INTERNAZIONALE

I pusillanimi del Cio, tolta la parola Tibet

Cina trionfante
PIERANNI SIMONE,

La Cina ha vinto: il comitato internazionale olimpico ha assicurato che la torcia non si fermerà, che passerà da Lhasa, mentre nel documento dei comitati olimpici nazionali è stato evitato ogni riferimento al Tibet, con una goffa marcia indietro e una correzione di bozze surreale. Un'accusa al Cio è arrivata da «Reporter senza Frontiere» che ha svelato l'esistenza di un memorandum del comitato internazionale, cinico e spietato per rispondere ad ogni eventuale crisi: una sorta di manuale di risposte e frasi fatte. Il tutto in linea con le reazioni delle autorità cinesi ad ogni problematica olimpica. Non a caso ieri, Jacques Rogge, il presidente del Cio, ha fatto visita al premier cinese, Wen Jabao: incontro positivo. Nessun cambiamento, nessuna modifica, nessun allarmismo. Va tutto bene. Una giustificazione è arrivata anche sull'uso delle forze paramilitari cinesi, di accompagnamento alla torcia: «un team del paese ospitante a difesa della fiaccola durante la staffetta c'è sempre stato. E' una cosa totalmente normale».
La Cina, dalla propria posizione di forza, rilancia e fa buon uso diplomatico del successo della giornata. Nella conferenza stampa con i giornalisti stranieri a Pechino, il presidente del governo della regione autonoma del Tibet, Qiangba Puncog, ha affermato che i monaci del tempio di Johkang, quelli che avevano incontrato i reporter stranieri, autorizzati il 27 marzo scorso a visitare Lhasa, non saranno puniti. «Sono ancora nel tempio di Johkang - ha assicurato - e vi rimarranno fino a quando non parteciperanno a nessuna attività illegale, aggressioni, distruzioni, furti e incendi». Lo stesso Puncog ha poi precisato la versione cinese dei fatti tibetani: le proteste all'estero per il trattamento dei monaci e per la situazione dei diritti umani in Cina sono condotte «da un pugno di individui» seguaci della «cricca del Dalai Lama». E ha aggiunto che «la maggioranza del popolo tibetano è orgogliosa delle Olimpiadi di Pechino e sarà felice di accogliere la fiaccola». In Cina la versione locale avanza e consuma tappe importanti: il sito anti Cnn, accusata di avere dato un'immagine distorta degli scontri in Tibet, ha milioni di accesso, mentre l'instant book sui fatti tibetani è già in distribuzione: si intitola Lies and Truth, ed è la verità cinese su quanto accaduto in Tibet.
Il capolavoro della giornata è però il documento dei 205 comitati olimpici nazionali, che oggi sarà presentato all'esecutivo del comitato olimpico internazionale: nella prima bozza si era scritto circa «l'auspicio che il governo della Repubblica popolare cinese possa individuare, attraverso il dialogo e la comprensione, una soluzione giusta e ragionevole al conflitto interno che affligge la regione del Tibet». Bocciata, nonostante le proteste degli europei: meglio non usare la parola «Tibet». Ed ecco la seconda versione, in cui si auspica una «soluzione giusta e ragionevole ai conflitti interni, a beneficio dei Giochi e degli atleti». Chapeau, si fa per dire.
Anche in Italia ci si interroga sugli eventi, tra i favorevoli al boicottaggio e i fautori di altre soluzioni. Sara Simeoni lancia la sua personale forma di protesta: «fare le Olimpiadi e non accendere il braciere». Antonio Rossi, due volte campione olimpico di canoa, che a Pechino si avvia a disputare la sua quinta Olimpiade: «non penso che sia giusto boicottare i Giochi. Un segnale forte potrebbe invece arrivare dai capi di Stato se disertassero la cerimonia di apertura».

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