«Non so quando finiremo, ma dubito che ne verrà fuori qualcosa di buono». È il commento amaro di Marinella Meschieri, segretario nazionale Filcams Cgil, dopo l'ultimo round di trattative con Confcommercio per il rinnovo del contratto nazionale. Intanto nella tarda serata di martedì il tavolo è stato sospeso, e confermato lo sciopero di oggi. Il contratto è scaduto da ben 15 mesi senza che le parti siano riuscite a trovare un accordo sull'aumento salariale, l'orario e la flessibilità del lavoro, il pagamento della malattia e un'altra mezza dozzina di punti. Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltus hanno dunque deciso lo stop nazionale.
Secondo i rappresentanti sindacali l'intenzione dei commercianti è molto chiara. Oltre al nodo ancora non risolto dell'aumento, 55 euro nel biennio offerti dai commercianti contro i 78 chiesti dai lavoratori, è quella di voler «bypassare» la contrattazione di secondo livello, per arrivare direttamente al singolo lavoratore. Il tentativo di Confcommercio è quello di introdurre la contrattazione individuale delle ore straordinarie e della flessibilità. Una mossa che i sindacati vedono come uno scavalcamento della loro funzione di rappresentanza e un tentativo di frammentare l'unità dei lavoratori (che ricorda il motto latino divide et impera: cioè dividi le forze dei tuoi avversari per dominarli meglio).
Indispensabile, inoltre, per i commercianti, la possibilità di deroga al riposo settimanale (per poter chiedere ai dipendenti di lavorare anche 14 giorni consecutivi) e a quello giornaliero (per ridurre le 11 ore di stop obbligatorio tra un turno e il successivo). Lo scontro è acceso anche sull'intenzione di accrescere l'utilizzo dei contratti a termine, sulla riduzione delle ore lavorative per i part-time, e al contemporaneo aumento di quelle degli apprendisti. I commercianti vorrebbero inoltre ridurre il pagamento dei primi tre giorni di malattia, a fronte di un aumento per quelli successivi. Tutte questioni ancora lontane dal risolversi.
Lo stop di oggi riguarda anche le catene Coop e Conad, e ieri le associazioni della distribuzione cooperativa hanno definito lo sciopero «immotivato e dannoso», «non revocato nonostante la nostra disponibilità ad accogliere molte richieste avanzate dai sindacati, e l'erogazione di un incremento di 50 euro mensili a partire da gennaio».
Particolare è il caso del comune di Rimini. Qui i lavoratori sciopereranno non solo oggi e non solo per il contratto nazionale. «Una delibera regionale garantisce il diritto al riposo nelle feste comandate - spiega Mauro Rossi, Filcams Rimini - quelle che sul calendario sono scritte in rosso. Salvo deroghe da concordare con i singoli comuni che hanno grande rilevanza turistica. Ma non c'è nessuna concordia, il comune di Rimini ci ha "concesso" solo tre delle 10 feste in questione: Natale, capodanno e il primo novembre». Rimangono fuori quindi tutte le feste non religiose come il 25 aprile, il primo maggio o il 2 giugno, ma anche Pasqua e ferragosto. L'iniziativa riminese comincia da Pasqua: «Dopo lo sciopero di venerdì noi ci fermeremo anche domenica e lunedì e in tutte le altre festività che il comune è deciso a negarci. È pazzesco - conclude Rossi - che siano cancellati dall'indisponibilità al lavoro il giorno della Liberazione o la festa dei lavoratori. E pensare che a Rimini la giunta è di centro-sinistra...».