INTERNAZIONALE

La scoria siamo noi, Londra punta tutto sull'atomo

RUSSO SPENA GIACOMO

In Gran Bretagna torna di moda l'atomo. E in grande stile. Il governo di Gordon Brown ha ufficializzato ieri il suo ambizioso piano di rilancio del nucleare attraverso la costruzione di nuove centrali, progetto su cui stava lavorando da tempo. Un durissimo colpo per la salute della popolazione e per le associazioni ambientaliste, Greenpeace in testa, che in questo ultimo anno si sono battute per osteggiare gli intenti «atomici» dell'esecutivo laburista.
«Rispetto alle sfide poste dal cambiamento climatico e dall'importanza di garantire l'accesso alle risorse energetiche, i vantaggi offerti dal nucleare sono d'importanza primaria», ha spiegato il ministro dell'industria, John Hutton, in un intervento in parlamento, definendo poi la tecnologia atomica come «sperimentata, sicura ed economica, dati i prezzi correnti di gas naturale e petrolio». Una «realpolitik» quella londinese che schiaccia il piede sull'acceleratore in un'Europa in cui il dibattito tra favorevoli e contrari all'uso del nucleare è ancora forte. Ma se alcune nazioni, come la stessa Italia, lo hanno bandito e altre invece, malgrado il disastro di Chernobyl, hanno deciso di non chiudere i propri impianti, nessuno finora aveva avuto la determinazione di rilanciarlo con un piano così sostanzioso. A Londra si parla della costruzione di ben 22 nuove centrali elettronucleari (10 a reattore singolo e 12 coi reattori gemelli di ultima generazione), per sostituire l'attuale generazione di impianti, considerati da Brown obsoleti e «superati», che verranno via via dismessi entro il 2035. La scelta dell'atomo è stata giustificata dal governo con motivazioni paradossali, tra le quali la stessa salvaguardia dell'atmosfera: «Il nucleare permette - dicono - di soddisfare il fabbisogno energetico del paese e taglia le emissioni di Co2, favorendo un futuro a basso impatto ambientale».
E poi c'è il lato economico che viene venduto dall'esecutivo come grande vittoria: «I fondi necessari per la costruzione e il mantenimento delle centrali nucleari sono offerti dai potenziali costruttori delle centrali». Ovvero gli operatori privati dovranno garantire i finanziamenti necessari per coprire gli interi costi della fabbricazione. Cosa che non allarma il gruppo nucleare francese Areva che, sentendo odor di profitti, ha accolto con soddisfazione il nuovo piano londinese: «Il nostro obiettivo è costruire nel Regno Unito almeno quattro e probabilmente sei reattori». Il giudizio dei conservatori sull'operato del governo è vincolato proprio a questo nodo, visto che si dichiarano favorevoli al piano a patto che «non vi siano stanziati fondi statali». Invece Liberal-democratici e Verdi si sono schierati contro, giudicando la scelta del nucleare «tardiva, troppo cara e insufficiente a garantire una riduzione delle emissioni di Co2».
Ma la vera opposizione ai progetti nucleari del governo non è venuta dalle forze parlamentari ma dalle associazioni ambientaliste e dalla stessa popolazione. Infatti il piano sull'atomo è stato partorito lentamente da Brown che ha dovuto preparare il terreno attraverso una sorta di consultazione popolare, o almeno così è stata spacciata. I risultati della «review» pubblica che ha visto consultati oltre un migliaio di persone, rappresentative della «società civile», hanno sancito il sì al nucleare con il 44% dei consensi e coi no fermi al 36%. «Ci sono stati brogli», ha denunciato però Greenpeace, che a consultazione in corso aveva ritirato i propri delegati: le informazioni sul nucleare presentate ai votanti erano di parte e inaccurate, denuncia l'associazione. Le stesse critiche sono state mosse da un comitato indipendente che, dalle pagine del giornale londinese The Guardian, ha messo in dubbio la legittimità della consultazione.

Supporta il manifesto e l'informazione indipendente

Il manifesto, nato come rivista nel 1969, è sinonimo di testata libera, indipendente e tagliente.
Logo archivio storico del manifesto
L'archivio storico del manifesto è un progetto del manifesto pubblicato gratis su Internet e aperto a tutti.
Vai al manifesto.it