CONTROPIANO

Immondizia in autogestione

VIALE GUIDO,

Per certi versi è un po' come l'occupazione delle fabbriche del 1921; ma i tempi sono cambiati e nessun giornale o telegiornale ha riportato la notizia. Da più di quindici giorni in Campania gli operai dei sette «Cdr» fanno marciare gli impianti «da soli». I direttori degli stabilimenti sono stati tutti arrestati nell'ambito della retata che ha messo in galera i vertici della Protezione civile; poi sono stati rilasciati (hanno dimostrato di aver avvertito per tempo l'ex commissario straordinario, ora sottosegretario, della pessima qualità dei materiali che uscivano dagli impianti); ma sono stati diffidati dal riprendere il loro posto. Il Genio militare, che il governo ha incaricato di sostituirli, non è ancora subentrato. Ma quando lo farà, non servirà a molto: l'Esercito non ha knowhow in questo campo e i suoi ufficiali ci metteranno un po' prima di acquisire una competenza anche solo paragonabile a quella degli operai che ci lavorano da anni.
Nel frattempo i «Cdr» hanno funzionato come sfogo per la monnezza raccolta sulle strada (l'esportazione in Germania non basta), prevenendo l'accumulo di decine di migliaia di tonnellate in più. Per garantire questa funzione di pubblica utilità, il 13 giugno i sindacati hanno persino revocato uno sciopero indetto per protestare contro lo smantellamento degli impianti previsto dal decreto governativo sull'emergenza rifiuti in Campania del 23 maggio scorso. Il decreto prescrive infatti che i «Cdr» campani vengano chiusi, messi in vendita e - eventualmente - riutilizzati dai nuovi compratori come impianti di compostaggio, riattivando cioè solo la linea di stabilizzazione della frazione organica e dismettendo quella di trattamento della frazione secca. Il che comporterebbe il licenziamento della metà, e anche più, delle maestranze in forza negli impianti, e la possibilità per gli altri di riprendere il lavoro solo se gli impianti troveranno dei compratori. La lotta degli operai dei «Cdr» va sostenuta, anche perché sul loro destino si gioca una partita più grande.
In merito, gli indirizzi enunciati dalla Regione Campania e illustrati a suo tempo dal nuovo assessore all'Ambiente Walter Ganapini, sono quelli di un'urgente riabilitazione e adeguamento (revamping) di questi impianti, attualmente fermi o malfunzionanti non per fondamentali difetti di progettazione e costruzione (come è invece il caso dell'inceneritore di Acerra), ma perché inspiegabilmente sigillati senza essere mai entrati in produzione (è il caso dell'impianto di Tufino); oppure, perché intasati da cumuli ancora non lavorati di Fos (Frazione organica stabilizzata: è il materiale che si ricava dal trattamento della parte organica del rifiuto urbano indifferenziato: destinata, se il ciclo di lavorazione viene completato, alla copertura di discariche o a bonifiche ambientali); oppure ancora, e per lo più, perché fatti funzionare per anni al di sopra delle loro capacità, senza preoccuparsi di separare correttamente la frazione organica putrescibile e mescolando al tutto anche rifiuti radioattivi e rifiuti tossici introdotti surrettiziamente dalla camorra, insaccando il tutto in milioni di ecoballe che attendono il fuoco purificatore dell'inceneritore di Acerra; con il beneficio delle generosissime tariffe incentivanti per l'energia elettrica prodotta (Cip6), erogati a spese delle energie rinnovabili e delle bollette elettriche pagate da tutti noi.
Il revamping dei «Cdr» - per il quale l'assessore Ganapini, dopo un'ispezione tecnica agli impianti, aveva stimato un costo complessivo di 3-5 milioni di euro e pochi mesi per essere completato - permetterebbe di avviare immediatamente la frazione secca combustibile (plastica, carta e stracci, e non quell'ammasso di rifiuto indifferenziato e triturato di cui sono fatte le ecoballe) a impianti in grado di utilizzarli come combustibile addizionale, perché già dotati degli apparati di abbattimento delle emissioni che ne verrebbero generate: cementifici o centrali elettriche alimentate a carbone; oppure a uno stabilimento di arricchimento con l'addizione di pneumatici fuori uso: trattamento per il quale la Pirelli dispone già di un impianto in provincia di Cuneo, che intende potenziare. Trattative per attivare questi sbocchi sono state avviate da tempo. Quanto alla Fos, una volta completato il trattamento e depurata da materiali estranei, può essere utilizzata con effetti benefici (assorbe la diossina presente nel suolo) nella bonifica di terreni agricoli compromessi e non utilizzabili per diversi anni in colture alimentari. Da mandare in discarica resterebbe in tal caso solo il «sottovaglio», cioè lo scarto di lavorazione (cocci, cicche, frammenti di plastica e vetro, polveri, ceneri, ecc.). Infine, un potenziamento delle linee di lavorazione della frazione «secca», con operazioni sia meccaniche che manuali, potrebbe portare a un recupero quasi completo dei materiali contenuti. Impianti del genere (detti Mbt) sono già in funzione in diversi paesi; in Italia una performance di eccellenza, con il recupero integrale di tutto il rifiuto conferito, è stato raggiunta in un impianto di Vedelago (Tv). Il costo complessivo di interventi del genere è una frazione di quello di un inceneritore di capacità equivalente, e non ha bisogno di incentivi Cip6. La capacità di trattamento dei sette «Cdr» campani è comunque già oggi sufficiente ad assorbire tutta la produzione di rifiuti urbani della regione.
Ma non ce ne sarà bisogno. Il decreto governativo del 23 maggio prescrive di portare la raccolta differenziata al 50% entro il 2010 (e al 25% entro il 2008). Complessivamente sono 3-3.500 tonnellate di rifiuti urbani al giorno che verranno recuperati dai consorzi aderenti al Conai (Conosorzio nazionale imballaggi) in impianti già esistenti o in programma e in impianti di compostaggio che la regione Campania si accinge a finanziare e di cui sono in corso identificazione, dimensionamento e localizzazione. Se questi ambiziosi obiettivi verranno raggiunti, o anche solo avvicinati, sarà grazie alla riorganizzazione del servizio promosso dalla regione attraverso la creazione di nuove società che sostituiranno i consorzi inefficienti, e non certo grazie agli «angeli della monnezza» reclutati in via estemporanea dalla Protezione Civile. L'altra metà dei rifiuti campani (altre 3-3.500 tonnellate al giorno) viene destinata dal decreto del governo a finire direttamente nei quattro inceneritori previsti (quando ci saranno), saltando il passaggio nei «Cdr» e, in attesa che gli inceneritori vengano realizzati e attivati, nelle 10 discariche presidiate dall'esercito. Ma la capacità prevista per i quattro inceneritori è il doppio del rifiuto residuo destinato a combustione. Se poi i «Cdr» verranno riabilitati, ci sarà un eccesso di capacità di incenerimento ancora maggiore: il governo intende utilizzarlo per bruciare le ecoballe già prodotte e altri rifiuti tossici estratti dalle zone di bonifica (materiali che richiedono soluzioni e impianti di tutt'altro tipo); ma potranno venir inceneriti in Campania anche rifiuti provenienti da regioni che non godono degli incentivi Cip6. La popolazione della Campania non ne sarà molto contenta; l'Unione europea probabilmente neanche. Le misure per rimettere in sesto i «Cdr» prima che il piano di incenerimento si concretizzi è una corsa contro il tempo.

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