VISIONI

Kontrast, la fabbrica della musica fuori dal coro

festival
CORZANI VALERIOKrems

A disturbare il pacioso tran tran della cittadina di Krems - un'ottantina di chilometri a nord di Vienna lungo il corso del Danubio - arrivano ogni anno i «contrasti» sonori di un festival. Kontrast è appunto il titolo della kermesse e Joe Archinger, che ne tira le fila dal punto di vista artistico, tiene a sottolineare la vocazione sperimentale del cartellone: «Programmiamo musica difficile da classificare, basata su bizzarri progetti timbrici e suonata perlopiù con strumenti anticonvenzionali». La programmazione di quest'anno copriva due weekend e aveva l'imprinting evidente di una perlustrazione di sonorità «aliene».
«Strange Instruments» era infatti la sezione che dipanava più proposte, in un tourbillon di bizzarrie elettrico e acustiche. Qualche anteprima si era celebrata nel primo dei due weekend con il «Carillon Mobil» (carri con campane e pupazzi meccanici) dell'olandese Remco De Jong, e con le «Levitations» per theremin e voce della newyorkese Dorit Chrysler. Ma la sfilata di amenità timbriche e meccaniche era solo all'inizio. Nel secondo weekend ne sarebbero arrivate molte altre, alcune delle quali davvero stupefacenti.
Il duo composto dal giapponese Kazuhisa Uchihashi e dall'austriaca Angelica Castello ha in qualche modo «riaperto la bottega» con sibili, borbottii, parodie di versi animali. Uchihashi ha suonato il Daxophon, un archetto in una mano, nell'altra una sorta di cancellina coi quali modulava pezzi di legno appoggiati su un trepiede e li filtrava attraverso mixer e pedalini. La Castello ha imbracciato invece il Blockflöten, una specie di fagotto in compensato che emetteva cupi brontolii e qualche soffio. Un veloce ruotar di poltrone ha introdotto «Meccano», che si è rivelata una definizione perfino riduttiva per raccontare il marchingegno strumentale del francese Pierre Bastien. Una via di mezzo tra un carillon e un turbodiesel, tra un intonarumori e un phon. Il pubblico di Krems si è lasciato ammaliare dal suo laboratorio bonsai. 50 cm x 30 di mirabilie e sorprese, un quadro timbrico di variegata e seducente bellezza. Dopo di lui i Silent Block, anch'essi transalpini, avevano imbandito una tavolata con centinaia di oggetti e marchingegni. Il loro sforzo espressivo, basato su suggestioni aleatorie, ha trovato qualche difficoltà in più a trasformarsi in musica convincente. A tratti lo è diventata ed a tratti invece il loro continuo palleggiarsi tra dinamiche di pieni e vuoti, tra arnesi autocostruiti e giocattolini trasformati in strumenti si è infranto in un rivolo di noia. Nella serata finale si è ripartiti col botto. Letteralmente. Nel senso che dallo Steel Cello e dalla Bow Chime del veterano Bob Rutman sono arrivati non soltanto scricchiolii ma anche petardi timbrici. Un set convincente per questo agitatore della scena newyorkese, già collaboratore di Merce Cunningham e Peter Sellars, Philip Lamantia e Robert Wilson.
Dopo un personaggio dal pedigree così prestigioso un quartetto di giovanissime, le tedesche Nista Nije Nista che hanno messo in moto un cabaret informale con stendipanni e grugge, puntatrici e rotoli di scotch. In passato, le monelle teutoniche avevano licenziato un album tributo ai Monks. Niente di meglio dunque per chiudere il Kontrast, che l'esibizione revival dello storico gruppo psycho beat. Negli anni 60 i Monks avevano agitato l'Europa con il loro look eretico da frati rock'n'roll e con un suono che anticipava soluzioni riprese più tardi dai Fleshtones, dai Knack e da Jon Spencer. Dei «Monaci» piuttosto irriverenti, chiamati a suonare in una chiesa sconsacrata, a pochi chilometri da uno dei più grandi monasteri cattolici della mitteleuropa: Gottweig...Un'altra azione di disturbo meravigliosamente congegnata.

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