LETTERE

Sinistra tedesca, un bell'esempio

l'editoriale
CASTELLINA LUCIANA,

«Yes, we can!». Se dalla Germania torniamo in Italia, meglio dire: «Yes, we could!», sì, potremmo. I risultati delle elezioni di domenica scorsa nella città-stato di Amburgo, analoghi a quelli di poco più di un mese fa nel vasto Land industriale dell'Assia, ci dicono che la sinistra può vincere in quanto sinistra e conquistare numeri che possono permetterle di governare. Se poi a quelli registrati nella grande Germania si aggiungono quelli della minuscola Cipro - dove viene eletto presidente (primo fra gli stati membri dell'Ue) un comunista doc capo di un partito che si chiama ancora come quando faceva parte della III Internazionale - si può ben dire che l'Italia sia collocata in un continente diverso. Qui infatti sembra che si possa vincere solo se si assomiglia agli americani che, come è noto, di partiti di sinistra, o almeno un po' di sinistra, non ne hanno mai avuti.
Bando all'euforia, per carità. Si tratta pur sempre di spostamenti ancora limitati e di partiti - la Spd e Die Linke - che non hanno ancora nemmeno deciso se vogliono governare assieme anche ad ovest. Ma il fatto che la presidenza federale del Partito socialdemocratico abbia concluso la sua riunione, convocata sull'onda del successo di Amburgo, dando ufficialmente via libera ai negoziati con il partito di Lafontaine e Gisy, è già un segno nuovo e controcorrente rispetto a quello indicato da Veltroni. Che anziché analizzare con serietà le cause del fallimento del governo Prodi, ha scelto la strada dell'anatema: mai più con la sinistra radicale.
Si dice che alla vigilia del voto di Amburgo Kurt Beck, il presidente della Spd, rompendo un tabù, avesse fatto pubblicamente allusione alla possibilità di accordi con Die Linke per sondare le reazioni dell'elettorato. Deve aver ritenuto che il test è stato positivo, se a 24 ore di distanza la presidenza si è pronunciata in quel modo, aprendo la strada intanto ad un accordo in Assia, dove Andrea Ypsilanti potrebbe diventare presidente con l'appoggio della sinistra.
La Spd nella grande città del nord ha infatti aumentato di più di quattro punti, nonostante si trovasse a confronto, a differenza di quanto accaduto a Francoforte, con esponenti Cdu molto «illuminati», aperti alla problematica ecologica e sociale. E per di più essendo alle prese con un sindaco democristiano, Ole von Beust, assai popolare. E l'aumento si è verificato in presenza di un considerevole successo della Sinistra, che qui ha più che sforato il tetto, entrando nel parlamento del Land con il 6,4% dei voti. Mentre i Verdi, che pure in questa città all'inizio degli anni '80 erano molto forti, hanno perduto quasi il 3% proprio perché avevano reso pubblica l'ipotesi di formare una coalizione con la Cdu.
Si può ben dire, ora, che una nuova possibile geografia politica comincia a disegnarsi in Germania. Anche se i tempi saranno lunghissimi e contorti: per ora, infatti, la Spd sta al governo con la Cdu, ed anche ad Amburgo è facile che la locale socialdemocrazia, diretta da un brillante intellettuale, Neumann, ma assai moderata, possa scegliere questa strada piuttosto che l'alleanza a sinistra. Die Linke è però ormai una delle forze politiche con cui il paese deve fare i conti: negli ultimi mesi è entrata per la prima volta in ben quattro parlamenti regionali occidentali, già governa con la Spd e i Verdi in numerosi stati all'Est, a cominciare da Berlino; e nelle regioni orientali, con il suo 30%, è il primo partito. Soprattutto sembra essere la sola forza politica in grado di riportare alle urne una fetta dell'area astensionista, assai vasta anche in Germania. Poiché anche la Spd recupera voti, vuol dire infatti che più che mangiare sull'elettorato socialdemocratico, Die Linke riconduce nel processo democratico settori di malcontento particolarmente pericolosi.

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