VISIONI

Quei tabù di famiglia

In concorso
CATACCHIO ANTONELLO

Incubi e follie
Sono incroci strani quelli in concorso, un ragazzino ebreo segnato dalla perdita della famiglia e un rapporto madre-figlia all'insegna dell'odiosa incomprensione. «Fugitive Pieces» di Jeremy Podeswa mette in scena il romanzo di Anne Michaels. Il racconto è quello della vita di Jacob. Ha nove anni quando i nazisti irrompono a casa. Lo hanno fatto nascondere in un pertugio. Si salva, ma ha visto uccidere i genitori e sequestrare la sorella. Quando esce dal rifugio viene soccorso da Athos un archeologo greco che si prende cura di lui e avventurosamente lo porta a Zacinto. Anche lì ci sono i nazisti, bisogna aspettare la fine della guerra per uscire dall'incubo. Ma per Jacob l'incubo è sempre lì. Non basta che i due emigrino in Canada, che laggiù il ragazzino diventi uomo, si crei una famiglia. Quella ferita non riesce a rimarginarsi segnandolo per sempre. Podeswa è diligente, trova un bimbo efficace (Robbie Kay, da adulto da Stephen Dillane) lo affida a Rade Serbedzjia, ma il film non riesce a emozionare. Alessandro Capone, in trasferta francese e coproduzione italo belga-lussemburghese, firma «L'amour caché» tratto dal romanzo «Madre e ossa» di Danielle Girard. Storia che affronta un autentico tabù: una madre che odia, da subito, la figlia, ampiamente ricambiata. Il racconto punta tutto su Isabelle Huppert chiamata a reggere il peso della lucida follia cui si contrappone la giovanissima Mélanie Laurent che le tiene perfettamente testa. Un duetto odioso che vede come arbitro Greta Scacchi in camice psichiatrico. Tema interessante ma troppo femminile per essere raccontato da un uomo. a.c.

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