E' sinistra solo se nasce anche dal basso. Domenica al cinema romano Farnese associazioni, comitati ambientalisti, reti territoriali, collettivi femministi, hanno battuto un colpo per affrontare insieme «la nuova sfida» della sinistra arcobaleno. «Nessuna quinta gamba - spiega Ciro Pisacane - il processo costituente deve avvenire con e non contro i quattro partiti». E' in ballo l'esistenza della sinistra e non si può delegare alle segreterie. «Non basta un cartello elettorale tra Prc, Pdci, Verdi e Sd, ci vuole una costituente aperta ai movimenti», spiegano gli organizzatori dell'incontro. La scommessa è alta: la creazione di un soggetto unitario, plurale, radicato nei territori, nei luoghi di lavoro come tra gli studenti. Come? Con la creazione di case della sinistra. O meglio circoli arcobaleno in cui sarà possibile il pre-tesseramento: luoghi di incontro e di conflitto sociale della sinistra.
«Bisogna fare presto», sostengono i costituenti. E dall'assemblea non escono solo parole: l'1 e il 2 marzo saranno nelle piazze per lanciare l'adesione alla sinistra arcobaleno. «Ci teniamo - sottolinea uno dei portavoce - che quei giorni vengano anche gli esponenti di partito. Il nuovo soggetto deve fondere le varie differenze». «Tra di noi ci sono culture, pratiche, esperienze diverse, ma oggi dobbiamo stringere un patto comune», afferma Pietro Folena, leader di Uniti a sinistra, che punta il dito sui trascorsi di governo: «Il maggioritario coatto ha annullato la cultura politica di sinistra che ora corre il rischio di sparire. Abbiamo bisogno di un nuovo inizio». Toni forti che manifestano un malcontento generale in una platea, sì numerosa ma con un tasso d'età abbastanza alto, che desidera partecipare. «L'obiettivo - conclude Folena - è costruire un nuovo senso comunitario e un mutualismo tra le varie associazioni. O sarà una sinistra federata dai territori o non sarà». Qualcun altro dal palco pone la questione morale: «Il problema non è la falce e martello ma creare un soggetto che entusiasmi, susciti passione e crei immaginario collettivo». Si discute di far tornare la centralità del lavoro, ma anche sul come affrontare i temi della privatizzazione della cultura. «Non basta candidare un operaio nelle proprie liste. Ci vogliono politiche di redistribuzione» esclamano in molti riferendosi all'idea del Pd di aprire le porte ai dipendenti della ThyssenKrupp.
Ai partiti vengono chieste nuove politiche. Lea Melandri e Maria Luisa Boccia pongono la necessità di contrastare la cultura maschilista dominante: «Ci vuole un passo indietro della rappresentanza maschile». Tra i più applauditi il fisico Marcello Cini («Tutto merito di Vespa», si schernisce) che parla di mercificazione dei saperi e di difesa della laicità: «Adesso che torneremo all'opposizione - dice - bisogna trovare risposte collettive». E' una sinistra che vuole chiudere la parentesi governativa. «Bisogna riconquistare quella parte di movimento della pace che ci siamo persi con scelte discutibili, come l'Afghanistan o la promozione di De Gennaro», afferma l'europarlamentare Vittorio Agnoletto. Presenti anche leader del Prc come Paolo Ferrero e Franco Giordano. E mentre il segretario di Rifondazione strappa applausi sancendo la sfida come aperta, dalla platea arriva un urlo: «Le liste».
La questione più spinosa. Il popolo della costituente ha chiuso con l'esperienza delle candidature indipendenti nei partiti e ora vuole spazio e regole ferree per i candidati, come la rotazione e il divieto di candidature plurime. «La società - dichiara Andrea Alzetta del movimento Action - deve irrompere nel terreno politico. Basta coi politici pompieri dei conflitti sociali». Nella prossima legislatura verosimilmente l'Arcobaleno passerà da 150 parlamentari a 60-70. E difficilmente le segreterie di partito lasceranno molti posti. «La discussione sulle liste - sentenzia Gianni Rinaldini della Fiom - aprirà liti furibonde». Sulla stessa scia Alzetta, che sottolinea come anche le associazioni e le coop possano diventare piccole lobby: «Il nodo vero della sinistra è fare società, concepire il rapporto con le istituzioni in modo mobile».