La linea di Ruini ha prevalso. L'attacco frontale di Bagnasco all'Italia, sferrato in apertura del Consiglio permanente dei vescovi italiani, è stato ispirato da don Camillo e testimonia una «linea di continuità» fra il vecchio presidente, ancora molto influente, e il nuovo capo della conferenza episcopale del Belpaese. I toni sono duri e ricordano alcune prolusioni del cardinale vicario, che non è mai stato morbido verso le istituzioni italiane, specialmente se governate dal centrosinistra. Gli stessi toni apocalittici, le stesse espressioni a tinte forti si ritrovavano, ad esempio, nel discorso che Ratzinger ha tenuto dieci giorni fa all'udienza degli amministratori romani. E quel testo è stato redatto proprio dal cardinale Ruini, che ama sferzare il governo italiano e sbandierare il «degrado civile e morale» della capitale, della regione, del paese.
Ebbene, Oltretevere l'atteggiamento duro di don Camillo è stato mitigato dalla presenza di un altro pezzo da novanta: il cardinale Tarcisio Bertone, segretario di stato, che ha deciso di assumere toni ben più concilianti e dialogici con i vertici del governo. A lui si deve la «nota di precisazione» che il giorno dopo il discorso papale a Veltroni riposizionò la Santa sede e, di fatto, smentì il cardinale vicario. Fra i due porporati è noto che non è mai corso buon sangue e le differenze caratteriali hanno fatto il resto. Certo ora nei sacri palazzi è Bertone a dettare l'agenda e decidere la linea: non si vogliono radicalizzare i contrasti con lo stato italiano e arrivare al muro contro muro. Lo si è visto anche dal messaggio del papa di domenica, nell'Angelus di «rivincita» dopo la vicenda della rinuncia alla Sapienza: il papa non ha calcato la mano e ha ricordato a tutti l'importanza della libertà di opinione, dell'ascolto di posizioni altrui, diverse dalle proprie.
Altra musica, invece, nei palazzi della Cei. Qui è ancora don Camillo il deus ex machina, il punto di riferimento essenziale per una chiesa che gli è debitrice in tutto e per tutto: nell'ascesa economica, nell'organizzazione interna, nella presenza mediatica, nella capacità di agire come lobby, influenzando il potere civile. Perdipiù il nuovo presidente Bagnasco risiede a Genova e nella capitale, dunque, Ruini è ancora il numero uno. Nelle ultime vicende che hanno visto una generale levata di scudi in favore del papa Ruini ha visto un'opportunità irripetibile per tirare un diretto a un governo già di per sè traballante, che si regge in piedi come un pugile suonato. Ecco allora il discorso concordato con Bagnasco, che non ha certo voluto deludere il suo predecessore, persona a cui deve l'incarico che oggi ricopre. Fino a oggi Bagnasco era sembrato voler attenuare i toni e smussare gli spigoli nei rapporti con la politica e la società civile del paese. Ma quando Ruini chiama, la risposta è «signorsì».
Lettera22