Variety pone un quesito nei confronti dell'uscita planetaria di Sex and the City di Michael King: riuscirà il pubblico femminile a cammellare al cinema anche quello maschile? Le quattro protagoniste che hanno creato il caso televisivo sono sempre loro: una in cerca di sesso (Samantha), una in cerca d'amore (Carrie), una dedita al lavoro (Miranda), l'altra serena in famiglia (Charlotte), tutte affascinate dallo shopping e dalla moda, impegnate a chiacchierarsi addosso e a fare gaffe dai risvolti comici, talvolta affettivamente disastrosi.
Dall'epoca del serial però qualcosa è cambiato. Le ragazze sono più grandicelle. Samantha ha puntato su Los Angeles dove vive con un fustacchione, ma soffre la monogamia, Carrie sembra avviata a buon fine matrimoniale con Big, Charlotte ha adottato una bimba orientale e si ritrova felicemente incinta, Miranda ha mollato il marito perché in fondo non vedeva l'ora, prendendo l'occasione di un'infedeltà occasionale. Così, come sempre, si ritrovano e si puntellano tra loro. E le battute non mancano, frizzanti, ammiccanti, caustiche, solo che i tempi dilatati del film hanno portato anche a momenti più «realistici» di depressioni e tristezze che nell'economia emozionale complessiva del racconto sono devastanti perché irreali nel contesto. La serie tv scorreva agile con la sua breve durata, qui invece siamo alle quasi due ore e mezzo, troppo per chi pensa che Manolo sia un torero, ma anche per le blahnik-dipendenti. Un po' di freschezza è data dall'assistente di Carrie che riesce a mettere ordine nella confusione mentale del suo capo. Da noi erano i baci perugina a dispensare pillole di saggezza affettiva sottoforma di bigliettini, laggiù sono i biscotti cinesi della fortuna, solo che quelle frasettine sembrano essere state scopiazzate e gonfiate con steroidi e botox, così suonano esagerate. Ci sono gli oh d'ammirazione per gli abiti da sposa che Carrie indossa per un servizio su Vogue, con citazione obbligatoria della griffe. Per dirla in lingua, c'è fashion, shopping, penthouse, storage, drink, wedding planner, molto «love» e solo qualche spruzzata di «sex» californiano, spiato da Samantha e questo è curioso perché il cinema avrebbe potuto consentire qualche trasgressione in più rispetto alla sola scoperta di Dante (inteso come il vicino latino) con tanto di oggetto del desiderio in controluce. Così come the City, New York, sembra servire solo come pretesto per l'affissione pubblicitaria, il Messico per i luoghi comuni della dissenteria e dei mariachi e Los Angeles come luogo dove si sta nella jacuzzi, ma in riva al mare. Qualcuno ha scritto che il film sembra essere il sogno di ogni ufficio marketing, tanto è funzionale allo sfruttamento dei marchi, quel che si tratta di capire è se tutto questo si trasformerà anche in sogno del pubblico, compreso chi non coglierà mai la differenza tra una borsa Chanel e una Vuitton.