POLITICA & SOCIETÀ

«In Italia gravi abusi, è urgente intervenire»

giustizia
RUSSO SPENA GIACOMORoma

 Giustizia grande assente dalla campagna elettorale, con le carceri che tornano a scoppiare di detenuti (l'effetto indulto è terminato) e leggi liberticide ancora in vigore, come la Bossi-Fini sull'immigrazione e la Fini-Giovanardi sulle droghe. Per non parlare della riforma del codice penale (in Italia vige ancora quello Rocco del '33) finita nel dimenticatoio e la questione della tortura, tornata in auge solo ora perché collegata a Bolzaneto: l'Italia non ha mai ratificato il protocollo opzionale dell'Onu contro la tortura che risale al 1984. L'associazione Antigone in un convegno dal titolo «Quale Giustizia?», ha espresso il disappunto su questa situazione, evidenziando 4 punti che «devono stare all'ordine del giorno del prossimo governo»: il diritto a una difesa equa e pubblica, la figura del garante dei detenuti, la cancellazione dell'aggravante per i recidivi e l'introduzione della tortura come reato. «Il sistema della giustizia si presenta fortemente discriminatorio - sostiene l'associazione - I non abbienti sono esclusi da ogni forma processuale: vanno riviste le figure del difensore d'ufficio e del gratuito patrocinio». Ma è soprattutto sul sistema sanzionatorio che si invoca un intervento urgente: le galere sono diventate un contenitore dell'emarginazione sociale. «Con la ex Cirielli sulla recidiva - denuncia Patrizio Gonnella - si giudica la storia socio-penale degli imputati piuttosto che le singole azioni compiute. E' necessario ritornare al diritto penale del fatto ponendolo in contrapposizione a quello del reo». La prigione è ora però non un luogo di reinserimento sociale ma un grande centro punitivo. Tante sono le denunce di Antigone sulle quotidiane violazioni subite dai detenuti: dall'abuso della custodia cautelare (definita «Una dolce tortura»), ai principi non rispettati della territorializzazione della pena per arrivare ai mancati orari di visita. «E' da anni che chiediamo il difensore civico - afferma Stefano Anastasia - per tutelare e promuovere i diritti dei detenuti».

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