggerimento della mamma. Su di lui e la sua numerosa famiglia incombe però lo sgombero. Al posto della sua abitazione vogliono costruire l'impianto dei mondiali di nuoto 2009. Il sindaco di Roma Alemanno li vorrebbe mandare insieme agli altri rom al centro «d'accoglienza» di Castel Romano, un posto sovraffollato (ci vivono quasi mille persone) in condizioni igienico-sanitarie precarissime. Di nuovo in un campo. Ma loro non ne vogliono sentir parlare: «Non ci vogliamo muovere da qui». In una fase in cui si parla di censimenti, impronte digitali, di «vergognosa vivibilità» all'interno delle baraccopoli a Roma si vuole porre fine ad una esperienza di rilancio sociale e di inserimento di 44 persone, tra cui 23 minori.
La famiglia Ciznic (così si chiama), del ceppo rom Khorakhanè, arriva dalla Bosnia a Milano attorno alla metà degli anni '60 e poi da lì «veniamo cacciati» in varie città: Genova, Bolzano, e, infine, Roma. Nella capitale vanno a stanziarsi nel '88 al campo nomadi di Vicolo Savini, vicino Ponte Marconi. «Abbiamo passato anni terribili - riferisce Vezna - Vivevamo in baracche in cui pioveva dentro e senza servizi». «C'era un bagno, ogni cento persone. E ogni tanto mancava anche l'acqua», aggiunge Bruce. Numerosi gli incendi generati da piccole stufe usate alla «buona»: alcune persone, tra cui minori, ci rimettono anche la vita. «Anche la nostra baracca ha preso fuoco, per fortuna non c'era nessuno di noi dentro», esclamano. Quell'episodio fa scattare una molla. La voglia di andar via da lì e di riqualificare uno stabile, di proprietà comunale, abbandonato da decenni, nei pressi del campo.
Nel 2004 lo occupano e lo ristrutturano. «Ci siamo venduti la casa che avevamo in Bosnia», spiega l'anziana mamma per investire tutto sui lavori di bonifica. Verranno a costare più di 100 mila euro. Iniziano a pagare regolarmente al comune le indennità relative all'occupazione (104 euro al mese). «Lo abbiamo fatto per i nostri figli - afferma Sacir, alias Zorro - il nostro futuro è in questo paese. Ci sentiamo cittadini italiani». Tutta la famiglia è regolare, qualcuno ha anche richiesto la cittadinanza. C'è chi fa il commesso, chi lavora in sartoria, chi ha un'associazione di musica tradizionale rom. E i bambini? «Prima quando stavamo al campo quasi nessuno andavano a scuola», ricorda Zorro. Ora, invece, «sono tutti scolarizzati». E adesso lo sgombero richiesto dal Commissario Straordinario per i Mondiali di nuoto 2009, col nulla osta di Alemanno. «È necessario salvaguardare questa esperienza di autorecupero», dichiara il consigliere provinciale dell'Arcobaleno Peciola che si sta occupando della vicenda. «D'altra parte - continua - la stessa delibera 110 prevede il recupero di edifici dimessi e il cambio di destinazione d'uso». Così la comunità rom ha chiesto un incontro urgente al Comune per fermare l'ordinanza di sgombero. Ma se non ci fossero, come possibile, i margini di trattative, «accettiamo solo il passaggio da casa a casa - afferma Vezna - non vogliamo ritornare nei campi». Come darle torto.

Supporta il manifesto e l'informazione indipendente

Il manifesto, nato come rivista nel 1969, è sinonimo di testata libera, indipendente e tagliente.
Logo archivio storico del manifesto
L'archivio storico del manifesto è un progetto del manifesto pubblicato gratis su Internet e aperto a tutti.
Vai al manifesto.it