SPORT

La favola degli S.S.Wanderers

Il fascino della Coppa d'Inghilterra in un romanzo di James Lloys Carr
PIERANNI SIMONE

Il quarto postulato di Mr Kossuth recita che «l'unica differenza tra professionisti e dilettanti consistere nel controllo di palla». Per questo il coach, un misto tra un Professor Scoglio d'oltre Manica, l'inventore della pallastrada di benniana memoria e il più autentico Vujadin Boskov (quello per intenderci che definì Gullit «forte come cervo uscito di foresta»), suggerisce: «ogni volta che è possibile, bisogna mantenere la palla a terra e scegliere terreni svantaggiosi per il gioco aereo». Così gli S.S. Wanderers scelgono il campo ideale, pieno di gobbe e parti scoscese ed arrivano a vincere la mitica Coppa d'Inghilterra. Una favola calcistica, (James Lloyd Carr, Come gli S.S. Wanderers vinsero la Coppa d'Inghilterra, Fazi, 16 €) un romanzo che è più la storia di un manipolo di uomini in una piccola provincia dell'entroterra inglese, che non una squadra di football. Anzi. Un cammino irto di vittorie fino alla finale, come fosse scontato e semplice corollario delle vicende umane dei protagonisti e della vita di una cittadina. Una squadra di provincia, un romanzo scritto negli anni 70, una storia impensabile e che si oppone al calcio business odierno, in cui non pare esserci più posto per eventi di questo genere.
Nonostante le vicende del Cardiff, squadra gallese di serie B che domani a Wembley giocherà la finale di Coppa d'Inghilterra contro il Portsmouth. O ancora la storia del Calais, impiegati e operai dilettanti che nel 2000 arrivarono in finale della Coppa di Francia e persero. Un sogno interrotto, sul più bello. Gli S.S. Wanderers vivono invece in un romanzo, oltre che nel mondo dei minatori di Steeple Sinderby e possono permettersi la vittoria finale. Basano la propria forza su un ex calciatore professionista, caduto in depressione e risollevato dalla partecipazione alla competizione calcistica più famosa del mondo, su altri dieci messi insieme un po' a caso, sull'amore di tutta la comunità e sulle teorie del mister ungherese profugo, Mister Kossuth. Quest'ultimo, invitato a studiare il calcio, avrebbe concluso la propria ricerca, in compagnia di una giovane ed avvenente moglie, stilando i sette postulati che garantiranno il successo finale alla compagine degli Wanderers. Non manca il presidente: Mr Fangfoss, due mogli, passione e odio per tutto ciò che è moderno e modernità. Raccontata attraverso cronache locali e le agiografiche vicissitudini del factotum della società, le vicende presidenziali, gli allontanamenti, i problemi di scarpe, i campi polverosi e la passione, tanta, si snodano in una capacità narrativa perfetta tra l'ironico e il commovente.
James Lloyd Carr è considerato uno dei più importanti scrittori del Novecento. La sua passione per il calcio lo portò, nel 1972, a tentare qualcosa che risulta poco praticato: un romanzo sul calcio. In Italia, insieme a Roberto Perrone e a Pippo Russo, è un esperimento che in pochi hanno provato. Troppo difficile, forse, tentare una cronaca romanzata di qualcosa che si prende così tanto sul serio. O forse troppo difficile, addirittura, immaginare che qualcosa di onirico trascenda una dura realtà come quella attuale del neo calcio. Come se la realtà fosse quella delle trasmissioni sportive e non, invece, la possibilità di sognare una squadra che, composta da minatori e atleti improvvisati, metta in scacco un intero sistema. E in grado di scomparire, proprio dopo il momento più bello, per tornare alla propria normalità, alla vita vera. Il commento del presidente dopo la vittoria, che sera, che sera e basta, il ritorno di Kossuth in Ungheria e i calciatori che tornano a lavorare. Perché giocare, va bene per un anno, mica per tutta la vita.

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