Roma è in lutto e piange per la terribile morte di Giovanna Reggiani. La città ha seguito con il fiato sospeso la sua vicenda, sperando fino alla fine che potesse farcela, ma purtroppo così non è stato. Un'altra donna ha consentito con la sua denuncia che venisse arrestato quello che probabilmente è il colpevole della sua morte. Una donna rumena, come il giovane uomo arrestato, perché, come è ovvio, non si è criminali per nazionalità.
Non è uno dei tanti casi di cronaca, non solo per l'efferatezza del delitto e per il modo in cui ha colpito noi tutti. In queste terribili ore ho avuto la sensazione che precipitassero le contraddizioni e le difficoltà che stiamo attraversando e il modo in cui stanno cambiando le forme della convivenza. C'è una nuova condizione urbana, in cui si producono paura e insicurezza. Roma in questi anni ha lavorato per l'accoglienza e ha cercato di costruire una comunità solidale, una città in cui «nessuno si senta solo». Evidentemente tutto ciò che è stato fatto non basta. Si può fare di più, rafforzare il carattere sociale e l'impegno verso le periferie, come alcuni sostengono. Ma ci sono questioni che vanno oltre la politica di un comune, fenomeni sociali e strutturali che accomunano tutte le grandi città. Il rapporto annuale sull'immigrazione in Italia della Caritas ci dice che nella nostra città l'incidenza della popolazione immigrata regolare è del 10%. L'economia romana cresce anche grazie a questa popolazione. Abbiamo bisogno dei migranti, ma l'inserimento e l'integrazione per tanti sono un percorso faticoso. Tanti continueranno ad arrivare nei prossimi anni, tanti stanno arrivando in questi mesi, soprattutto cittadini rumeni, oggi pienamente cittadini europei. È un processo che va governato, insieme alle comunità straniere. È un serio problema di convivenza quello che abbiamo di fronte. Un problema, appunto, che non ha risposte facili e deve fare i conti con il sentimento d'insicurezza che si è diffuso tra le persone. Certamente ci vuole fermezza contro i comportamenti criminali, ma anche questo non basta, e bisogna saperlo, perché se invece quella fermezza viene ripetutamente e inutilmente declamata rischia di alimentare quella percezione di insicurezza che vorrebbe contrastare.
D'altro canto, bisogna scavare in quello che è successo, che verosimilmente è stato, e comunque è stato vissuto come l'ennesimo episodio di violenza su una donna. Il problema di convivenza tra comunità, di integrazione e di coabitazione di una comunità (o di alcuni suoi componenti) con la più ampia comunità urbana, rischia di far velo su quella prima rappresentazione e sulle sue verità. Ancora una volta una donna è stata aggredita da un uomo. In questi giorni ho «fisicamente» sentito un cambiamento di clima in città, soprattutto tra le donne. E se è vero che aumenta l'insicurezza percepita, è vero che aumentano anche le violenze reali contro le donne, in casa e per strada. Questo dato «antico» intreccia i nuovi flussi migratori.
La terribile aggressione subita da Giovanna Reggiani racconta due cose. Da una parte la violenza di un uomo su una donna, una concezione predatoria delle relazioni interpersonali, che si manifesta al massimo grado in un certo modo di concepire la sessualità. Dall'altra parte c'è una donna che, dall'interno della propria comunità sceglie di denunciare l'aggressore per istinto di solidarietà umana. In questa presa di parola c'è un modo di ricostruire una trama di relazioni umane significative, di cui bisognerebbe saper far tesoro.
* Assessore alle pari opportunità Comune di Roma