PRIMA

Ronde a tappeto

VIALE GUIDO,

«Da qui ve ne dovete andare!», l'urlo delle ronde è risuonato ancora sabato scorso, a Milano. All'urlo si è accompagnata l'aggressione ai danni di un ragazzo e di Piero Rattazzo, titolare di un bar di porta Ticinese: un bar «storico», legato alle vicende del '68 e alla storia successiva di accoglienza e ospitalità del quartiere, tanto da essere insignito del premio Ambrogino. Lunedì 19 riportano la notizia nelle pagine milanesi sia «Repubblica» che il «Corriere della sera». «Repubblica» la riferisce in forma dubitativa, potrebbe trattarsi di un episodio di «ordinaria sbornia», si legge. Il «Corriere», per avvalorare questa versione, ha addirittura alterato la versione dei fatti fornita dallo stesso Rattazzo. Ma non di rissa tra ubriachi si è trattato, piuttosto di un'aggressione che una «ronda spontanea» di una decina di ventenni, mai visti prima nei bar della via - notorio ritrovo di giovani non inquadrati, e anche di spaccio - ha compiuto nei confronti di un ragazzo che stava orinando contro un muro (un gesto certamente poco encomiabile, ma che andrebbe scoraggiato con ben altri metodi). Dopo aver cercato di massacrarlo per strada, la ronda ha poi inseguito il ragazzo all'interno del bar, ha spaccato bottiglie e bicchieri per usarle come armi e completato l'aggressione colpendo anche Rattazzo e un cliente del bar. L'episodio è analogo a quello che a Verona ha portato alla morte di Nicola Tommasoli. Nemmeno là c'era l'intento di uccidere, ma «solo» di dare una lezione, come al bar Rattazzo. Qui il bollettino registra «solo» sfigurati (35 punti sulla guancia, più altre ferite e il viso tumefatto), questo sì, un caso fortuito. La notizia è di poco anteriore alle immagini compiacenti del Tg1 di lunedì sera che inquadrano a Roma un'altra ronda che tira per i capelli, maltratta e aggredisce tra gli sghignazzi un travestito. Per spingerlo poi in un'auto della polizia, che ha assistito inerte, mentre si sentono le sue grida: «non sono un animale!». Orrori della cronaca di questi tempi, errori di chi questa cronaca dovrebbe raccontarla.

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