LETTERE

Il paese più vicino

l'opinione
GHEZZI ENRICO,

Temo che dovremmo benedire la perversione del porcellum (nella quale non si butta via niente perché non si prende niente). Legge generata dal paradosso del sondaggio, che modifica all'istante il proprio risultato oltre alla percezione di esso da parte di sondati e sondanti e sondaggisti. Che non farà vincere nessuno.
Ah, l'ossessione del vincere e del non perdere. E quella del poter fare, del voler «governare» infine. Modernizzare, sfoltire, razionalizzare, ringiovanire, velocizzare. Con una certa coerenza (anche se con qualche inversione temporale), l'attuale candidato del Partito democratico l'aveva detto: senza una riforma (anche costituzionale) che non garantisse al leader vincitore i poteri almeno di un sindaco nella propria città, sarebbe andato in Africa.
Il globalizzare per localizzare meglio, il localizzare per globalizzare alla perfezione, è comunque il credo e il dovere di chiunque si presenti oggi (con l'intento di vincere e governare) a elezioni «democratiche» in questo mondo. Con piccole sfumature (sempre importanti) il compito che dichiara qualunque candidato di qualunque parte è lo stesso. Alla fine, essere governato/i dalla chiara oscurità della situazione, nella quale il potere d'acquisto del capitale sta consumando e sfinendo il mondo tutto più volte acquistato e rivenduto all'istante, merce alla mercè del danaro nero.
Ogni appello al realismo, anche o specialmente a quello dello sviluppo che dovrebbe compatibilmente svilupparsi e «svilupparci» per distribuire nuovo benessere a tutti con maggior senso di giustizia, ci può giustamente insospettire. Esso fa ricorso in effetti al singolare ottimismo oscurantista (mal mascherato dalla parodia di illuminismo che è la pubblicità) che - senza particolari differenze politiche nei diversi schieramenti - stermina non solo l'opinione pubblica ma anche il semplice formarsi di singole opinioni e dichiarazioni di dubbio, sacrificando tutto a pure ideologie quali il «ricambio generazionale». Questo, solo questo (tremendamente sufficiente) è il motivo per cui si è intravisto da anni l'intelligente berlusconismo veltroniano.
Credo però che il punto non sia più qui. La mutazione è già accaduta, col piccolo corollario di ritenere che le persone e i paesi siano acquistabili e mobilitabili sventolando assegni.
Allora, ci si auguri pure di «vincere» (o in questo senso anche di (non) «perdere»), ma speriamo che nessuno vinca con non più di un solo voto o di un solo seggio di scarto, e che si apra una riflessione intensa non solo sulla forma di (ri)governo (peraltro già decenni fa arrivata nel paese democristiano a estenuazione e raffinatezza estreme), e sulle Tav o sui ponti sullo stretto, ma sui modi di inventare dibattere confliggere o confluire a proposito delle briciole di forme di vita futura che forse ancora ci attendono, e dell'alta o bassa velocità del nostro viaggiare. E sarebbe bello (oltre a convenire) tener presente la strana forma sotterranea che (indifferente a chi amministri il Belgio: bell'esempio di paese ahimé tutt'altro che anarchico ma da un anno tranquillamente spaccato e sprovvisto di un governo politicamente fondato) proprio in Europa per prima si è manifestata da millenni oltre ogni fatica e dolore nonostante governi e imperii e sterminii. La resistenza nella sconfitta , i valori del perdere e della minoranza e dell'inutile poetico, l'organizzarsi dei deboli dei perdenti degli ultimi, lo spettro della classe dei senza classe, il tramandarsi dell'intensità lacerante e tremenda dell'amore dei non amati.

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