Camionisti machi e duri. «Non è vero», ribattono. «Operai, dipendenti, o padroncini», suggeriscono. «Bestie», marginali e emarginati, meglio ancora. Quelli che stanno mettendo in ginocchio il paese, leggono dai giornali. Chiedono «la cortesia» di decostruire con pazienza tanti luoghi comuni: «Ce ne dicono di tutti i colori e nessuno scrive chi è il camionista». Giri a loro la domanda e allora iniziano a parlare, scomposti, incazzati, solidali tra di loro, perchè tanto dipendente o padroncino non fa molta differenza, «la barca, anzi il camion, è lo stesso per tutti».
Capannelli di uomini, e solo uomini, «padri di famiglia», «usurati», «invecchiati prima del tempo», radunati al casello autostradale di Fiano. Almeno 200 tir fermi in una lunga fila, molte le targhe estere, quasi tutti con i rimorchi carichi di merce: scatolami da supermercato, carne e macchinari industriali vanno per la maggiore. Stanno lì da domenica e per superare fame e sonno, hanno fatto di necessità virtù. Qualche piccolo fuoco lasciato bruciare sul ciglio della strada nel tentativo di scaldare almeno le mani, camion improvvisati a tavolate "imbanditi" di pane, salsiccia, vino dei Castelli e frutta: «Di qui non ci muoviamo finchè non ci danno risposte». E c'è chi è disposto a pagare 30 euro per un'ora al caldo, il tempo di una doccia.
Parigi, Madrid, Bruxelles, ma senza cartoline: «La tour Eiffel non è per noi». Strada, chilometri e chilometri, fino a 16 ore al giorno (anche se per legge dovrebbero essere 9). E il camion che, giocoforza, «diventa la tua casa»: Ciminella, Mars Trans, Il supremo, i nomi molto concedono alla fantasia. La raccontano così la vita del camionista, «di chi non conosce famiglia», di chi, dicono, «non è abituato a vivere». «Ma con la terza media, o fai questo o fai questo», spiega Sandro, 40 anni, la scelta ineluttabile. «Comunichi con il cb con gli altri camionisti, ma quando scendi, quando ti trovi faccia a faccia, quasi non sai distinguerlo il mondo reale...». «Arrivi a casa e sei un perfetto sconosciuto, guardo mia figlia di 23 anni e mi accorgo che di lei non so nulla», racconta Giuseppe, 45 anni. C'è chi si è messo il videotelefono di fianco al volante, per vedere i propri cari.
E sul lavoro non è che va meglio. «Arrivi in un'azienda la mattina, dopo una notte di viaggio, chiedi del bagno e ti dicono che per gli autisti non c'è», racconta Luciano, camionista "piccolo imprenditore" da 37 anni. Cena in autogrill, «ma per i camionisti il posto a tavola è sempre in fondo», una doccia 10 euro, panino coca cola e caffè altri 10 euro. «Ma questa che vita è?».
Nessun blocco ieri a Fiano, «a volere essere precisi». Una corsia libera in entrata e una in uscita dal casello autostradale consentiva la circolazione delle auto. Passano invece i tir che trasportano beni di prima necessità. Gasolio per il riscaldamento del san Filippo Neri? Via libera, «e lo scriva mi raccomando». Qualche tir si è trovato in mezzo alla protesta «suo malgrado», ma la solidarietà non è in discussione, e così lì si resta. Nessun leader a arringare la piccola folla, la spontaneità è l'unico principio di ordine. «Stavo andando a caricare a Bologna quando mi hanno fermato all'improvviso. Da quel momento non mi sono mosso di qui», racconta Enrico, 45 anni, che continua, «non so cosa otterremo con questa mobilitazione, non abbiamo nemmeno un sindacato che ci rappresenta».
«La situazione è diventata intollerabile - dicono all'unisono i camionisti - e noi incrociamo le braccia come i metalmeccanici, come i tassinari, come i giornalisti o i ferrotramvieri: se non fai questo, se non manca la roba al supermercato o la benzina alle pompe stradali, non ti vede nessuno». La politica si confonde in una nebulosa indistinta, «destra e sinistra tutte uguali», perchè il potere, «o meglio l'attaccamento al potere», è lo stesso. «Ma Prodi lo sa quanto costa il gasolio?». «Macchè, se giri in auto blu, sai cosa ti frega...». Facile prendere in mano uno scontento tale. Achille Rossi, della Fita Cna di Roma (una delle maggiori associazioni di categoria), si aggira tra i capannelli di persone, sotto al braccio il volantino delle rivendicazioni. Rappresenta, come responsabile dell'associazione, i proprietari di mezzi, i padroncini, altrimenti detti, che ieri a Fiano erano decisamente in minoranza, rispetto ai cosiddetti "autisti", dipendenti di piccole, piccolissime aziende. Ma non c'è ombra di contrapposizione. Padroncini e dipendenti insieme. Dipendenti solidali con le aziende per cui lavorano, «perchè il problema è di tutti, e se i soldi sono quelli, le ditte non possono fare diversamente». Un unico bersaglio polemico. «La politica, oggi Prodi, ieri chi c'era, che ruba lo stipendio e a noi manda solo insulti».
Chiedi quanto guadagnano e ribaltano la domanda: «Il punto è quanto ci rimettiamo». Luciano Pagnotta, 57 anni, camionista da 37, è proprietario del suo mezzo. Dodici mila euro di fatturato al mese, dice, e poi inizia preciso con le sottrazioni: 5 mila euro bruciati dal gasolio, 1200 euro di autostrada, 1800 euro la rata mensile per l'acquisto del mezzo, un altro migliaio di euro per «mangiare, fumare e caffè», e 17 mila euro all'anno di assicurazioni varie. «Restano 2 mila euro al mese, se non si rompe niente, una moglie e due figli a casa, e una vita per strada, natale compreso». E poi la segnaletica che tutti i mezzi devono esibire, per obbligo: «80 euro al metro la striscia gialla che scorre sul perimetro del camion, 60 euro i pannelli catarifrangenti».
Non cambia molto per i dipendenti. «Duemila euro al mese circa», dice Gianni. «Ammazza, allora tu c'hai un contratto», rispondono. Le imprese sguazzano nel "nero", un contratto è per molti una chimera, e a stupirsi è solo chi con loro mai ha parlato. «Concorrenza sleale», sfruttamento contro sfruttamento. Raccontano che sono molte le aziende che assumono rumeni, o extracomunitari, come autisti. «Giovani, giovanissimi, che vivono sul camion e che a fine mese pagano l'affitto». «Però sono anche loro (gli extracomunitari ndr) che se la cercano», è un primo commento. «No, questo non lo accettiamo, mica siamo razzisti», suona il secondo. «Per un trasportatore sopra i 30 anni, è difficile trovare lavoro però, ai padroni non importa se ho più esperienza, sono fuori dal mercato perchè non gli convengo economicamente». Dipendenti contro padroni? No, nelle parole dei più, non c'è frattura.
E' solo nel tardo pomeriggio che arriva la voce di un accordo. La situazione resta tesa, «un palliativo», commentano. Toglieranno i «blocchi», proveranno a ragionare sulle proposte, annunciano. E quello è forse l'unico momento in cui compare l'ombra della divisione tra interessi diversi, tra chi trattava al ministero e chi per l'ennesima volta si trovava nel mezzo di una strada.