CULTURA

Casa di Augusto, un campionario di pittura

Palatino da riscoprire
DI GENOVA ARIANNA,

Dentro la Domus di Augusto, appena riaperta al pubblico, si potrà entrare soltanto cinque alla volta. E nel cosiddetto «studiolo», dove probabilmente l'imperatore (futuro) si ritirava in raccoglimento, ci si potrà soltanto affacciare per ammirare le decorazioni raffinatissime. I colori degli affreschi vanno dal cinabro all'ocra, sono oggi molto brillanti e rimandano a una pittura parietale del secondo stile, che alcuni studiosi fanno risalire alla mano di un maestro greco. Le figure che vi appaiono sono state ricostruite minuziosamente nel corso di vent'anni di intensi lavori: archeologi e restauratori, quando la casa venne scoperta da Gianfilippo Carettoni negli anni Settanta, si trovarono davanti a un mosaico di minuscoli frammenti, un tappeto di pigmenti e intonaco caduti a terra. Il tesoro-puzzle era un vero rompicapo. È stata dura ma alla fine quattro ambienti sono stati recuperati e le stanze, in realtà piccole tanto da aver deluso le aspettative di alcuni turisti accorsi sul luogo («non ci aspettavamo che Augusto avesse un monolocale» ha confessato una coppia di visitatori della prima ora), in una manciata di mesi sono diventate il monumento simbolo della Roma antica sul Palatino. E nel 2009 la casa si allargherà: saranno ammesse passeggiate anche in altri ambienti, compreso quello delle Maschere.
Con la prossima riapertura (a fine anno) della Casa di Livia, moglie di Augusto - si stanno ultimando i lavori relativi alla salvaguardia degli affreschi, i dipinti del tablinium e dell'ala sinistra - si potrà gironzolare sul celebre colle, raccogliendo un prezioso campionario della pittura risalente all'età protoaugustea. La domus appena inaugurata, infatti, era con grande probabilità un'abitazione tardorepubblicana, edificata intorno al 36 a.C quando Augusto era giovane e non veniva ancora chiamato imperator. I pareri sono contrastanti ma l'ipotesi più plausibile sembra essere questa e, come afferma il soprintendente archeologico Angelo Bottini «già il fatto di poter discutere a quale periodo della vita di Augusto appartenesse la casa è un fatto eccezionale di per sé. Significa poter collegare la dimora a una persona concreta e, oltretutto, a una delle più conosciute al mondo». Se si escludono le pitture, la casa offre un'immagine di estrema sobrietà, le stanze sono collegate fra loro ma risultano tutte cieche, prive di finestre. L'ubicazione, invece, è degna di nota: Augusto ha voluto vivere il suo quotidiano lassù, camminando nei pressi del Lupercale, ovvero la grotta che riparò Romolo e Remo dalle intemperie e dove la lupa allattò i gemelli abbandonati (il sito è stato da poco riscoperto ma sulla sua attribuzione gli archeologi non sono concordi).
La casa di Augusto, secondo Bottini, ha comunque un pregio unico: oltre alla sua indiscutibile bellezza, appoggia in via indiretta un ritorno di fiamma verso l'archeologia romana («quest'ultima era stata assai penalizzata e da qualche decennio non godeva più del giusto risalto»». Il punto dolente resta sempre il medesimo: come poter fruire del ricco patrimonio di reperti e magnifiche «location» antiche? E la spina è la mancanza endemica di personale. «Bisognerà decidere quale strada percorrere - continua il soprintendente - Siamo a un bivio: o si aumenta il numero dei dipendenti oppure si approda a una gestione mista privato/stato con tutto ciò che comporta. Il problema rimane la gestione dei siti...».
In ballo, c'è ora anche un museo storico sulla Roma antica. La sede dovrebbe essere il palazzo di via dei Cerchi, in collaborazione fra stato e comune. Raccoglierebbe la storia della città, con strumenti multimediali e reperti, non tanto finalizzati ad un apprezzamento artistico quanto importanti per il loro valore documentario. La «palla» passa ora al prossimo governo poiché il museo è tutto da inventare.

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