VISIONI

Finanziamenti ai film, scivolo per gli insolventi

cinema
ZANZA DAVIDE,Roma

Ricordate il decreto ministeriale firmato da Rutelli nel mese di aprile? Tra le misure contenute nel provvedimento c'era anche il sistema per la restituzione dei finanziamenti erogati dallo Stato alla produzione. In sostanza, secondo l'art. 20 di quel decreto «l'impresa di produzione ha facoltà di estinguere la propria situazione debitoria, rispetto al finanziamento statale, secondo un meccanismo riportato poi in una tabella. Nel caso in cui l'impresa versi quanto previsto dalla tabella, essa rimane titolare dei diritti dominicali e di sfruttamento. In caso contrario, la titolarità dei diritti di sfruttamento economico viene trasferita allo Stato a scopo di garanzia automaticamente, sino all'integrale estinzione del finanziamento».
In queste settimane stanno arrivando a tutti i produttori italiani che hanno realizzato film con il finanziamento statale, delle lettere dell'Artigiancassa, per conto del ministero, nelle quali si chiede di pagare allo Stato una cifra che dovrebbe essere stata dedotta dalla tabella allegata al decreto, pena il conferimento del 100% della titolarità dei diritti allo Stato.
In realtà, la possibilità concreta che i produttori avrebbero di «riscattare» i loro film è vanificata dalle cifre richieste dal ministero in base ad una interpretazione della tabella del decreto, per cui le percentuali di rimborso sono calcolate invece che sul debito residuo su una cifra molto più alta. Lo stesso ministero, al momento della pubblicazione del decreto aveva comunicato alla stampa un esempio di calcolo di somme da pagare, desunte dalla tabella, notevolmente inferiore. Inoltre il ministero non ha fatto distinzione fra chi non ha restituito il 30% del finanziamento (o il 10% nel caso delle opere prime e seconde) e chi lo ha fatto. Nel primo caso queste società si liberano del debito, non sono più considerate insolventi e possono chiedere nuovi finanziamenti, semplicemente cedendo allo Stato i diritti di sfruttamento dei film. Mentre nel secondo, a chi ha restituito almeno la quota non coperta dal Fondo di garanzia, lo Stato, già titolare di una quota dei diritti di sfruttamento (che la legge ora affida in gestione a Cinecittà Holding) vuole togliere la titolarità della loro quota dei diritti di sfruttamento dei film.
Ecco il paradosso: da una parte salvare dal fallimento (procedendo di fatto ad una vera e proria sanatoria) le società che non hanno restituito i finanziamenti, sanando anche le «appropriazioni indebite», come l'eventuale incasso di proventi dalle vendite destinati allo Stato; dall'altra, togliere la titolarità di tutti i diritti di sfruttamento dei film prodotti a quelle società che hanno investito nei film e soprattutto hanno restituito la quota che la legge poneva a loro carico o anche di più.
Questi produttori avevano stipulato in precedenza un contratto con la Bnl Scct che regolava la restituzione dei finanziamenti richiamando l'art. 6 del Dpcm del 24/3/94 ed aveva già stabilito in via definitiva, per tutti i film finanziati negli anni precedenti, a chi spettavano «i diritti di utilizzazione ed i relativi ricavi» dei film.
Secondo questi produttori la «pretesa» del ministero di «acquisire» il 100% della titolarità dei diritti di sfruttamento per questi film, va decisamente contro un contratto ed una legge che hanno già trovato concreta applicazione.
La Direzione generale cinema, dal canto suo, nelle circolari diffuse in questi mesi, indica alle società che non hanno restituito la percentuale richiesta, le «vie» per non essere più considerate inadempienti, evitando la procedura di recupero coatto del credito e soprattutto come accedere di nuovo ai finanziamenti. La Direzione non si è invece preoccupata di spiegare cosa accade alle società che hanno investito del loro ed hanno restituito il 30% o più del costo dei film e perché dovrebbero essere private dei diritti di sfruttamento di loro proprietà. Intanto il ministero sta già accettando le lettere degli inadempienti che con un semplice «no», sanano tutto il debito e possono chiedere nuovi finanziamenti. Le società che hanno restituito la quota di finanziamento a loro carico e che, per sopravvivere, contavano sui possibili proventi degli investimenti effettuati nella produzione dei film, saranno di fatto private del loro patrimonio. Sarà un vero e proprio «esproprio» a discapito degli onesti, e a favore degli insolventi.

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