VISIONI

El Medioni, sogni d'oriente

CORZANI VALERIOMarsiglia

Quando Maurice El Medioni si è seduto davanti al suo pianoforte il pubblico del Babel Med ha trattenuto il fiato, e con lui tutta Marsiglia. El Medioni aveva appena ricordato la scomparsa di Lili Boniche, il crooner della casbah, avvenuta a Parigi solo qualche giorno prima. Boniche è stato un compagno d'armi di El Medioni, insieme avevano movimentato la scena della Orano degli anni cinquanta e poi sempre insieme, da ebrei-arabi, avevano dovuto lasciare l'Algeria per la Francia, perchè il loro status li aveva fatti diventare degli ospiti scomodi in una nazione che aveva trovato insieme all'indipendenza anche qualche insopportabile rigurgito di intolleranza fondamentalista. Boniche aveva ottantotto anni, El Medioni ne ha ottanta tondi tondi. Sentirlo suonare continua ad essere un'esperienza prodigiosa. Quando ha iniziato il concerto al Babel Med, in un'atmosfera di grande attesa, per un attimo è sembrato deludere le attese. Qualche problema di bilanciamento acustico, qualche debolezza nell'intonazione (lui è sempre stato un grande pianista che si è concesso il canto solo per necessità), qualche esuberanza di troppo dei suoi partner di fiducia (un batterista e una derbouka). Poi però ha ingranato la quarta. Che nel suo caso vuol dire mettere le ali al suo piano oriental. Un mix di raï, rumba, mambo, musica arabo-andalusa, boogie woogie. Un mix che si declina al meglio nel suono un po' finto del piano-tastiera coi tasti bilanciati. Quel che sarebbe una penalità in qualsiasi altro caso, diventa nella mistura di El Medioni un bonus di efficacia e prorompente afflato ritmico. Da quel momento El Medioni ha innaffiato la platea con la sua musica inconfondibile e con il suo stile pianistico di intatta modernità improvvisativa. Al suo fianco è poi arrivato anche un giovane cantante, Lior Elmhalihe, solista dell'Israel Andalusian Orchestra. L'accordo tra i due è subito scattato sulla base di fertili terreni musicali comuni e di un atteggiamento di grande reverenza di Elmhalihe nei confronti del «Ruben Gonzales del Maghreb», come qualcuno definisce El Medioni.
Non è stato l'unico omaggio ad un monumento cittadino quello che il Babel Med ha riservato a El Medioni. La sera precedente infatti, sullo stesso palco aveva suonato un grande maestro del duduk armeno. Il piccolo oboe in legno di albicocco ha infatti in Levon Minassian il suo più grande interprete vivente insieme a Djavan Gasparyan. E non deve essere un caso se anche la storia di questo grande musicista capace di passare da un set tradizionale a un concerto di Aznavour, a una session per Sting, abbia a che fare con una diaspora, in questo caso quella armena, e con una cittadinanza, quella marsigliese, che ha accolto la sua famiglia e lo ha musicalmente svezzato.
«Il fatto che a Marsiglia abbiano scelto di vivere musicisti come Levon Minassian e Maurice El Medioni - ci ricorda Sami Sadak, codirettore artistico del Babel Med - è una delle caratteristiche che fanno di questa metropoli una candidata ideale per accogliere kermesse come questa. Il loro senso di appartenenza a Marsiglia è un lasciapassare ispirativo per noi che cerchiamo di proporre alla città questi stati generali della world music e questi sguardi sui mondi sonori del mediterraneo e oltre».
Cosa sia questa kermesse gli operatori del settore hanno cominciato a capirlo sempre meglio, da quattro anni a questa parte. Un appuntamento fissato agli antipodi del Womex dal punto di vista stagionale, che mette in scena un tornito cartellone concertistico (trenta in tre giorni), una sezione fieristica sempre più piena di operatori e un corredo di tavole rotonde, proiezioni, premi, presentazioni. La sezione «incontri e dibattiti» pur soffrendo di una metodica prevalenza di tematiche legate alla cultura francofona e alla situazione dell'industria musicale e mediatica transalpina, finisce sempre per regalare spunti e riflessioni interessanti. Di grande suggestione l'incontro sulla vita notturna di Tangeri, a cui andavano accoppiate una conferenza pomeridiana sulle culture del Mediterraneo e la visione serale di un documentario di Dominique Caubet, Casanyda, sulla movida marocchina. La città di Marsiglia aspetta il Babel Med anche per far visita ai suoi Docks e ascoltare concerti di world music selezionati da esperti del settore. La sera, questa zona del porto che ancora mostra timbrata sulla sua fotografia urbana il cartello di «lavori in corso», diventa la meta di migliaia di marsigliesi che hanno per un weekend primaverile l'opportunità di bissare il clima di party multiculturale che già la Fiesta du Suds gli regala in settembre. Il pubblico bisogna dire, ha recepito con grande entusiasmo e molta predisposizione le proposte del festival. Alcune delle quali meritavano in effetti un afflato così pregiudizialmente positivo, altre erano state appositamente pensate per il largo pubblico, altre ancora hanno approfittato dell'atmosfera ecumenica per affrancarsi da una più severa accoglienza. Convincenti e trascinanti si sono rivelati i vocalizzi armolodici della cinese Gong Linna capace di rinnovare la tradizione ancestrale del «Qi» e di proiettarla senza remore nel terzo millennio; suggestive le invenzioni etno-jazz del trombettista di origine libanese Ibrahim Maalouf che ha suonato la tromba a quarti di tono inventata da suo padre negli anni sessanta; trascinanti i vortici sonori della pizzica dei salentini Officina Zoè; appropriati, per rigore e rispetto della matrice, sia il maestro israeliano del Ney, Amir Shahsar, sia la messa in scena poliritmica della cultura de La Reunion incarnata dai Maloya All Stars, sia infine le onde elettrificate della musica tradizionale del Niger veicolate da un credibile combo di ambasciatori come Mamar Kassey. Alla categoria degli «specchi per allodole» va invece associato il nome di Asa. Una singer soul-pop nigeriana che alla stregua della sua connazionale Ayo, usa la matrice etnica (ovvero qualche testo in yoruba) come piccolo, piccolissimo pretesto. La gente era estasiata perchè Asa canta come Tracy Chapman e propone un soul alla Lauryn Hill, ma il cuore musicale del Babel Med viene incarnato da ben altri progetti. Di certo gli addetti ai lavori hanno trovato spunti più interessanti da set di talenti misconosciuti quali il senegalese Amadou Balde, il rapper maliano Mo Dj, l'azero Zabit Nabizade.

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