POLITICA & SOCIETÀ

Muore fondatrice dei focolarini

Chiara Lubich
DE CILLIS MIMMO,

L'hanno definita «genio femminile al servizio del vangelo», «una delle grandi figure del cristianesimo moderno». Eppure Chiara Lubich, spentasi ieri all'età di 88 anni, era una donna semplice, riflessiva, perfino remissiva. Non una trascinatrice. Ma, grazie a una genuina intuizione, quella del «carisma dell'unità», ha saputo aprire una strada nell'esperienza della chiesa del '900, vivendo una dimensione molto moderna e lungimirante della fede. Mai integralista e ripiegata su di sè. Sempre aperta alle novità, pronta a dialogare con tutto e tutti: con l'economia e al contempo con le «chiese separate»; con i media e le altre religioni, con i giovani e con le famiglie, con la musica, con tutti gli aspetti della vita.
E' stato questo il suo segreto: in un periodo in cui la società e la stessa chiesa uscivano dalle rovine della guerra, la Lubich ha voluto piantare un seme di speranza. «Che tutti siano una cosa sola»: è il passo del vangelo (la preghiera di Cristo prima della passione) che è stato l'ispiratore dell'esperienza di comunità inventata dalla Lubich: il «focolare», da cui nascerà il movimento cattolico dei «focolari», che, in oltre 60 anni di vita, ha irresistibilmente attratto 140mila membri (fra i quali vescovi e cardinali) e più di 2 milioni di simpatizzanti in 182 paesi del mondo, divenendo una delle realtà più significative della chiesa cattolica contemporanea.
La Lubich è stata appoggiata da papa Wojtyla e ha guidato da un paesino dei castelli romani (Rocca di papa) un movimento che si è pian piano espanso. La chiave di lettura per il dialogo e l'accettazione del «diverso» è sempre stata quella non tanto intellettuale-teologica, quanto del veder di fronte a sè semplicemente altri esseri umani, persone.
Nella chiesa ratzingeriana di oggi la lezione della Lubich è un monito contro ogni integralismo e chiusura. I piccoli «focolari» (comunità di persone laiche consacrate) sono luoghi di familiarità, calore, condivisione. Un piccola rivoluzione dal basso per un'idea di chiesa, quella di Benedetto XVI, arroccata e assertiva. Certo la Lubich e i focolari non saranno mai dei contestatori. Ma, un po' come i francescani nel '200, sono certo la testimonianza che la fede cristiana può essere interpretata e vissuta con uno slancio e un'apertura quotidiana che si distacca dalla rigida chiesa istituzionale. Facendo scelte controcorrente. Una su tutte: quella della cosiddetta «economia di comunione», formando cioè imprese e cooperative (nel nord come nel Sud del mondo) che ripartiscono gli utili per un terzo nell'aiuto ai poveri, un terzo per creare nuovi lavoratori e imprenditori, un terzo per il benessere dell'azienda stessa. Una novità silenziosa, lontana dall'alta finanza vaticana. Ma, proprio per questo, più evangelica ed efficace.

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